La Via Dolorosa – Gerusalemme

Sarà anche un po’ questione di tempo, o forse questione di lavoro inteso come l’attività specifica che faccio ogni giorno – scrivere –  ma di certo mi rendo conto di aver sempre meno cose di cui parlare. Tutto ho tranne che una vita monotona, ma a volte ho come la sensazione che tempo fa, qualche anno addietro, avessi più da dire, più spunti da condividere.

Sto mondo americano mi avrà reso anche meno idealista per certi versi e molto più pragmatico e cinico per altri, di certo ho meno pensieri di cui parlare quando invece, apparentemente, dovrei averne di più. Ma non tutto a volte è spiegabile o si può sviscerare in maniera sensata, tuttavia, alle parole a volte è meglio lasciare spazio a video ed immagini, come quelle di Gerusalemme, e la sua Via Dolorosa, la Via crucis percorsa da Cristo quasi 2000 anni fa.

Il Venerdì Santo, la Passione, la storia della salvezza all’interno di una città unica e fantastica dove ho avuto la fortuna e il privilegio di sostare per un po’ 13 mesi fa.

Ecco il mio video e la mia riflessione su una delle cose (non mi viene un termine più adatto a quest’ora, abbiate pietà) più caratteristiche ed importanti di Gerusalemme.

L’altra faccia del viaggio

Tante cose andrebbero raccontate del viaggio in Terra Santa. L’ho fatto in qualche modo in un post di alcuni giorni fa, ma se in quell’occasione ho cercato di essere molto neutrale e piuttosto giornalistico, in questa circostanza preferisco dare un taglio diverso e più personale, anche perché sono diverse le cose a cui ho pensato e sui cui ho riflettuto nei giorni in Israele, Palestina e Giordania.

Sono un viaggiatore solitario e mi piace esserlo, credo sia una declinazione del mio modo di essere, se devo viaggiare con qualcun altro sono molto selettivo e ho diversi paletti. Due su tutti: poche persone, non più di 3 oltre me, e tutta gente ben nota e fidata. Viaggiare con 47 persone, divisi in 13 colleghi e 34 pellegrini sconosciuti è evidentemente quanto di più lontano esista dalla mia idea di viaggio.

Devo dire però che i pellegrini sono stati inappuntabili, precisi, perfetti, con tante energie e mai in ritardo, in poche parole estremamente gestibili, li vedevo e pensavo a come sarebbe stato con 34 italiani, immagino tutto molto più complicato, tenere a bada 34 vecchiotti fantasisti italiani è indubbiamente impresa ardua.

Questo gruppone che viveva in simbiosi per quasi 18 ore al giorno alla lunga mi ha fiaccato. Al sesto giorno, il secondo a Gerusalemme, ho iniziato ad avere bisogno di spazio, del mio spazio, di allontanarmi e starmene un po’ per conto mio. È stato difficile ma in qualche modo ci sono riuscito. Essere abituato a stare da solo, a vivere da solo, a essere di fatto dannatamente e in modo estremo indipendente crea poi anche queste sensazioni di soffocamento quando ci si ritrova in situazioni del genere. Interessanti, coinvolgenti, ma a un punto un po’ troppo per me.

In maniera del tutto inaspettata mi sono sentito a casa in un luogo non proprio vicinissimo all’Italia. Eppure, girando per Israele in tanti momenti, mi sono sentito come nel mio paese. I colori, il cielo azzurro, il clima, il profumo, alcuni volti, tanti dettagli mi riconducevano all’Italia e diverse volte ho ripetuto a voce alta questa magnifica sensazione di familiarità. In alcuni momenti mi è sembrato di essere in Andalusia e quindi in Puglia, in un frangente specifico però ho sentito il profumo di Roma, di Villa Borghese, quell’odore di piante e verde in un tardo pomeriggio di primavera, rientrando da una escursione a Betlemme.

Ho avuto anche delle conferme, ossia il mio debole per le città, e quindi Gerusalemme per distacco ha vinto su tutto e tutti. Camminare per il centro storico, per i suoi quartieri così diversi è una magnifica esperienza, un esplorare qualcosa di nuovo ad ogni angolo.

A proposito di conferme, c’è stato spazio anche per due momenti di grossa sfortuna, come il giorno in cui dovevo registrare la mia riflessione ad Ecce Homo e lungo la  Via Dolorosa e il dramma di Inter – Juve. Quei momenti in cui ti torna in mente la frase “Se qualcosa può andare male, andrà male” e sì perché in 10 giorni il sole ha brillato sulla Terra Santa sempre, tranne in una occasione, ovviamente giovedì 3 marzo quando toccava a me registrare. Ho dovuto cambiare location, piani, aspettare ore, bagnarmi per la pioggia a vento, modificare le riprese, tutto quello che poteva andare male è andato male. E dopo aver speso tanto tempo a preparare tutto questo ti resta l’amaro in bocca che le cose sono girate in un certo modo e che il risultato non sarà nemmeno alla lontana come lo desideravi.

