Ad un passo

Siamo lì, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla gloria. L’attesa infinita sta per terminare, poco più di 24 ore, e poi sapremo chi riuscirà a completare questo Grande Slam portandosi la Coppa Campioni a casa. È certamente la partita più importante della mia vita, e l’occhio destro che mi batte da giorni, è il termometro di quanto la tensione si sia impossessata di me. In qualche modo, è anche il post che ho sempre sperato di poter scrivere, raccontare le mie sensazioni prima della partita che tutti sognano di vedere e giocare. Sento questo avvenimento più dei finali di campionato  al foto-finish e addirittura più della finale dei Mondiali del 2006.  È la mia prima volta, mentre è la quarta occasione in cui vedo l’Inter arrivare all’atto conclusivo in una competizione europea, ma i tre precedenti erano di coppa Uefa, l’ultimo è datato 1998 a Parigi. Fin da quando ero piccolo e ho iniziato a tifare, ho sempre desiderato vedere l’Inter campione d’Italia, crescendo, il desiderio irrefrenabile di conquistare questa coppa, mi ha accompagnato, l’Europa è diventata l’ossessione della mia adolescenza e della prima gioventù. Ora che sono alla vigilia di questo appuntamento, mi pare tutto molto strano, in parte ancora non me ne rendo conto, ma sento dentro di me la voglia esagerata di vivere questo momento e di alzare quella dannata coppa. È paradossale pensare come solo l’Inter mi faccia essere una persona tesa, ansiosa e angosciata, nient’altro mi porta a certi livelli. Sono notti che dormo male e faccio incubi inquietanti che hanno come sfondo la partita di domani, non ne posso veramente più. È una finale inedita, nessuno avrebbe scommesso su questo epilogo a settembre, ma da una parte, penso che sia la “Vera Finalissima”, non è mai successo che due squadre vincendo la Coppa Campioni, potessero completare rispettivamente il loro personale tris. Questo dato statistico, per quanto magari ininfluente, è a mio parere abbastanza emblematico, Inter-Bayern Monaco è una grandissima finale, la sfida dell’anno. Non mi interessano le polemiche, il futuro di Mourinho, le schermaglie verbali della vigilia, il mio pensiero è rivolto solo al campo e alla vittoria. Non credo che sia il caso di sottolineare ancora quanto tenga a questo momento, la sua eccezionalità lo rende veramente unico, magico e forse irripetibile. Come ho scritto qualche giorno fa, siamo dei privilegiati, ci sono decine di milioni di tifosi in tutto il continente che vorrebbero essere al posto nostro, invece, almeno per stavolta, sarà il nerazzurro a gremire le tribune del Bernabeu.

Ancora qualche ora, e poi saremo lì, sarò lì, con il cuore che batte forte e la voce che trema, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla leggenda.

So che potete farcela. Che farete di tutto. Che sentite che vi siamo vicini. Adesso ragazzi. Adesso è il momento. Noi ci crediamo.

