Meglio tardi che mai

Ci sono voluti oltre 9800 giorni, più di 27 anni, praticamente il tempo per un bambino di diventare uomo e per un adulto di andare quasi in pensione, eppure, dopo tutto questo tempo giustizia è stata fatta, o quanto meno il campo, finalmente, è stato sgombrato da ipotesi e falsità.

Il 15 aprile del 1989, allo stadio Hillsborough di Sheffield, la carneficina che si consumò non fu causata dai tifosi stessi ma da diversi errori della polizia nel gestire l’afflusso delle persone alla Leppings Lane, la curva designata ai supporters dei Reds.

Liverpool da martedì scorso è una città che si è tolta un peso, l’Inghilterra tutta un paese un po’ più giusto. Certo, gridare alla giustizia e celebrare è sempre fuori luogo perché nessuno potrà riportare indietro 96 persone ad altrettante famiglie. Niente e nessun verdetto potrà cambiare la storia, però, è indubbio che questa sentenza rimette le cose su un piano diverso. Anni di battaglie sono stati ripagate, quasi tre decenni in cui decine di famiglie hanno cercato in tutti i modi di raccontare quello che era effettivamente successo e ora, dopo la riapertura delle indagini nel 2012 voluta anche dal primo ministro Cameron, la verità è venuta a galla. Ovviamente, rimane ancora oggi inspiegabile come ci siano voluti tutti questi anni e come sia stato possibile e fattibile insabbiare la tragedia soprattutto nel primissimo dopo Hillsborough, resta il fatto che il fango gettato su Liverpool e sulla sua gente non si dimentica, ma da adesso nessuno può più dire qualcosa in quella direzione.

È stato un bel martedì quello scorso, una giornata che mi ha riportato indietro nel tempo, ai miei mesi finali di università, ad un pomeriggio di metà agosto del 2011 in cui mentre giocavo a basket da solo su un campo della parrocchia, mi ripetevo che sarebbe stata una grande tesi. Quel giorno infatti avevo iniziato a leggere “The Truth”, il libro di Phil Scraton, personaggio cardine nella ricostruzione di quello che avvenne a Sheffield.

Entrando sempre di più in quella vicenda che conoscevo bene, ma non così precisamente come al termine del mio lavoro, mi rendevo conto del dramma e delle angherie subite da queste famiglie, dello spaventoso e inspiegabile corso della giustizia.

Ancora oggi rimane la cosa di cui sono più fiero, nel senso del lavoro che mi ha dato più piacere e gusto nella mia vita, una tesi che è stata la mia in tutto e per tutto, dalla prima all’ultima pagina, per la passione messa e l’impegno profuso.

È indubbio che per me questa storia abbia un valore diverso, speciale. È il mio primo viaggio in solitaria nel 2008 a Liverpool, momento in cui entrai in contatto con questa storia, è la parte finale della mia magistrale, un contenitore di tanti bei momenti, indubbiamente gli attimi in cui sono stato più felice come persona in senso globale.

Ogni anno di conseguenza, il 15 aprile, giorno di quel disastro, tanti pensieri corrono ad Anfield e a tutto quello che ha rappresentato per me questa storia. Ricordo l’emozione nel maggio del 2013 quando da Dublino tornai a Liverpool per mettere sotto l’Hillsborough Memorial la mia tesi. Un gesto che chiuse un cerchio, una finale degno e meritato per quelle pagine scritte.

È stata toccante la scena delle famiglie abbracciate fuori dall’aula di giustizia a intonare “You will never walk alone”, assurdo in qualche modo, assurdo perché quella squadra in fondo, è stato il pretesto per la morte di alcuni dei loro cari. Ma forse, quel coro, che non è un inno qualunque, è stato anche il modo per sentirsi vicini come non mai a chi non c’è più, a chi quell’inno non ha più potuto cantarlo da 27 anni a questa parte.

Questo perché il Liverpool è una roba veramente diversa, e la sua gente è semplicemente encomiabile.

