PF

Ma vedi Da’, ieri mattina ero a Kenilworth Road, sul 18 per andare a lavoro, davanti ad un semaforo dove la Spar fa angolo, ecco, mentre ero lì, in modo del tutto evidentemente inspiegabile mi è venuta in mente PF. Be brivido dirai tu, ma la cosa mi ha fatto sorridere. Sì proprio PF con il suo cognome che sembra una di quelle cose che ti controllano quando fai le analisi del sangue, l’amica di Plenti, e soprattutto, ahinoi, la ragazza di Quattrodenari. Che periodo strano ma clamorosamente esaltante quello a cavallo del 2008 e del 2009, ricordi? La terza serie e soprattutto il corso di Storia Contemporanea dove c’eravamo tutti. Dove sbucò Alfredo dal nulla, dove avevamo i posti riservati, sempre quelli con tanto di ordine prestabilito. In fondo poi c’era PF affianco a Plenti, sempre alla prima fila del secondo settore. Io te lo ripeto, si girava sempre e mi guardava, ne sono convinto. In fondo era il periodo della grande discussione con Fermata (19 ottobre) ma anche della scenata, sempre durante Storia (12 dicembre), quella del “BRIVIDO” scritto grosso su tutta la pagina. A me piaceva, e visto che non sono mai stato del tutto normale, andai a seguire il corso di Storia delle dottrine politiche perché c’era lei. Cioè, io cambiai piano di studi per andare a fare un esame in cui sapevo di poterla trovare e stabilire un contatto. A onore del vero, diciamo pure che faceva l’esonero prima di Natale, era facile, e il 18 brumaio di Luigi Bonaparte comunque non era male. Ciclicamente mi tiri fuori il fatto di quel giorno in cui passando su ai tavoli lei era seduta lì, mi salutò, e io ti dissi: ”E’ fatta Da’, è fatta!!”. Per me lo era, e avvolto nel mio maglione “rosso mattone” della Marlboro ne ero fermamente convinto. Poi però arrivo quel cazzo di Quattrodenari, così soprannominato dal sottoscritto perché per me tanto valeva. E proprio durante l’occasione dell’esonero, quando Alfredo scoprì di conoscere PF e Antonio invece cercava indicazioni stradali per andare a Piazza Bologna, capii che era uscita la sera prima con quel pupazzo. Quel giorno presi 30, feci l’inchino e me ne andai. Fermata nel frattempo mi chiamò da Trapani mentre aspettava l’altro volo per Pantelleria. Lì mi sono fregato, il contatto con Fermata mi bloccò soprattutto dopo la chat dell’8 dicembre. Io lì avrei dovuto agire con PF. Dopo era tardi, a marzo era già finitissima, nel senso che con Quattrodenari le cose erano ormai sulla buona strada. Le chiesi di uscire prendendo coraggio a due mani e lei mi disse che era impegnata. Fine dei giochi con lei, e un mese dopo con Fermata, di nuovo e in eterno. Marzo appunto, marzo 2009. E poi? Be poi ho prestato il quaderno della Ferrari con gli appunti di Storia della lingua italiana a una che in realtà mi era piaciuta subito, al primo giorno del corso di Pierangeli, quello che ci ha costretto a fare tu. Quella ragazza aveva il cerchietto e la coda e stava due file davanti a me e al Drastico dissi: “Mi piace quella Anto’…”. Alla fine mi ritrovai a fare un corso con lei, e lì mi sono dato da fare anche se aveva due cellulari e due anelli. Però, tornando a PF, se io mi fossi fomentato, tipo a novembre o inizio dicembre, come sarebbero andate le cose? Per me diversamente nel senso che Quattrodenari non sarebbe mai esistito. Ho questa sensazione, vabbè, volevo condividere con te questo lungo pensiero che ho fatto ieri prima di arrivare in ufficio.

Ah, dimenticavo…era un’altra cosa, altro fomento, altro clima. Bei tempi Gallo.

Questo è il nostro gioco

Leggevo una serie di tweets da parte di Pierluigi Pardo giorni fa, un prolungato elenco in cui ricordava alcuni momenti, suoi personali con l’hastag #questoeilnostrogioco. Ho preso la palla al balzo e allora ho deciso di farlo anche io, ma non twettando bensì scrivendo qualcosa sul blog. Senza punti e nemmeno pause, tutto di fila come le emozioni che generano questi ricordi.