Sulla partita, la sera prima di questi disguidi lavorativi e metereologici, c’è poco da dire. Una classica notte da Inter, con tanto di beffa finale. Ero a 11 metri dal tornare a Roma a maggio per un brivido di dimensioni enormi, una finale secca a casa mia con il Milan, ovviamente non è successo e non è capitato nel modo più crudele possibile, con quel retrogusto amaro di esagerata beffa e frustrazione. Evidentemente a maggio devo stare qui, chissà per vivere cosa, quale stronzata o disastro, chissà che ha in serbo il Fato per il sottoscritto.

È stato certamente un bel viaggio, ricco di spunti, faticoso, con poco sonno, senza pause e con tanti chilometri da percorrere fra frontiere e check-point, mi rimarrà però in testa un ricordo personale in particolare, legato al 29 febbraio, al giorno dell’anniversario della mia laurea, il primo che ho potuto ricordare dopo 4 anni.

Sul pullman che dalla Galilea ci portava a Gerusalemme, ho ripensato a quel giorno e all’intensità di quei momenti che ho voluto fissare in qualche maniera con una nota vocale mandata a Gabriele.

Alla fine, ripensavo al valore di quella giornata, al perché dentro di me c’erano due sentimenti contrapposti che lottavano ferocemente in quel martedì 29 febbraio 2012.

Sapevo che si stava per chiudere un pezzo della mia vita, indubbiamente il più bello e praticamente irripetibile, sapevo che da lì in poi sarebbe stato tutto più difficile, complicato e molto meno avvolgente. Il problema è che mentre le indicazioni ci guidavano a Gerusalemme pensavo a quanto avessi avuto ragione, a quanto in questi 4 anni non avessi sbagliato di un millimetro quelle previsioni e quei pensieri, anche perché senza certe emozioni, è solo tempo che passa.

C’è poco da fare.

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Riflessioni di viaggio: l’eternità della Terra Santa

Non è mai semplice riordinare le idee e parlare di un viaggio come quello che abbiamo appena avuto la fortuna di vivere.

Non è facile, semplicemente perché c’è talmente tanto da dire che il rischio è quello di fare confusione, di mescolare pensieri e ricordi, giornate e visite. In situazioni del genere, credo che l’unica cosa sia veramente parlare con il cuore, senza voler descrivere qualcosa per forza ma solo raccontando un punto di vista da pellegrino, turista, visitatore e giornalista, ossia quello che siamo stati in questi ultimi 10 giorni in Terra Santa.

Prima di partire sapevo che sarebbe stata un’esperienza indimenticabile, avevo questa netta sensazione che con il passare dei giorni, viaggiando inizialmente in Israele, è diventata sempre più una convinzione e da ieri, tornati a casa, una certezza.

Ho già avuto occasione di dire che una delle prime percezioni è stata quella di sentirmi a casa. I colori, il clima, il cielo azzurro, un senso di profonda spiritualità e tante persone che parlavano la mia lingua, una serie di dettagli che mi hanno fatto sentire nel mio paese, una sensazione strana, inattesa, ma molto bella.

Tante persone in passato mi avevano parlato bene della Terra Santa, sia chi ci era stato in pellegrinaggio, così come chi era stato lì per ragioni diverse. Oggi, posso solo concordare con tutte queste opinioni positive, perché sono contento di quello che ho sperimentato e sarei il primo a suggerire una esperienza del genere.

Abbiamo girato molto, macinato chilometri, percorso in lungo e in largo Israele, Palestina e Giordania senza sosta, per cercare di fare tutto il possibile e penso che anche questo obiettivo sia stato ampiamente raggiunto. È stato interessante mescolarsi con persone di età e città diverse, con gente sconosciuta ma allo stesso tempo legata da una fede incrollabile e da una vitalità da invidiare.

È stato bello esserci, essere presente in certi luoghi tante volte sentiti e finalmente davanti a me, ai miei occhi.

Alcune persone mi hanno chiesto di fare un parallelismo fra la Terra Santa e Roma, ho pensato a questo legame e ho provato a rispondere. C’è indubbiamente un filo che collega questi posti, ma Betlemme, Nazaret o Gerusalemme sono i luoghi in cui tutto è cominciato, Roma è invece il posto in cui la religione si è sviluppata, la città in cui da secoli il Cattolicesimo ha la sua casa. Roma è attualità, la Terra Santa è storia, l’origine di tutto, un concetto questo che è tornato a Nazaret nella Basilica dell’Annunciazione, a mio avviso uno dei luoghi più belli.

