Toronto – atto IV

Stamattina mi sono chiesto se a Roma c’ero stato veramente o meno. Conseguenze di un sonno ovviamente non perfetto, risvolti del jet-lag e di ore passate ad attraversare mezzo mondo. Nove giorni non sono nulla, quando ti sei abituato a casa è ora di ripartire, ma alla fine, ne vale sempre la pena. Nove giorni in cui ho cercato di condensare tutto il possibile, provando anche ad avere una sorta di equilibrio evitando di stare sempre e solo fuori, in giro a vedere qualcuno. C’era bisogno di un po’ di tutto, avrei voluto fare di più, avrei voluto fare meglio, ma questa sensazione è ormai un classico e non la vivo più come un fastidio, al massimo come una puntuale compagna di riflessioni al momento dei bilanci.

Mesi fa ipotizzavo di tornare a maggio per ragioni sportive, alla fine sono sbarcato per altri motivi e comunque è stato giusto cosi. Avevo una lista mentale con delle priorità e le cose più importanti le ho portate a termine come desideravo. Alfredo, Andrea ed annessa prole, il compleanno di mio padre, il ritiro della pergamena all’università, David e la gita a Fiuggi con tanto di pernottamento al leggendario Hotel Siviglia, un paio di corsette, un notevole shopping a più riprese, il pranzo da mia nonna, qualche pizza e parecchi supplì con carbonare ed amatriciane sparse qua e la. Una pennichella in veranda al tiepido con i primi caldi maggio, il brivido enorme di parlare davanti gli alunni di Antonio, Frascati, una passeggiata nel cuore della città, i centri commerciali, il traffico di Roma, il telefono che suona in continuazione perché ti vogliono offrire la proposta migliore, sempre e comunque. Ecco, c’è stato spazio per tutto questo, così come per un’altra serie di sensazioni, quelle che mi impone ogni ritorno, quel ritornare indietro nel tempo, a un passato recente e non particolarmente entusiasmante. In fondo, Roma, per me, dalla fine del 2012 in poi non è stata foriera di momenti entusiasmanti.

Ci sono cose che restano, altre che ti inseguono, un po’ come quando mi sono rinfilato una giacca primaverile ed in una tasca ho ritrovato una prevendita di una festa di Halloween. La data riportata era 31 ottobre 2012, ed il titolo della serata era “Incubo”. Ricordo il momento in cui me la diedero, ricordo che ero con Francesca e di cosa stavamo ovviamente parlando. Ci guardammo e senza dire troppo ci capimmo al volo. Sì, in quel momento era un incubo, appunto. E quel cartoncino era quanto mai perfetto. Dettagli e ricordi, che però non ti fanno scappare più di tanto lontano, ma Roma è anche questa, in fondo non potrebbe essere diversamente e quindi la vivo ormai così, accettando questo e tante altre cose. Alla fine buona parte del nostro successo, nella vita, in senso generale, passa proprio dal saper accettare quello che accade o che è capitato.

È iniziato quindi l’atto IV qui a Toronto, verosimilmente l’ultimo segmento, quello che mi condurrà attraverso una estate che sembra però a livello meteo ancora piuttosto distante. Magari mi giocherò davvero tutto in un colpo solo, rosso o nero alla roulette, come uno slavo qualunque per parafrasare il maestro Buffa, potrebbe essere così, ma poi io mi vedo già in maniera molto definita e precisa fra alcuni mesi che non so effettivamente se ho proprio voglia di avvicinarmi a questo tavolo del casinò.

Nel frattempo però, si ricomincia.

Ora e allora

e quando sarà,

su una fune sottile,

con il proprio stile

Toronto – atto IVultima modifica: 2016-05-16T20:40:23+02:00da matteociofi
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