L’altra faccia del viaggio

Tante cose andrebbero raccontate del viaggio in Terra Santa. L’ho fatto in qualche modo in un post di alcuni giorni fa, ma se in quell’occasione ho cercato di essere molto neutrale e piuttosto giornalistico, in questa circostanza preferisco dare un taglio diverso e più personale, anche perché sono diverse le cose a cui ho pensato e sui cui ho riflettuto nei giorni in Israele, Palestina e Giordania.

Sono un viaggiatore solitario e mi piace esserlo, credo sia una declinazione del mio modo di essere, se devo viaggiare con qualcun altro sono molto selettivo e ho diversi paletti. Due su tutti: poche persone, non più di 3 oltre me, e tutta gente ben nota e fidata. Viaggiare con 47 persone, divisi in 13 colleghi e 34 pellegrini sconosciuti è evidentemente quanto di più lontano esista dalla mia idea di viaggio.

Devo dire però che i pellegrini sono stati inappuntabili, precisi, perfetti, con tante energie e mai in ritardo, in poche parole estremamente gestibili, li vedevo e pensavo a come sarebbe stato con 34 italiani, immagino tutto molto più complicato, tenere a bada 34 vecchiotti fantasisti italiani è indubbiamente impresa ardua.

Questo gruppone che viveva in simbiosi per quasi 18 ore al giorno alla lunga mi ha fiaccato. Al sesto giorno, il secondo a Gerusalemme, ho iniziato ad avere bisogno di spazio, del mio spazio, di allontanarmi e starmene un po’ per conto mio. È stato difficile ma in qualche modo ci sono riuscito. Essere abituato a stare da solo, a vivere da solo, a essere di fatto dannatamente e in modo estremo indipendente crea poi anche queste sensazioni di soffocamento quando ci si ritrova in situazioni del genere. Interessanti, coinvolgenti, ma a un punto un po’ troppo per me.

In maniera del tutto inaspettata mi sono sentito a casa in un luogo non proprio vicinissimo all’Italia. Eppure, girando per Israele in tanti momenti, mi sono sentito come nel mio paese. I colori, il cielo azzurro, il clima, il profumo, alcuni volti, tanti dettagli mi riconducevano all’Italia e diverse volte ho ripetuto a voce alta questa magnifica sensazione di familiarità. In alcuni momenti mi è sembrato di essere in Andalusia e quindi in Puglia, in un frangente specifico però ho sentito il profumo di Roma, di Villa Borghese, quell’odore di piante e verde in un tardo pomeriggio di primavera, rientrando da una escursione a Betlemme.

Ho avuto anche delle conferme, ossia il mio debole per le città, e quindi Gerusalemme per distacco ha vinto su tutto e tutti. Camminare per il centro storico, per i suoi quartieri così diversi è una magnifica esperienza, un esplorare qualcosa di nuovo ad ogni angolo.

A proposito di conferme, c’è stato spazio anche per due momenti di grossa sfortuna, come il giorno in cui dovevo registrare la mia riflessione ad Ecce Homo e lungo la  Via Dolorosa e il dramma di Inter – Juve. Quei momenti in cui ti torna in mente la frase “Se qualcosa può andare male, andrà male” e sì perché in 10 giorni il sole ha brillato sulla Terra Santa sempre, tranne in una occasione, ovviamente giovedì 3 marzo quando toccava a me registrare. Ho dovuto cambiare location, piani, aspettare ore, bagnarmi per la pioggia a vento, modificare le riprese, tutto quello che poteva andare male è andato male. E dopo aver speso tanto tempo a preparare tutto questo ti resta l’amaro in bocca che le cose sono girate in un certo modo e che il risultato non sarà nemmeno alla lontana come lo desideravi.

Sulla partita, la sera prima di questi disguidi lavorativi e metereologici, c’è poco da dire. Una classica notte da Inter, con tanto di beffa finale. Ero a 11 metri dal tornare a Roma a maggio per un brivido di dimensioni enormi, una finale secca a casa mia con il Milan, ovviamente non è successo e non è capitato nel modo più crudele possibile, con quel retrogusto amaro di esagerata beffa e frustrazione. Evidentemente a maggio devo stare qui, chissà per vivere cosa, quale stronzata o disastro, chissà che ha in serbo il Fato per il sottoscritto.

È stato certamente un bel viaggio, ricco di spunti, faticoso, con poco sonno, senza pause e con tanti chilometri da percorrere fra frontiere e check-point, mi rimarrà però in testa un ricordo personale in particolare, legato al 29 febbraio, al giorno dell’anniversario della mia laurea, il primo che ho potuto ricordare dopo 4 anni.

Sul pullman che dalla Galilea ci portava a Gerusalemme, ho ripensato a quel giorno e all’intensità di quei momenti che ho voluto fissare in qualche maniera con una nota vocale mandata a Gabriele.

Alla fine, ripensavo al valore di quella giornata, al perché dentro di me c’erano due sentimenti contrapposti che lottavano ferocemente in quel martedì 29 febbraio 2012.

Sapevo che si stava per chiudere un pezzo della mia vita, indubbiamente il più bello e praticamente irripetibile, sapevo che da lì in poi sarebbe stato tutto più difficile, complicato e molto meno avvolgente. Il problema è che mentre le indicazioni ci guidavano a Gerusalemme pensavo a quanto avessi avuto ragione, a quanto in questi 4 anni non avessi sbagliato di un millimetro quelle previsioni e quei pensieri, anche perché senza certe emozioni, è solo tempo che passa.

C’è poco da fare.

IMG-20160226-WA0019

L’altra faccia del viaggioultima modifica: 2016-03-15T21:54:59+01:00da matteociofi
Reposta per primo quest’articolo