Hillsborough – 25 years

Per me il 15 aprile significa Hillsborough, è sempre stato così e mi pare ancor più normale da quando ho scritto la mia tesi di laurea magistrale su questa tragedia. Negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi di questa ricorrenza, sui social network sono comparsi diversi riferimenti al disastro di Sheffield, un aspetto dovuto anche perché oggi sono 25 anni da quando 96 tifosi del Liverpool vennero uccisi dalla polizia durante la semifinale di FA Cup. Trovare le parole giuste non è mai facile, non lo è anno dopo anno, la cosa più importante è che ci siano stati sviluppi e che prima o poi venga fatta giustizia. Non ho potuto assistere alla cerimonia in diretta della commemorazione per motivi di lavoro ma alle 16,06 mi sono comunque fermato e mi sono raccolto per un minuto in preghiera. Non sono uno di quelli che ha bisogno degli anniversari per ricordarsi certe cose, assolutamente no, una storia del genere fa parte del mio percorso e della mia vita. Lo scorso anno, il sei maggio, ho portato la mia tesi sotto la lapide dei 96 situata nel retro di Anfield e ho chiuso un mio personale cerchio perché nell’agosto del 2011, quando iniziai la mia tesi, decisi che prima o poi, dopo averla discussa, l’avrei portata lì, nel posto più giusto e così è stato.

Ora e per sempre, never forgotten, justice for the 96.

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You are always in my mind

 

Non è mai un giorno come gli altri il 15 aprile per me, ancor di più dallo scorso anno, da quando ho scritto e discusso la tesi magistrale sul disastro di Hillsborough.

Rispetto alle volte precedenti, quest’anno, l’anniversario ha un sapore ulteriormente diverso perché mi sento più vicino a questo fatto, lo sono di fatto geograficamente ma non solo.

Stamattina vedevo il mare e sapevo che dall’altra parte una città si stava svegliando per commemorare quella drammatica giornata quando 96 persone furono letteralmente ammazzate dalla polizia.

Per la prima volta mi sono collegato sul sito del Liverpool per seguire tutta la cerimonia senza fuso orario, anche per me stavolta le 15.06, il momento esatto del minuto raccoglimento e dell’interruzione di quella partita, erano le 15.06, non le 16.06 italiane come sempre.

Ha parlato anche Phil Scraton, docente di criminologia a Belfast, l’autore di “The Truth” il libro che racconta la realtà su Hillsborough. Proprio lui è stato fondamentale nella mia tesi, poiché ho avuto il piacere di entrarci in contatto e perché è stato così gentile nell’inviarmi diverso materiale per il mio lavoro.

In tutto ciò, sabato un amico di mio cugino verrà a Dublino dalla sua fidanzata e avrà il compito di portarmi una copia della mia tesi che sarà con me a Liverpool il 5 maggio quando potrò finalmente metterla sotto la lapide dei 96 ad Anfield. Sarà un gesto simbolico, ma dovuto, una qualcosa che volevo fare dallo scorso anno e che finalmente potrò realizzare, mi sembra il giusto tributo anche al mio lavoro.

Cosa è successo in questi dodici mesi? Lo scorso settembre, il premier britannico Cameron ha chiesto scusa per l’imperdonabile attesa prima arrivare alla verità: “A nome del governo e a nome del paese, chiedo scusa per questa ingiustizia a cui non è stato posto rimedio per così tanto tempo”.

L’ho detto un milione di volte ma lo ripeto ancora: aver scritto quella tesi, su questo argomento, rimane una delle cose di cui vado più orgoglioso perché è semplicemente dentro di me.

C’era il sole oggi a Liverpool, e per la prima volta dopo tanti anni durante la cerimonia ho visto anche dei sorrisi. Il sole e dei sorrisi, due cose banali ma meravigliosamente belle e significative, magari sono un piccolo segnale affinché possa esserci finalmente giustizia per chi se ne è andato 24 anni fa e per quelle famiglie che continuano a chiedere solamente verità e rispetto.

 

M. Aspinall: “After a quarter of century, the truth is out”. (15.04.2013)

 

Never forgotten, justice for the 96

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La Verità. Le Scuse.

 

“Nel paese in cui è nato questo sport, ci sono famiglie che attendono ancora giustizia e chiarezza riguardo un disastro sul quale non è mai stata fatta piena luce, una tragedia enorme che ha sconvolto una nazione intera spingendola a cambiare radicalmente”.

