Il Tour dei Balcani: benvenuti a Sarajevo

Quindici euro e mi infilo il biglietto per Sarajevo in tasca, salgo sul pullman e inizia il viaggio. Due ore e mezza, oppure tre, dipende dal traffico e dalle fermate, comunque sia, nel pomeriggio sarò nella capitale. Sonnecchio un po’, ma non mi addormento mai, fin quando mi sveglio del tutto all’altezza di Jablanica visto che salgono 5 esemplari femminili sui quali a Dio è scappata la mano senza dubbio. Salutano dal finestrino dei parenti (presumo) e sono costrette a farsi un bel pezzo di strada in piedi, come se fossero su un bus cittadino. Scelgo la mia preferita, capisco che abbiamo raccattato delle facili pretendenti al titolo di Miss Bosnia e passo un’ora a fissare la mia prescelta. Mi ricorda vagamente qualcuno, ma più cerco di guardare la campagna, più mi rendo conto di aver cucito gli occhi su colei che diventerà il termine di paragone del mio viaggio. Ci dividiamo ad una successiva fermata quando scendono tutte per prendere un pullman meno colmo, io ne approfitto per sgranchirmi le gambe e comprare un pacchetto di gomme alla menta extra strong per poter alleviare il mal di gola che è ormai entrato nella sua fase da bollino rosso. Gli scenari sono sempre i soliti: verde, montagne, qualche angolo di acqua ma soprattutto campagna. Proseguiamo a inoltrarci nella country-side slava e rimango stupito di come le abitazioni non siano per niente peggiori delle nostre, nemmeno in posti dimenticati dal Signore.

Verso le sei si intravede Sarajevo, arriviamo e come al solito, dopo essere sceso, mi rivolgo all’ufficio informazioni per avere notizie per il giorno dopo e il pullman diretto a Belgrado. Mi dicono che ce n’è uno solo alle 6 di mattina, l’alternativa è andare in una stazione periferica e partire da lì. Per forza di cose questa opzione sarà la mia scelta, nel frattempo punto verso il centro città e faccio tappa in un Mall. Mi infilo gli occhiali da sole subito perché ho capito che la situazione è simile a Spalato, e fissando ogni ragazza non vorrei mai che sbucasse un bosniaco incazzato a dirmi qualcosa. Pur essendo semplicemente ammaliato da cotanta bellezza, riesco a orientarmi subito e a capire come Sarajevo sia stata veramente ricostruita per ampi tratti. Il vialone che mi porta sempre più verso il cuore della città sfodera grattacieli specchiati e nuovissimi, facciate ripulite, spazi verdi e un look tipico da capitale all’avanguardia.

Cammino per un kilometro e spero di inciampare fortunosamente nel memoriale dedicato a Mirza Delibašić, chiedo ad una poliziotta indicazioni per l’hotel e arrivo nella parte vecchia della città la quale è in alcuni sprazzi Mostar in versione gigante. Ho tagliato in due Sarajevo, l’ho attraversata completamente e ho percepito le sue anime quasi immediatamente. Minareti e palazzoni, brand multinazionali e targhe sulle guerra, un mix completo che racconta senza tergiversare la profonda anima poliedrica di questa luogo. Trovo l’hotel che si arrampica su una via, la signora mi accoglie calorosamente ma non sa una parola di inglese. Mi offre caffè e succo d’arancia come drink di benvenuto, cinque minuti più tardi mi posiziono nella mia camera. È la più piccola di tutte: pulita, giusta per una notte, ma con un bagno microscopico nel quale è oggettivamente impossibile farsi la doccia.

Riparto per cena, per una sera scelgo McDonald’s ma prima passo subito nel celeberrimo luogo dove Gavrilo Princip sparò a Francesco Ferdinando e alla moglie Sofia, innescando sostanzialmente la prima Guerra Mondiale. Passeggio davanti la storia e stavolta non è un modo di dire, la via “Ulica Obala Kulina Bana”, il ponte e il fiume, la lapide che incastona e incensa questo posto, il museo che fa angolo raccontano questo pezzo di città. Mi mescolo nuovamente alla folla, un fiume di persone vero e proprio lungo la strada principale, percorro la via attraversata in precedenza e mi fermo davanti alla cattedrale dove spicca la statua enorme di Papa Giovanni Paolo II. Al McDonald’s me la cavo con 8 Marchi (4 Euro) e poi risalgo verso l’hotel. Ottengo le indicazioni per il pullman diretto a Belgrado e cambio un po’ di soldi, osservo alcuni bambini “fare la vasca” per il corso puntando i polli da derubare, e rientro. Le condizioni fisiche non sono ottime, anzi, vivo la notte più complicata visto che non riesco a risposare praticamente mai non riuscendo di fatto a respirare. Nel frattempo ho preso le misure a Sarajevo e ho visto già qualcosa, ma soprattutto, so come dovrò muovermi il giorno successivo, il giorno del viaggio infinito, quello che mi porterà verso la mia ultima tappa: Belgrado.

(CONTINUA)

Il Tour dei Balcani: benvenuti a Sarajevoultima modifica: 2014-08-29T17:25:37+02:00da matteociofi
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