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Emozioni Scudetto

Certe emozioni non possono essere descritte, certi scudetti non sono facili da catalogare. Vincendo a Siena, l’Inter, conquista il suo diciottesimo scudetto, quinto di fila e supera il Milan (17-18). In undici giorni, è stata completata la prima storica doppietta nerazzurra, meritata, sofferta ed emozionante come non mai. È stata una domenica convulsa fin dal risveglio, il dubbio riguardo la partenza verso Siena, è stato alimentato da una serie di telefonate fino al no conclusivo, giunto poco dopo le 11.30. Anche i vecchi colleghi di mio padre, non erano riusciti a rimediare il tanto agognato biglietto per me. Ma quando sette minuti dopo l’inizio della partita, è squillato il cellulare, ed un biglietto per la tribuna d’onore era stato trovato mentre noi eravamo a casa, il drammatico pomeriggio, aveva già regalato la prima beffa. È stato un match vero, un Siena fin troppo combattivo, a mio parere in modo inspiegabile, e un’Inter che pur a fatica continuava a produrre palle gol, puntualmente sprecate. A metà partita, il vantaggio della roma, ed il nostro pari, mi hanno riportato indietro di due anni, all’epilogo dello scudetto 2008: stessa situazione, stessa paura e stessa angoscia. Proprio come due anni fa, all’intervallo, ho fatto ricorso al Lexotan, che non mi ha calmato minimamente, ma che alla fine è stato ancora di buon auspicio. Al gol di Milito, sono impazzito completamente, cimentandomi in un urlo che da solo è diventato boato, un’esplosione che sale sul podio delle mie più grandi e folli esultanze. Il resto della partita, l’ho vissuto con maggior serenità. Dopo il gol, mi sono sentito più leggero, con un peso nettamente inferiore sopra le spalle, e poi, al fischio finale, l’ulteriore grido di gioia, “Ancora noi, ancora una volta!”. Mi emoziono sempre quando vedo il Capitano commuoversi, ieri ancor di più, è fantastico vedere questo gruppo, stanco ma mai sazio, indistruttibile ed infinito. Hanno vinto i migliori, onore alla roma, ma questa Inter sta facendo qualcosa di unico, chi non rende omaggio ad una squadra così grande, temo che non possa parlare di calcio e di sport. Non penso che abbia vinto contro tutto e tutti, so solo che ha disputato una stagione magnifica; io non ci credevo, dopo Firenze, ho avuto tantissima paura, il timore che alla fine non si potesse portare nulla a casa. Siamo grandi, abbiamo un allenatore straordinario e campioni pronti ad ogni sacrificio, e poi abbiamo Milito, l’eroe silenzioso, il Principe che ha reso trasformato l’incubo senese in un’altra meravigliosa favola. Cari amici, queste sono emozioni, chi non è tifoso non può capire, chi dice frasi del cazzo come “Che te ne viene in tasca?”, “Che ti frega?”, “Loro prendono i miliardi e tu ci stai male!” è gente che un po’ mi intristisce, sono persone che non sanno, e forse vivono una vita molto più appannata. Che male c’è ad emozionarsi? Non si può essere felici per qualcosa che non dipende da noi? Devo essere contento solo se mi torna qualcosa in tasca? No, assolutamente no. La vita è fatta anche di questo, da emozioni e sensazioni pure, attimi come il gol di Milito, un’immagine che rimarrà sempre dentro di me. Sono momenti magici, momenti che ti rendono splendidamente felice. Sono sfinito, ma vorrei che questa stagione non finisse mai. Non si fa in tempo a vincere un trofeo, che bisogna pensare a quello dopo, stiamo vivendo qualcosa di cui renderemo conto probabilmente solo fra qualche tempo. Siamo interisti, siamo privilegiati, ci ritroviamo in un vulcano di entusiasmo da oltre un mese, ed è splendido così, credetemi.

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Grazie ancora ragazzi, abbiamo scritto la storia, ora, possiamo entrare nella leggenda.   

 

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Alla fine…è successo

È finita, così. La Roma conquista meritatamente il quarto titolo della sua storia, mentre l’Inter lascia sul campo un campionato vinto e poi perso, ritrovato a tre giornate dalla fine, e nuovamente buttato al foto-finish. Peccato, perché eravamo tornati avanti, ma questo non è servito, a 90 minuti dalla fine, tutto si è capovolto ancora. La Roma ha vinto giustamente a Verona, noi non siamo andati oltre un maledetto e sfortunato 0-0 al Franchi; il Siena ha giocato un’ottima partita, onorando il suo ultimo impegno in serie A. Poteva essere l’anno della doppietta, invece, ci terremo la coppa Italia vinta proprio contro i giallorossi e tanti rimpianti. Mi dispiace aver perso così, ma soprattutto, abitando a Roma, dovrò subire sfottò, umiliazioni e bandiere con la lupa appesa ai balconi per almeno 5 mesi. Credo che la Roma abbia disputato una stagione miracolosa, per la seconda volta nella storia del campionato italiano, vince una squadra che cambia allenatore in corsa, solo l’Inter riuscì in questa impresa nel 70-71. Una grande rimonta, coronata da un successo bellissimo, bravo Ranieri e complimenti a tutti i giocatori. I meriti della Roma ci sono, i demeriti nostri sono altrettanto grandi, a mio avviso, lo scudetto lo abbiamo perso a Catania, e in modo sciagurato a Firenze. È dalle 16.53 che la festa è cominciata, l’inferno giallorosso è scoppiato, i rumori, le trombette, e le sciarpe che sventolano. Mi pare un vero incubo, ma alla fine è successo. Sono afflitto, distrutto, ma in fondo è giusto così, la Roma ha conquistato uno scudetto leggendario, e gli eroi fra un po’, saranno accolti a Fiumicino da non so quanta gente. La città è già paralizzata, il Circo Massimo a breve sarà strapieno, i tifosi impazziti. Niente double, ma solo infinita amarezza.

