“E’ tutto da Formello, a voi la linea”

Tornando dalla redazione pensavo che il giornalista, di fondo, è uno dei mestieri più belli del mondo per una ragione: si è sempre testimoni di qualcosa, si racconta sempre un evento, un qualcosa che interessa a qualcuno, a volte anche a molte persone. Essere in un posto, vedere con i propri occhi e raccontare è bello, non mi vengono altri termini o pensieri più profondi, fare tutto ciò ti regala delle soddisfazioni, ed è appunto bello. È stato un lunedì segnato dall’esterna a Formello per la presentazione delle nuove divise della Lazio: io, Paolo e Renzo ci siamo diretti nel centro sportivo per assistere a questo appuntamento insieme a molti altri giornalisti oltre ad una cornice di pubblico nutrito e coraggioso per aver sfidato il caldo torrido del pomeriggio romano. La scaletta della giornata è stata cambiata almeno 70 volte, io avevo un collegamento telefonico con il telegiornale in diretta considerando che Renzo era impegnato nella presentazione delle maglie e dei giocatori, e così, l’uomo che doveva fare il giornalista per la nostra televisione sono diventato di conseguenza io. Alle 17, dopo un leggera sgambata sul campo centrale di Formello la squadra è rientrata negli spogliatoi, noi invece ci siamo involati verso la sala stampa. Per i tifosi è iniziata una micidiale attesa di quasi due ore mentre noi eletti pasteggiavamo dinnanzi al buffet sotto i portici. Slittata la conferenza stampa anche noi ci siamo ritrovati in balia del destino, senza certezze sugli sviluppi successivi. Timoroso di non riuscire a vedere le maglie in tempo per la telefonica con il tg, mi sono fatto svelare da Renzo in anteprima le nuove divise. Prima dell’inizio della conferenza stampa, con un Lotito ancora disperso, ho fatto il mio collegamento in cui ho raccontato le novità da Formello, e poi sono entrato in sala stampa in cui i vertici della Macron (neo sponsor tecnico laziale) hanno presentato le maglie senza farcele vedere. Terminata la stranissima conferenza ci siamo rispostati sul campo d’allenamento, il pubblico sempre più numeroso e accaldato era ormai inferocito, gli altoparlanti non funzionavamo, il povero Renzo ha dovuto presentare le maglie con il volume vicino allo zero. Finita la sfilata, siamo tornati alla macchina dopo essere passati all’interno del parcheggio privato dei calciatori della Lazio, uno spazio in cui la somma delle vetture superava di gran lunga i milioni di euro. Chiusa la giornata laziale, caratterizzata da ritardi e disorganizzazione, un pomeriggio in cui ancora una volta i tifosi sono stati trattati in maniera pessima (parlo sempre come uno che sta da quella parte ovviamente) ci siamo diretti verso redazione. Domattina si parte alla volta di Fiuggi sempre al seguito dei biancocelesti. Se penso che per fare sta vita teoricamente si viene anche pagati, per parlare di calcio e di una squadra, mi viene un desiderio di fare sto lavoro che voi umani non potete nemmeno immaginare.

 

 

Frase della giornata

 

“Ammazza che bel buffet, lo avrà sicuramente offerto la Macron, Lotito non lo farebbe mai”.

Il più grande spettacolo del mondo

È stata una fantastica serata, una cerimonia d’apertura diversa dalle solite: storica, ironica, autocelebrativa, un grande spettacolo degno di una città unica al mondo. Il nuovo stadio di Londra ieri sera ha dato il benvenuto alla trentesima edizione delle Olimpiadi, 80 mila persone presenti, un miliardo davanti la tv e ben 204 delegazioni che hanno sfilato orgogliose di esserci e con il sogno di rendere questa esperienza indimenticabile magari con una medaglia. Il fascino enorme e la bellezza dei giochi olimpici risiede tutta qui, in questi dati, in questi numeri che sono ovviamente inarrivabili per qualunque altra manifestazione del pianeta Terra. Ho guardato tutta la cerimonia, dal primo all’ultimo minuto, come non avevo mai fatto e ho apprezzato ogni dettaglio della serata. Gli inglesi hanno giocato in contropiede spiazzando tutti: tanto spettacolo ma sempre con una forte impronta storica, un bombardamento di citazioni, un continuo evidenziare ciò che di grande hanno fatto nella storia del mondo moderno. I britannici hanno giocato con il loro passato, hanno sfruttato questa loro fortuna a differenza delle ultime nazioni che avevano ospitato i giochi. Atlanta incentrò inevitabilmente la cerimonia sul centenario delle Olimpiadi, Atene sul fatto di essere la culla dei giochi, Sydney e Pechino sui colori, sullo spettacolo scenografico e pirotecnico. Proprio la capitale cinese ieri sera è divenuta il mio termine di paragone essendo la città olimpica precedente, Londra ha fatto leva su cose che Pechino non può avere, troppo lontana da noi, troppo diversa e soprattutto con una storia non sufficientemente forte come la Gran Bretagna. Gli inglesi hanno sviscerato tutto il loro potenziale: dalla Tempesta di Shakespeare, alle rivoluzioni industriali, passando per Mary Poppins, James Bond, Mr. Bean e la Regina Elisabetta che ha recitato se stessa. Un excursus unico, inimitabile, solo noi potevamo fare di meglio visto il bagaglio storico e culturale che ci appartiene.

Personalmente ho applaudito la parte relativa al NHS (National Health Service), forse pochi avranno badato a quel momento, una sottolineatura di come gli inglesi furono i primi a fondare nel luglio del 1948 il sistema sanitario nazionale,  una svolta epocale istituita subito dopo la seconda guerra mondiale.