 

 

Termina così la mia tesi di laurea magistrale su Hillsborough. Finisce con questo pensiero, con un dato di fatto, l’attesa di giustizia e di poter ottenere quel rispetto negato per un ventennio abbondante. Mercoledì pomeriggio, mentre mi aggiravo per Parigi, la vicenda legata al dramma di Sheffield viveva una nuova pagina, forse una delle migliori. L’Hillsborough Indipendent Panel ha redatto un testo di 395 pagine basato sull’analisi di 450.000 documenti, raccolti da 80 diverse organizzazioni, un lavoro che ha evidenziato ancora una volta un paio di aspetti: potevano essere salvate 41 vite, non fu colpa dei tifosi, gli artefici del disastro furono gli agenti.

Questo è quanto emerso, una verità che ha spinto il Premier britannico Cameron a chiedere scusa per la “doppia ingiustizia”: l’incapacità di proteggere delle persone e l’imperdonabile attesa per arrivare alla verità. A nome del governo – ha detto il primo ministro alla Camera dei Comuni- e a nome del paese, chiedo scusa per questa ingiustizia a cui non è stato posto rimedio per così tanto tempo”.

Il report dell’Hillsoborough Indipendent Panel potrebbe ora costituire una base per una nuova indagine. Nel lavoro sono venuti a galla dettagli agghiaccianti, aneddoti che in parte già sapevo avendo lavorato per la tesi su un testo fondamentale come Hillsborugh: The Truth, opera di Phil Scraton, docente di criminologia e membro del Panel.

Sconcertanti (per gli altri, per chi ha ignorato tutto per anni) le rivelazioni sul fatto che anche i ragazzi minorenni, così come i bambini morti, furono soggetti a dei prelievi di sangue per trovare tracce di alcool in modo da poter rafforzare la tesi della Polizia: la tragedia generata da tifosi ubriachi.

È stato confermato il lavoro sporco degli agenti che modificarono le memorie scritte da parte degli ufficiali presenti a Hillsborough, è stato ribadito che 41 tifosi sarebbero sopravvissuti se fossero stati soccorsi in maniera tempestiva.

Il report presentato davanti alla Cattedrale di Liverpool ha riscosso consensi e riacceso delle speranze, parlare di giustizia è difficile, soprattutto quando i processi hanno sentenziato “morte accidentale” e i due principali autori del dramma non hanno scontato nemmeno un giorno di prigione.

Quale può essere la giustizia quando ci sono 96 vittime di mezzo? Qualcuno porterà mai indietro chi non c’è più? È possibile ridare a Eddie Spearritt suo figlio Adam? Entrambi persero i sensi nella calca, furono portati all’ospedale, il giorno dopo il padre si svegliò e gli venne comunicato che il suo ragazzo non ce l’aveva fatta. Qualcuno potrà mai riempire a Margaret Aspinall il vuoto incolmabile lasciato da suo figlio James? Il pomeriggio del 15 aprile riuscii a contattare la Polizia del South Yorkshire che la rassicurò sulle condizioni del figlio, così come la compagnia di trasporti secondo cui il ragazzo era sul pullman per tornare a Liverpool. Sono trascorsi 23 anni e Margaret forse non è mai andata via da quel capolinea, dove vide arrivare decine di bus senza il 15enne James. Ho studiato questa vicenda, ci ho scritto una tesi e penso di aver capito così intendano i parenti delle vittime quando reclamano giustizia. Pretendono scuse e rispetto, per anni hanno dovuto accettare falsità, ingoiare l’idea che i propri cari erano stati dei killer che avevano ammazzato altri concittadini. Liverpool, la città di Liverpool, non hai mai tollerato questo e ha sempre difeso la propria gente, consapevole di come fossero andate realmente le cose in quel maledetto pomeriggio.

Ventitré anni dopo, in un mondo nel quale nessuna chiede più scusa, dove è utopico pensare che lo possa fare un politico, Cameron lo ha fatto. Mai sarà fatta giustizia, ma la memoria delle vittime del 15 aprile comincia finalmente ad essere ripulita dopo il fango di quasi un quarto di secolo.

 

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Nell’anno della mia tesi, nell’anno in cui ho raccontato tutto questo passando giorni interi e tradurre i Taylor Reports, articoli, libri ed email, sono contento che ci sia stata questa svolta. Ancora una volta mi sento di dire che questa tesi è la cosa che mi ha dato maggior soddisfazione e reso più orgoglioso in 25 anni.

 

 

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