Il ragazzo della Via Gluck

In modo piuttosto casuale questo mio ritorno alle origini, a vivere nel complesso in cui sono di fondo nato e soprattutto cresciuto fino a 19 anni, è stato accompagnato da una canzone: il ragazzo della Via Gluck.

Venuta fuori per caso in quarantena, mi è rimasta in testa per un verso: “Ma verrà un giorno che ritornerò ancora qui”, una frase che è diventata slogan, mentre il trasloco si avvicinava e poi nuovamente allontanava a causa di ritardi dovuti alla situazione di emergenza.

Tornare e non avere mia nonna perché ricoverata poche ore prima, durante la notte, è stata la beffa più grande che potesse riservarmi il destino. Per questo, in modo molto intimo, non mi sono sentito “tornato” fin quando anche lei non è rientrata dall’ospedale, dopo due settimane di ricovero.

Non ero perfettamente in sintonia poi per via della casa in sostanza vuota e in attesa dei mobili, ma a consegna effettuata, lunedì pomeriggio, mi sono finalmente sentito a casa.

Ci sarebbe molto da dire su un mix di sensazioni davvero particolari, mi limito a dire che nella vita in fondo è tutto un fatto di prospettive. La mia ora è dalla scala B e posso vedere le finestre di casa di mia nonna, controllo e vedo se le serrande sono su oppure giù.

Mai avevo visto questo spazio da certi angoli, e ogni piccolo dettaglio è un ricordo, e in fondo un sorriso.

Un capitolo nuovo è veramente iniziato e non è forse un caso che sia cominciato il 18 maggio, con la ripartenza del dopo lockdown. Speriamo di avere miglior sorte di quei malcapitati di ristoratori e commercianti, a loro va tutta la mia solidarietà in un momento così.

Non c’è il titolo, scusate. Era proprio a tirar via.

Insomma, archiviata l’esaltante parentesi del Sig. Catto, è iniziato l’ultimo segmento lavorativo dell’anno quello che conduce anche alle vacanze natalizie, a Roma e ad un break molto atteso.

Proseguono le numerose manovre relative al trasloco della redazione, un lavoro impensabile per la quantità di cose che coinvolge, ma siamo nella fase finale, e fra poco attraccheremo al nostro nuovo porto prima di scaricare il materiale, in senso pratico e non figurato e cominciare subito a lavorare dai nuovi studi.

Se a Montreal già ci sono bufere di neve qui all’Equatore torontiano il tempo tiene ancora, e difendiamo le temperature sopra lo zero in maniera agevole, seppur siamo pronti a tirar fuori presto i denti per sopravvivere e arrivare a Natale così.

È inevitabilmente iniziato il conto alla rovescia verso Roma, dopo sette mesi di lontananza, record storico per me, la voglia di riabbracciare casa e un po’ di persone è davvero tanta. Manca poco e questo poco volerà inghiottiti da mille cose e diverse scadenze. So bene di conseguenza che in un attimo mi ritroverò all’aeroporto diretto verso Francoforte.

E poi? Non ho niente da dire in fondo, ho comprato un po’ di regali per Natale, soprattutto per me, sull’Inter è meglio soprassedere, tanto avevamo previsto tutto l’otto agosto, le serate al Crocodile hanno ovviamente perso il loro spessore soprattutto a causa della stagione invernale. Che altro? Avrei da finire il racconto sulla mia estate iniziata e interrotto. Lo so, è vero. Lo finirò, ma non volendo scrivere una cosa a tirar via, tipo questa, voglio trovare il giusto momento che attualmente sembra non arrivare per il contesto e gli impegni.