Il Supersantos arancione, il Supertele a vento, il Tango un po’ più pesante, ciabatte infilate nella sabbia come pali di porte senza traverse, il cortile di mia nonna che era il mio stadio, partite che duravano ore e si riprendevano il giorno dopo, sguardo fisso sull’orologio in attesa delle 4 per scendere di sotto a giocare nella calura estiva, sfide in numero dispari in cui si mettono i più forti nella squadra con meno persone, l’orgoglio di sentirsi scelto per primo dal capitano di turno, “Er pallone è ‘r mio e faccio come me pare…”, ginocchia sbucciate, scarpe impolverate, mamme che chiamano dieci volte per avvertirti che la cena è pronta, “Tedesca” e il gol di spalletta, la traversa di ferro più bassa del portiere e il palo di legno della luce, il cross alla Beckham e lo stacco di testa alla Oliver Bierhoff, Subbuteo, la battaglie alla Playstation, la maglia con il 10 della Fiorucci, la formazione ripetuta a memoria 1994/95, l’album della Panini Calciatori comprato a fine dicembre, “Ce l’ho, ce l’ho, mi manca”, il diario di Bobo Vieri in terzo superiore e la foto di Zanetti sul quaderno alle medie, la maglia di Cantona comprata nel 1996 a ExpoTevere e quella dell’Aston Villa regalata da amici di famiglia, la scommessa vinta a sette anni sulla bandiera dell’Olanda, la maglietta dell’Inter originale tutti gli anni, il gol di punta a Enrico nel dicembre 2004 e la corsa folle per andare ad abbracciare Gabriele a bordo campo, sdraiarsi per terra ed infilare la gamba sotto una macchina per recuperare il pallone sporco di grasso nero, la domenica mattina a vedere la squadra del quartiere ma solo al secondo tempo così non si paga, la Gazzetta dello Sport a 1400 lire nel 1997, Novantesimo minuto condotto da Galeazzi e visto con mio papà alle 18.10 la domenica su Raiuno, Quelli che il Calcio con Fabio Fazio, Holly e Benji, il boato alla radio e la speranza di sentire subito dopo la voce del telecronista dire “Vantaggio dell’Inter”, il libro game di Carlo che provai a cercare ovunque nell’inverno del 1996, la foto con Berti appesa in camera e quella in braccio a Matthaeus, ma anche quella con Orlandini che decise i due derby di coppa Italia 1994/95, il Real Montebello, la mia maglia numero 6, Italia-Nigeria e Robi Baggio, il gol di Grosso alla Germania, Inter-Barcellona e la bolgia più grande che ricordo di aver mai sentito in vita mia, il 2-0 di Milito e la sensazione di essere a un passo dal paradiso ma anche dall’infarto, l’abbraccio con Alfredo nell’inferno di Piazza Duomo e la telefonata ai miei gridando “L’abbiamo vinta! L’abbiamo vinta! L’abbiamo riportata a casaaaaaaaa!!!”, le manette di Mou, i 30 minuti di pianto senza pause sul taxi ad Abu Dhabi per raggiungere lo stadio Al Zayed Sport City, la finale di Istanbul, il 3-3 allo scadere di Gerrard nella finale di FA Cup del 2006, la pelle d’oca la prima volta che ho sentito “You will never walk alone” allo stadio e l’emozione di toccare il “This is Anfield”, Pistone che mi firma il pallone durante il pranzo della Comunione e Totti che dice stronzo al cane perché non corre a prendere la pallina che gli ha appena tirato, Borghesiana, “Papa’, se vinciamo le prossime otto partite, vinciamo tutto…”, i derby dialettici con Vincenzo, “Mamma non ti muovere da lì che ha segnato Vieri, ora passi 40 minuti ferma vicino al termosifone”, gli scarpini