Il resoconto di una grande esperienza

Start, chiudi sessione, arresta il sistema, saluti in redazione e poi via. Non bastano certamente questi pochi passaggi, alcuni anche automatici, per mettere un punto ad un’esperienza così, ad un percorso fantastico che si è concluso ieri pomeriggio.

Il mio stage è terminato, quest’avventura iniziata a maggio è arrivata al suo capolinea e le famose cinture che allacciai più di novanta giorni fa posso definitivamente slacciarle. Sono tornato a terra, il viaggio è finito, la domanda che ora conta di più è ovviamente una: quanto cose ho imparato? Quanto è stato importante? È difficile poter quantificare gli insegnamenti appresi, è molto più facile dire che aver vissuto un’esperienza del genere è stato quanto di più bello potessi chiedere. Privilegiato, fortunato, non lo so, credo che pochi abbiano l’occasione di entrare in questo modo nel mondo in cui vorrebbero inserirsi due mesi dopo la fine della magistrale. A me è successo ed è stato bellissimo. Ho capito il significato reale di fare il giornalista, uno che di mestiere racconta ciò che succede, l’ho capito vivendolo quotidianamente, condividendo spazio e tempo con professionisti preparati. L’aspetto più importante secondo me rimane uno: oggi conosco la professione del giornalista, so come è. Tutto ciò mi ha permesso di capire se è il mestiere che voglio veramente fare e la risposta è sempre la stessa, ma stavolta ancora più convinta. Ho capito tante cose, come funziona la tv, i tempi, i ritmi, come si scrive un pezzo, come si intervista, come si monta un servizio, come si fa un collegamento telefonico o una diretta. Sono stato accolto fin dal primo giorno benissimo, con molti sono entrato in sintonia fin da subito, è stato importante avere un contatto con il mondo del lavoro, la mia seconda esperienza, la prima fuori dal mondo universitario. Con il tempo mi sono fatto conoscere ed apprezzare, avere certi attestati di stima fa sempre piacere anche se piano piano vedevo come il mio contributo cresceva così come le responsabilità che mi venivano affidate. Quando il livello è salito ho alzato contemporaneamente la mia asticella, ho ribattuto colpo su colpo, ho dato veramente tutto in termini di tempo e di sacrificio, dal primo all’ultimissimo giorno. Devo dire grazie a tutti, ma in particolare a tre persone per ragioni diverse. Un ringraziamento va a Renzo per il tempo che mi ha dedicato, perché mi ha portato con lui in diverse occasioni al seguito della Lazio, mi ha concesso il privilegio di annusare il profumo del campo, di fare “l’inviato” per il calcio. Grazie anche a Paolo, abbiamo trascorso moltissimo tempo insieme, le esterne fatte hanno creato quell’alchimia che si genera fra giornalista e operatore.

Gli insegnamenti e le spiegazioni su come si fanno certe inquadrature, sul modo in cui si riprendono delle immagini e su come si adopera una telecamera rimarranno con me. Infine, e non potrebbe essere diversamente, il grazie più sentito è per Paola. Lei mi ha scelto, lei mi ha dato fiducia a scatola chiusa puntando su di me pur non conoscendomi, ma solo dopo una chiacchierata. Abbiamo lavorato tanto e bene, mi ha insegnato tutto e mi ha regalato una grande chance che ho saputo cogliere. Lei mi ha voluto ringraziare per la pazienza e la disponibilità, io so soltanto che non potrò mai sdebitarmi. È stato bello così, non è facile spiegare una televisione, chi non la vive da dentro non può capire il concetto di “diretta”, se sbagli quando sei in onda l’errore lo vedranno tutti, migliaia di persone a casa, nello stesso momento, lavorare in tv in diretta non ti concede margini di errore, se sbagli si vede subito. Questo aspetto inevitabilmente accentua la pressione e la tensione, ma regala un’adrenalina a parte, così come quando torni a casa la sera, accendi la tv e senti la tua voce, tu sei sul divano e lo schermo manda le tue immagini e tu che parli, una sensazione strana alla quale con il tempo ci si abitua. Ho capito tante cose, ho capito anche che a certi livelli non sono fuori luogo, posso starci e posso naturalmente migliorare, ho ampi margini ma secondo alcuni sono andato oltre le previsioni partendo da zero. Va bene così, la missione l’ho portata a termine e non cambierei mezza virgola, è stato tutto straordinariamente bello. Ieri sera mentre tornavo a casa pensavo ad una metafora e alla fine ho pensato questa: desidero associare questo stage al pullmino che dal gate ti porta sotto l’aereo prima di un grande viaggio, quello che aspettavi da tanto tempo, il “collegamento” prima di un’altra grande avventura.