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(Queste sono le prime immagini in esclusiva dal Circo Massimo)

 

Come preventivato

Mercoledì pomeriggio, con l’ultima lezione di letteratura italiana, è finito ufficialmente il mio secondo semestre del primo anno della magistrale. Per qualcun altro, invece, le lezioni si concluderanno la prossima settimana, ma ormai siamo effettivamente agli sgoccioli di questa quarta edizione. Non voglio sindacare su come sia andata, ma voglio fare un piccolo raffronto su un paio di aspetti. Per quanto mi riguarda, ho vissuto questo anno della magistrale, un po’ a singhiozzo, ho seguito fin dal primo giorno, ma sino a metà dicembre, quando ormai i corsi stavano per finire ed io mi apprestavo a discutere la tesi, mi sono sentito un po’ abusivo, non del tutto uno della specialistica. Questa situazione mi ha limitato nella successiva sessione di esami, e soltanto da marzo, è iniziata veramente la mia avventura. Non mi resta troppo nemmeno delle lezioni, di certo ho cambiato idea su un professore in particolare, mentre ho apprezzato decisamente il corso di storia contemporanea. Fondamentalmente, questa annata di magistrale, ha rispecchiato per alcuni lati la quarta serie. Fin da settembre, sapevamo che sarebbe stata ben diversa dalla precedente ed inevitabilmente sottotono, i mesi a seguire, non hanno fatto altro che darci ragione, confermando i pronostici. Pochissimi brividi, se non un paio di natura negativa: la rinuncia all’Erasmus per David e il rapporto incrinato con Francesca. Prima di Natale, mi lanciai in una previsione proprio con il nostro amico fiuggino e gli anticipai, che a mio avviso, non sarebbe successo nulla di clamoroso se non un paio di brividi forti ma negativi. Cinque mesi dopo, penso di non essermi allontanato troppo dalla realtà. Tutto ciò che si può considerare positivo, sono state le tesi, finora quattro, ma questi sono momenti che avevamo preventivato, logiche conseguenze del nostro percorso che aveva raggiunto l’apice nella terza serie. Anche per le tesi, però, alle emozioni vere e grandi, si sono aggiunti mille problemi e numerose difficoltà per ciascuno di noi: slittamenti, litigi, cambi di argomento e di relatori, un po’ di tutto insomma. Senza dubbio, il momento clou della serie resta una delle prime puntate, forse la primissima, ovvero Verona. In terra veneta, è stato raggiunto il massimo. Credo che ci sia poco da aggiungere, è stata una stagione così, di transizione, ma non per questo da buttare, ne tanto meno da criticare eccessivamente. È stata proprio come ce la aspettavamo, e quindi, di certo non ci ha sorpreso. Ora incombe la sessione estiva di esami, bisognerà prepararci bene e cercare in tutti i modi di portare a casa qualcosa di buono, ma questo dipenderà da noi, a seguire le lauree di altri tre de La Cerchia, e poi, forse, sarà il momento di salutare la quarta serie e di andare magari in vacanza.