della Lotto con il logo verde, i parastinchi della Umbro professionali con tanto di proteggi-caviglie di Alan Shearer regalati per il compleanno del 1995, le partite di calcetto il venerdì sera dalle 21 alle 22, il tricolore al balcone durante Mondiali e Europei, la seconda prova di maturità consegnata prima perché “Aho, fra un po’ gioca l’Italia e io qui tanto non ce capisco ‘n cazzo, vado, se vedemo domani…”, Bruno Pizzul, la foto con Moratti che per salutarmi mi dà un buffetto sul collo, la sciarpa messa sulla sedia la sera prima di partire, la prima volta allo stadio ed il cuore in gola finiti i gradini mentre scorgi il tappetto verde davanti a te, “Non chiedermi mai di scegliere se in contemporanea ci sono undici uomini vestiti di nerazzurro che corrono dietro ad un pallone”, San Siro con mia nonna e mia mamma, Telepiù e Sky, i mondiali su TMC, il blog di Settore, la sigla di Domenica Sprint appena finito il bagno della domenica, il Fantacalcio, l’arrivo di Ronaldo a Milano il 27 luglio 1997, le torri del Meazza e le targhe appese con i trofei vinti, la porticina azzurra comprata e montata sotto il tavolo di vetro in sala, la pallina di spugna per giocare dentro casa senza rompere nulla, le finali di Coppa di Francia giocate nel salone di mia nonna da solo scegliendo sempre il Le Havre, partite fra i palazzi ed in mezzo a macchine parcheggiate, il Granada, Goalunited, il Megadrive e Total Football, Abbiati che devia con il ginocchio il tiro di Kallon che ci porta a Manchester, leggere Inter News la sera prima di dormire e la mattina appena sveglio per sapere chissà cosa, le file al botteghino in cerca di un prezioso biglietto, la tessera clonata nei primi anni duemila per vedere Telepiù, il Processo di Biscardi, il gol segnato sul campo di terra a Sant’Atanasio da corner, la sciarpa dell’Aston Villa comprata sul lungomare di Alghero a dieci anni, disegnare le curve degli stadi, Febbre a 90°, l’angoscia del derby, il Valium preso alla fine del primo tempo di Parma-Inter 2008 e Siena-Inter 2010, lo svenimento rischiato al gol di Crespo a Brescia all’ultimo minuto nel sabato di Pasqua del 2003, la rimonta con lo Strasburgo, il gol nei supplementari di West a Gelsenkirchen, il megafono, “Per noi è un sogno, per loro è una obsessione. Noi vogliamo inseguire il nostro sogno…”, la sveglia all’alba per andare a prendere un volo Ryanair per Milano, l’albero di Natale con le palle nere e blu ed il presepe con i pupazzetti dei giocatori dell’Inter, il “Mi dispiace non posso venire, c’è la partita”, la radiolina accesa all’ultima ora del venerdì per sentire i sorteggi di Coppa a scuola, la tessera dell’Inter numero 007, 65 Euro per un biglietto di terzo anello verde, la soddisfazione infinita di vedere una volta nella vita sull’album Panini dopo la pagina dell’Inter non quella della Juve nel 2006/07, le attese, le lacrime e le gioie, la passione e le notti insonni pensando al giorno dopo, 24 ore vissute in funzione di 90 minuti, Wisla Cracovia –Inter alle 13,45 di Coppa Uefa un giovedì di autunno, “Preferisci andare a Euro Disney o a vedere la finale con lo Schalke 04 a Milano?” “A me de Topolino nun me ne frega niente…”, il Circo Massimo in festa nel 2006, la mia tesi su Hillsborough e l’orgoglio di metterla sotto il Memorial ad Anfield, potrei non finire più…ma QUESTO E’ IL NOSTRO GIOCO.

