Tante facce, tante storie (Parte 1)

Siamo quasi arrivati alla discesa finale ma undici giorni di Olimpiadi sono più che sufficienti per raccontare storie ed imprese, vittorie e delusioni, per far emergere volti nuovi e ricordarcene altri che rimarranno impressi per sempre. Bolt, Phelps, il duo Menegatti-Cicolari, Schwazer, Josefa Idem e molti altri hanno segnato questi Giochi, ciascuno a modo proprio caratterizzando questo infinito show sportivo. Ancora una volta la piscina ha raccontato tante storie, i nostri eroi d’acqua si sono sciolti dinnanzi allo strapotere di statunitensi, cinesi e francesi. La nostra teorica portabandiera, Federica Pellegrini, ha fallito le gare per cui aveva lavorato in questi anni, due volte quinta e quella sensazione di impotenza e di non essere al top nel momento decisivo. Il suo compagno ha fallito altrettanto e questo crollo ha aumentato le chiacchiere sul loro conto e sul rapporto che li lega, il classico ragionamento extra sportivo che si abbatte su chi non riesce ad ottenere risultati.

Parli d’acqua e automaticamente pensi a Phelps, un fenomeno, l’uomo-pesce, il più grande olimpionico di sempre. Basta dire 22 medaglie, 18 delle quali del metallo più prezioso, e non c’è altro da aggiungere. Phelps ha battuto ogni record, a Pechino scalzò le imprese e gli ori di Mark Spitz che sembravano inattaccabili, a Londra si è limitato a 4 ori e 2 argenti, ha chiuso la sua esagerata carriera da campione vero, da atleta strepitoso, da autentico padrone del podio.

Ancora una volta la scherma ci ha fatto sorridere, uno sport che malgrado i trionfi continua a non “appassionare” gli italiani, forse per le regole, forse per le diverse discipline non chiare a tutti.

Il podio tricolore femminile, così come le vittorie a squadre, sono state l’ennesima riprova di un movimento che pur non avendo troppi sponsor e con una scarsa visibilità continua a dominare il mondo, in pedana il colore che governa rimane l’azzurro.  

Parlando di donne i due personaggi per cui ho simpatizzato e ho seguito con molto interesse sono state le ragazze del beach volley, la coppia Menegatti-Cicolari. Su questa disciplina si fa forse troppa ironia, soprattutto quando si parla al femminile per le inquadrature “basse” e i costumi. Credo che le ragazze di questo sport abbiano il miglior fisico dell’Olimpiade: alte, toniche, giuste, senza le spalle enormi delle nuotatrici, o i muscoli delle ginnaste.

Tralasciando gli aspetti estetici, il beach volley l’ho seguito casualmente al secondo giorno dei Giochi durante la sfida Italia-Russia e mi ha coinvolto parecchio. Essendo uno sport nel quale ciascuno di noi si è cimentato almeno una volta, ho apprezzato i movimenti, la rapidità degli scambi e la spettacolarità.

Mi è piaciuto soprattutto lo spirito delle azzurre, in due ma unite come fossero un battaglione, una squadra vera ed affiatata. Con le loro unghie smaltate di tricolore sono andate avanti fino ai quarti, fino alla sfida impossibile con gli Usa, ma per me rimangono una delle novità più interessanti e una speranza vera per una medaglia a Rio.

(continua)

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