A via della Lungara

Una cosa è certa, un ufficio così bello, più che altro suggestivo, non lo avrò mai più in vita mia. Questo è decisamente il pensiero più ricorrente negli ultimi giorni, in questa prima settimana in cui ho preso possesso della mia nuova location, ad un passo, e stavolta non è un modo di dire, da San Pietro, da uno di quei cinque posti tra i più importanti al mondo.

Certo, arrivarci non è mai agevole e rapido ma la nuova Metro C, aperta in tempo per me, mi dà una ottima opzione per raggiungere Ottaviano, anche se in compenso sono sceso dentro l’arena, ossia quel territorio di sfida e contrasto che si è creato nelle ultime settimane fra Atac, passeggeri, istituzioni e quant’altro.

Arrivare in Piazza San Pietro non mi scuote, mi piace di più quando esco dal portone enorme di legno del palazzo dove c’è la redazione e vengo avvolto da una luce esagerata, ancor più accecante dal momento in cui l’androne da cui arrivo è piuttosto buio. Questo gioco di luci è il preludio al gusto di chiudersi il portone alle spalle, girarsi verso destra e vedere la basilica, la cupola, la piazza, ci sono giorni che è così bella che sembra finta. Più la vedo e più lo penso. Sotto c’è la vita che scorre: i pellegrini, i turisti, le code per entrare ovunque, taxi, curiosi, mendicanti, un mondo dentro mezzo chilometro quadrato.

Sto prendendo le misure alla situazione, ho già fatto delle prove martedì, alle ore 13 l’asfalto sotto i miei piedi si stava sciogliendo e le suole della scarpe sentivo che bollivano. Riproverò domani e poi da lunedì si comincerà a fare sul serio, ed essere vestiti di tutto punto con il sole che ti batte addosso e una temperatura africana non sarà semplice.

Pochi giorni sono stati sufficienti già per capire delle cose, intanto io sono uno di Borgo Santo Spirito e non di Borgo Pio, se devo scegliere un lato in cui fare qualunque cosa preferisco sempre il primo, credo che l’idea dell’ospedale mi dia una senso di serenità. In realtà so che preferisco quel borgo perché mi sembra più Roma, non so come descrivere questa idea ma so che è così.

E poi, da romano il pranzo è un panino, ma non un panino qualunque, è quello che vai a prenderti dal pizzicarolo, dal vecchio alimentari di una volta, altro che camion bar o menù turistici. Il mio si trova su via della Lungara, lo conosco perché anni fa, nell’inverno del 2011, aspettando mio padre da una visita al S. Spirito andai lì per fare una specie di merenda. Ci sono tornato lunedì e presumo possa essere un mio fedele punto di riferimento. Sì, anche perché rispetto al suo dirimpettaio su un lato del frigorifero ha delle foto di Madrid e di Milito che esulta, nel mio cuore ha già vinto ogni duello.

Beh, poi c’è il signore che ho incrociato sulla stessa via sempre ieri, un anziano con una t-shirt grigia dalla quale ho letto Buckler, a quel punto mi sono fermato, l’ho rapidamente spiato e ho voluto indagare perché sapevo che potevo leggere una cosa che speravo, ed infatti, sotto Buckler, c’era un V nera, una scritta Virtus e lo scudetto 1994.

Dettagli, cose scoperte in una manciata di secondi che mi hanno aperto il cuore e fatto sentire a casa, a via della Lungara, mentre andavo a prendermi una rosetta al crudo, il crudo di Fiuggi come ironizzava Alfredo, al terzo giorno di questa nuova esperienza.

A via della Lungaraultima modifica: 2015-07-30T07:14:05+02:00da matteociofi
Reposta per primo quest’articolo