Qui ho incontrato ed intervistato Padre Sinisa, francescano, croato di Zagabria, il quale nella sua spiegazione mi ha sottolineato come in quel sito ci fosse un qualcosa di speciale. Senza di quello infatti, senza l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria, non ci sarebbe stato nulla, tutto quello che viene dopo parte da lì. Vero, verissimo. Per questo a livello simbolico credo che sia il luogo da tenere a mente in maniera speciale.

Il nostro ultimo giorno è stato a Petra, in Giordania, circa 250 km a sud della capitale Amman. Nel 2007 Petra è stata dichiarata una delle cosiddette sette meraviglie del mondo moderno, un posto incredibile gemellato con Matera, un abbinamento che non mi ha del tutto stupito conoscendo la città della Basilicata.

Petra rimane il mio posto preferito in qualità di turista, perché se tolgo il valore simbolico delle chiese visitate, quelle rimangono tali, costruzioni, edifici, Petra invece è qualcosa di unico, un paesaggio raro e quindi non facile da rivedere. Cavalli, rocce, sabbia, un salto all’indietro che ci ha affascinato, e che nella mia classifica personale mette questa città al fianco di Gerusalemme, uno di quei posti che meritano di essere visti almeno una volta nella vita per quello che racchiude, il fatto di essere santa per tre religioni dice tutto e non lascia spazio ad ulteriori spiegazioni.

Una “Città Eterna”, una definizione che me ne ricorda un’altra, la mia, e se mi sono sentito a casa, e tutto è stato meraviglioso, non credo sia un caso.

Chiudete le valigie, si va in Israele!

Mentre il Drastico continua a depennare dalla lista dei propositi del 2016 una voce dopo l’altra, io dichiaro fin da ora di avere fallito ampiamente uno dei miei punti: viaggiare meno.

Dopo questi primi 46 giorni del nuovo anno, domani prenderò il quinto aereo, e soprattutto mi farò il secondo volo intercontinentale, una tratta che per poco non batterà il record di volo diretto più lungo. Molto probabilmente il Roma – Pechino dell’11 settembre 2011 resisterà, se ci sarà qualche ritardo in corso d’opera, mentre attraverseremo il mondo, Toronto – Tel Aviv potrebbe balzare in testa nella classifica All-Times.

E quindi, dopo New York, febbraio regala anche il viaggio in Israele, un appuntamento che da tempo era stato già segnato con il pennarellone rosso sul calendario. Dieci giorni attraversando tanti luoghi che ora non sto qui ad elencare anche perché non ricordo bene, fra questi ci saranno Tiberiade, Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, Petra ed infine Amman, infatti il volo di ritorno sarà della Giordania con scalo a Francoforte.

La Terra Santa è luogo che non ha bisogno di spiegazioni e racconti, andarci per lavoro ma con la possibilità di visitare e scoprire tanti posti dall’infinito valore storico e religioso ha un suo indubbio fascino. È sicuramente uno di quei viaggi che speravo di fare prima o poi nella mia vita, il destino mi ha regalato la grande possibilità e l’enorme privilegio di andarci con uno status speciale.

Nei documentari che gireremo, il mio si terrà a Gerusalemme, partendo dalla vecchia Fortezza Antonia e percorrendo tutta la Via Dolorosa con le sue 14 stazioni che segnano il percorso di Cristo fino al Golgota. Io ho scelto questo tema per diverse ragioni, in primis, perché la Fortezza era la sede della guarnigione romana.

Siamo 14 dell’ufficio con compiti e responsabilità precise, i 34 pellegrini che si aggregano faranno colore ma indubbiamente ci sarà uno spirito ben diverso nell’affrontare e vivere questa avventura. Chi è stato da quelle parti me ne ha sempre parlato molto bene e con entusiasmo, io sono convinto che sarà un meraviglioso ricordo al netto di fuso orario, impegni, stanchezza, voli ed escursione termina Canada/Israele.

Si parte domani, si torna il 6 marzo, giorno del mio compleanno e questo aspetto un po’ mi infastidisce onestamente, un momento che capita di domenica come nel 2011, quando ci sbarazzammo facilmente 5-1 del Genoa e la speranza è che succeda lo stesso con il Palermo, o come capitò anche nel 2005 ai miei 18 anni, con il Lecce di Zeman.

Parto con 28 anni sul groppone e rientrerò ancora più vicino ai 30, nel frattempo chissà cosa succederà. E sì, perché il 29 febbraio mi ricorderà dell’altro ad esempio, mi farà tornare in mente l’ultimo anno bisestile e così potrò celebrare esattamente l’anniversario della mia laurea per una volta con la data corretta. Certo, se mentre alzavo la coppa a Tor Vergata mi avessero detto che 4 anni dopo, il 29 febbraio del 2016, sarei stato per lavoro in giro per Israele, ci avrei creduto?

Dico di no, al massimo ci avrei sperato.

E allora, chiudete le valigie, si va in Israele!