Due giorni dopo

Parlare dopo è sempre facile, dare il proprio giudizio a giochi fatti è una delle cose più convenienti, soprattutto quando si può criticare. Ho aspettato volutamente oggi per scrivere un post riguardo la folle notte di Marassi, ho atteso i resoconti del giorno dopo e le mille chiacchiere di cui si sono riempite radio tv e giornali. Dopo aver ascoltato attentamente tutti questi discorsi, cerco di tracciare la mia opinione, sconfessando anche delle affermazioni che ritengo tuttora inammissibili.

I tifosi serbi hanno avuto un comportamento pessimo già dal pomeriggio quando hanno avuto la geniale idea di imbrattare Palazzo Ducale e creare il panico per le vie della città. Non condivido il corteo che gli è stato concesso, soprattutto se si considera il percorso non breve che hanno fatto: da via XX settembre a Marassi (oltre 2 km e mezzo). Questo ha permesso ai delinquenti serbi (non tifosi) di mettere a soqquadro un bel pezzo di Genova. È ridicola invece la giustificazione che qualche esponente della polizia ha provato a dare riguardo l’arsenale e gli oggetti contundenti che i serbi hanno potuto portare nel loro settore. Considerando la situazione all’esterno dello stadio, questi teppisti sono stati fatti entrare dentro rapidamente, senza controlli e quindi con tutte le facoltà e i mezzi per poter mettere a repentaglio la sicurezza di almeno 20 mila spettatori. Zero controlli, pessima l’idea del corteo scortato, sciagurato il pensiero di far intervenire i poliziotti nel settore ospiti. Qualcuno ha detto che sarebbe venuta fuori una carneficina se le forze dell’ordine fossero intervenute in quel modo, l’affermazione è fin troppo banale mentre è assurdo che qualcuno si compiaccia del fatto che ciò non è avvenuto: non sono stati “bravi”, hanno semplicemente ragionato anche perché non si poteva fare diversamente. L’unica azione fattibile poteva essere quella degli idranti, i quali sono stati anche srotolati ma poi accantonati, l’acqua avrebbe potuto sedare un po’ la situazione senza creare danni esagerati.

La protesta è stata solo ed esclusivamente politica. I facinorosi serbi hanno scelto l’occasione migliore, ovvero una partita di calcio internazionale con buona risonanza, per manifestare alcune delle loro idee. La sconfitta con l’Estonia di quattro giorni prima e il “tradimento sportivo” di Stojkovic c’entrano poco, soprattutto dopo che i giocatori erano stati già “punti” con il folle gesto del petardo lanciato sul pullman della nazionale serba. La  protesta ha preso così i contorni prettamente politici e sociali, in particolar modo dopo il “Gay Pride” che si era tenuto a Belgrado pochi giorni prima. Anti europei, nazionalisti, anti-Nato, i serbi hanno rivendicato la loro opinione sul Kosovo e lo hanno fatto in una nazione che ha mandato truppe in aiuto nel territorio in questione. Scatenare l’inferno in Italia mentre si manifestava per il Kosovo, in un’occasione in cui si commemoravano 4 soldati italiani uccisi in Afghanistan, è stata una situazione che gli ultra-nazionalisti non potevano farsi sfuggire. In sintesi, la violenza dei serbi, è stata prettamente politica sfruttando una manifestazione sportiva.

Lo stadio non era di certo il migliore a livello strutturale e nemmeno a livello di posizione per ospitare un evento del genere, ancor meno per accogliere una delle tifoserie più calde e violente del panorama europeo. Lo stadio “molto inglese” di Genova non ha aiutato le operazione delle polizia sia dentro che fuori, mentre le tribune attaccate al campo, non hanno permesso che si giocasse. Considerando la capienza, la posizione e la struttura interna dello stadio, Bologna o Catania sarebbero stati più indicati, di certo la partita si sarebbe potuta giocare ed i portieri non avrebbero rischiato di trovarsi fumogeni in mezzo ai loro piedi con una tale facilità. Per quanto riguarda la scelta delle sede dove ospitare l’incontro, le autorità italiane hanno sbagliato completamente.

Come è possibile che tanti criminali serbi con precedenti noti, pur non essendo cittadini dell’Unione Europea, abbiano messo piede in Italia con tale semplicità? È chiaro che non ci siano stati grandi controlli alla frontiera, altrimenti personaggi come Ivan Bogdanov, che ha avuto la sua mezz’ora di popolarità, non sarebbero entrati. È strano per non dire preoccupante, vedere che personaggi potenzialmente pericolosi possano girare per l’Europa armati e con evidenti intenzioni, senza un minimo di controllo.

In una delle serate più buie della Nazionale italiana, ha perso lo sport e ha stravinto il violento fanatismo politico; qualcuno pagherà sicuro, la stangata dell’Uefa è bene che colpisca duramente la Serbia ma anche l’Italia, non dal punto di vista sportivo ma di sicuro sotto l’aspetto organizzativo.