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Maggio 1991

WordPress mio, come sei complicato

Gia’ ho poco tempo, gia’ ho mille cose da fare, ci mancava soltanto questo passaggio a WordPress. Non ci capisco nulla, il pannello di controllo e le impostazioni non sono troppo facili e tanto meno intuitive. Non mi piace. Non si capisce come ripristinare le statistiche, il traffic feed e gli album, non riesco a mettere la colonna di Twitter, ci sto provando in diversi modi, ingegnandomi e cercando sul web ma non trovo soluzioni. Temo che dovro’ perderci un giorno intero per capire. Forse ci sono molto cose in piu’ rispetto a prima e non riesco a comprendere tutti gli strumenti e a sfruttare le potenzialita’ di questa nuova piattaforma. Non lo so, resta il fatto che il passaggio in questione mi sta urtando e non poco.

Per il resto, un’altra settimana sta per volgere al termine. Anche questa e’ stata piuttosto rapida, ma allo stesso tempo carica di cose e ricca di situazioni, positive e negative. Il mio pezzo su Auschwitz e’ stato pubblicato nell’ultimo numero e sono stato ben felice di notare come le modifiche e le correzioni siano sempre meno, nel frattempo invece ho iniziato a scrivere un pezzo relativo al Natale in Italia. Ho provato a essere imparziale, ma poi, di fondo, mi sono reso conto che stavo raccontando il mio Natale o comunque ho preso partcolarmente spunto dal modo in cui si vive questa festa a casa mia. Mancava soltanto che scrivessi che se il pranzo del 25 non si fa da me, mi girano mortalmente le palle e il Natale mi va per traverso.

Non mi va di parlare di Thohir, evito di esprimermi ancora su un proto-pseudo brivido avvenuto in settimana, continuo a essere perseguitato dalla fantasia di mangiarmi un pezzo di pizza bianca ed infarinarmi la faccia dopo tre bocconi. Il fine settimana e’ alle porte e sara’ l’ultimo che passero’ in quel di Crumlin, come gia’ anticipato, traslochero’ nuovamente a breve. Ormai faccio quello che fa il blog, e allora cambio casa anche io.

A testa alta, da sei anni

Sei anni. Oh sei anni non sono mica pochi! E’ quella eta’ che segna uno sbarramento fondamentale per qualunque persona: finisce l’asilo e si inizia ad andare a scuola. Basta giochi, arrivano i compiti. I primi impegni, un assaggio di vita.
Me lo ricordo il giorno in cui ho compiuto sei anni. Era sabato 6 marzo 1993, il compleanno pero’ lo festeggiammo l’indomani, di domenica. A un punto mi allontanai, sintonizzai Raitre e iniziai a vedere l’Inter con “Quelli che il calcio”. Pareggiamo a Bergamo 1-1, mi chiamarono per la torta ma infastidito risposi che tanto non potevo mangiarla e poi c’era l’Inter. Il mio compleanno non mi sembrava un valido motivo per non seguire la “Banda di Bagnoli”, una cosa che poi si e’ ripetuta negli anni a venire: 2005 (i miei 18 anni) e nel 2011.
Sei anni si diceva. Sei anni che hanno segnato un passaggio notevole, sei anni vissuti nella decade dei venti. Attraverso l’universita’, i viaggi, i brividi, le prime esperienze lavorative e quelle all’estero. Caro blog hai raccontato tanto, quasi tutto.
Vieni da un anno controverso ma ricco e intenso. Sei stato censurato, ti ho censurato, ti ho reso privato, non ho scritto per la prima volta per un lungo periodo (un mese) hai in compenso fatto il pieno di visite e commenti. Mai come in questi ultimi dodici mesi. Sei diventato piu’ multimediale, piu’ social, filotwitteriano, piu’ colorato, e fra due giorni cambierai completamente pelle. Infatti Virgilio ha deciso che tutti i blog traslocheranno su Worpress, una nuova casa, un compleanno che preannuncia un cambio epocale.
Hai detto tutto quello che potevi caro blog, forse anche di piu’, a volte invece di meno. Ma non ti vergogni e non devi nascondere nulla, questa e’ la cosa che ha piu’ valore. Rispecchi il sottoscritto ed e’ giusto cosi, e’ corretto e coerente che ci sia questa sinergia.
Continuo a pensare che non sei male, anzi, hai il tuo fascino. Piu’ invecchi e piu’ migliori e non perche’ sei un vino, ma perche’ continui a essere vivo, a raccogliere storie, a conservare pezzi di vita. Stupidi, banali, intensi, belli, insomma sei un recipiente di tutto rispetto. Una banca dati che con il trascorrere del tempo assume sempre piu’ valore.
Sei anni di storia, sei anni come un vero diario on-line, presente e puntuale, alla faccia di Facebook e di chi aggiorna il resto del mondo in maniera sgrammaticata, confusa e senza costanza.
Ci sei, sei qui e vai avanti in questo modo. Anche quando dicono che sei un “cazzo di blog”, anche quando ti controllano, anche quando ti usano.

L’importante e’ esserci, sempre.

A testa alta, da sei anni.