Non potevano mancare i riferimenti musicali, i maestri del Pop hanno tirato fuori un super medley formato da Beatles, Rolling Stones, David Bowie, Queen, Sex Pistols, Prodigy, Blur, una carrellata di suoni che hanno segnato i momenti di almeno tre generazioni. La meraviglia delle Olimpiadi è stata inaugurata nel modo migliore ed è terminata con Beckham che tagliava in due il Tamigi a bordo di un motoscafo ed il braciere acceso da tante fiaccole. A quel punto, il count-down si è esaurito e la magia dei cinque cerchi ha inondato tutti, soprattutto quando un ometto sulla settantina ha cantato Hey Jude, uno dei tanti britannici che ha cambiato il mondo in cui viviamo oggi.

Prima di andare a letto, sono passato davanti la vetrina e ho visto quelle due tesi in Storia della Gran Bretagna lì, vicine tra di loro, una rossa e una blu, laurearsi raccontando la britishness è sempre un vanto, in particolare dopo aver assistito a serate così.

 

olimpiadi, londra, inghilterra, gran bretagna

 

 

Messaggio della serata

 

David: “Ao ma te l’immagini se Orwell fosse stato vivo quanto se sarebbe fomentato???!!! Weeeeeeeee”.

Alla fine. Quasi.

Giornata lunga, anzi lunghissima, una delle più intense degli ultimi tempi considerando la doppia trasmissione di oggi. Stamattina abbiamo registrato la puntata di domani nella quale sono andato nuovamente in onda, nel pomeriggio invece ci siamo cimentati con l’ultima diretta dell’anno, prima della pause e delle vacanze. Domani riposerò, mentre da lunedì, con la trasmissione finita, lavorerò per il telegiornale. Proprio nel pomeriggio di lunedì andrò alla presentazione delle nuove maglie della Lazio per la stagione 2012-13, per martedì invece si vocifera un’esterna a Fiuggi sempre al seguito dei biancocelesti. L’ultima diretta ha coinciso anche con i primi saluti considerando che diverse persone in questo week-end andranno in ferie. Ho salutato Paola, il mio tutor, la persona con cui ho lavorato gomito a gomito in questi mesi. L’ho ringraziata per la grande chance, lei ha ricambiato e mi ha detto di continuare così, lavorando in particolare su due miei punti di forza: “Scrivi bene e speakeri molto bene, su quest’ultima cosa sei migliorato tantissimo, soprattutto con la dizione”. È stata un’ultima settimana pregna di impegni: in 4 giorni abbiamo fatto 6 puntate, un score notevole; in più ho iniziato a stringere dei rapporti e dei contatti per il futuro, l’occhio inevitabilmente è già rivolto a domani. Potevo continuare questo stage, ma per diversi motivi è bene chiuderlo qui, un pensiero condiviso anche da Paola stessa. È stata una grandissima esperienza e questi giorni finali di tirocinio lo stanno dimostrando ulteriormente, ancora 5 giorni di lavoro e poi, sarà il momento del grande resoconto e anche, speriamo, delle vacanze.

Il nostalgico

 

“I’ll trade all my tomorrows for a single yesterday…”

 

Cambierei tutti i miei domani per un singolo ieri. È questa la traduzione dell’incipit, una frase di Janis Joplin riportata all’inizio de Il tempo che vorrei, il penultimo romanzo di Fabio Volo uscito un paio di anni fa. Questo pensiero è inevitabilmente un inno alla nostalgia, al passato, a ciò che è stato vissuto, a qualcosa che non può tornare anche se vorremmo tanto. In questi ultimi anni centinaia di volte abbiamo parlato del passato, dell’anno prima, del semestre precedente o dell’estate appena trascorsa, sempre con quel pizzico di nostalgia o con un velo di tristezza. Un po’ per gioco, un pochino per recitare una certa parte, un po’ per davvero, io e David in particolare ci siamo fissati su questo concetto: abbiamo vissuto grandi momenti, bei tempi, altri tempi, altro fomento, altro tutto in sintesi. È vero, è stato così, a qualcuno ha fatto sicuramente piacere o comodo capire tutt’altro ma ricordare qualcosa, a volte anche esageratamente, non è un crimine ma soltanto un sottolineare quante cose belle siano state vissute. Ricordare non è reato, vivere nel passato sì. Non sono rimasto indietro e non sono nemmeno incatenato al 2008 o all’anno successivo, vivo serenamente la mia vita quotidiana ma non dimentico nulla e non soltanto perché ho un’ottima memoria. Per me, ricordare certi momenti, alcune vicende, è rendere omaggio a ciò che il destino mi ha voluto regalare. Tuttora assaporo una quotidianità fantastica, avvolgente e molto intensa, non avrei potuto chiedere di meglio e ne sono pienamente consapevole, ma detto ciò mi piace ripensare a certi momenti e dire “Bei tempi”. Nonostante il mio presente (molto bello e lo risottolineo) tornerei indietro e non perché sono un nostalgico bensì perché ho vissuto talmente tante cose belle che vorrei riviverle tutte, ancora. Non si può essere nostalgici fino in fondo se si vive bene l’attuale, ciò che ogni minuto ci dà. Io voglio continuare ad essere così, un nostalgico per gratitudine, perché dentro ad una macchina del tempo mi ci infilerei subito, voglio continuare ad essere un allegro con la vocazione del malinconico. Desidero continuare a ripetere “Altri tempi” e “Bei tempi” mentre sto vivendo altre emozioni, nuove sensazioni, perché domani le ricorderò con altrettanto piacere. È mio diritto essere “un nostalgico a parte” ed è mio dovere difendere questa particolarità.