Le mie storie mondiali (Parte 4)

La storia è molto semplice: a me i mondiali giocati fuori dall’Europa non piacciono molto. Se poi si disputano in Africa, con un clima non estivo e con la certezza di non vincerli per tanti motivi, il mio solito entusiasmo da coppa del mondo non si alimenta troppo.

Non ho un bel ricordo di Sudafrica 2010, in primis perché giocare e sapere di non poter vincere avendo sollevato già la coppa nel 2006 è tempo perso, ma soprattutto perché ero reduce dal mese di maggio più emozionante, stancante, coinvolgente, pazzesco, unico, inavvicinabile, stressante, drammatico (potrei proseguire all’infinito) di sempre. Vincere tutto in 17 giorni e innalzarsi sul gradino più alto di ogni competizione mi aveva prosciugato completamente, un mese che in parte spero di non rivivere mai più in vita mia per l’ansia che provai. Arrivai alla rassegna mondiale svuotato, con poco interesse per il calcio in generale. L’esordio con il Paraguay fu a casa Falcone, lì avevo visto Grosso infilare Barthez e lì tornammo per una nuova avventura. Con la Nuova Zelanda la guardai a casa mia, mentre la partita decisiva e di una tristezza immane contro la Slovacchia la seguii da una camera di albergo di Vienna mentre ero in vacanza con i miei. Per la prima volta provai la sensazione di essere italiano all’estero con la Nazionale in campo e l’amarezza fu comunque tanta, malgrado una squadra senza senso e con poche chance. Terminò male, molto prima del previsto e con una ingloriosa fine del redivivo Lippi.

 

E ora invece? Finalmente ci siamo, poche ore e saremo nuovamente testimoni di un altro pezzo di storia che si consumerà in un mese, un’altra avventura che fra decenni ricorderemo ancora, speriamo con qualche bella emozione e parecchi sorrisi. Sono moderatamente ottimista, l’Italia non fallisce mai due mondiali di fila e credo che l’obiettivo di arrivare almeno ai quarti sia alla nostra portata. Dispiace pensare che sono quattro anni che aspettiamo questo momento e tutto pare già deciso, sembra che tutti siano in Brasile per fare da sparring-partner al successo dei verde-oro, tutti in attesa di vederli vincere. Mi auguro non succeda perché non esiste nulla di più triste di una emozione spenta, di una fiamma bagnata prima di essere accesa. Dall’altra parte, siamo già tutti CT, 60 milioni di allenatori, tutti pronti a sparare su Prandelli che personalmente non mi ha convinto su alcune scelte ma che sosterrò fino in fondo. Tifiamo Italia, imbandieriamo i nostri balconi, stringiamoci e crediamoci. Solo durante Europei e Mondiali abbiamo il coraggio di esporre il nostro tricolore, come se fosse normale, come se fosse l’unica occasione giusta, un qualcosa che viviamo quasi come un obbligo morale. Non tollero chi non tifa Italia, detesto chi tifa contro e chi fa discorsi beceri sull’appartenenza di chi scende in campo, la Nazionale è la Nazionale, è di tutti, certe polemiche sono francamente insulse. E poi, io quando sento l’inno, vedo la nostra bandiera e delle maglia azzurre, non riesco a non tifare per quei ragazzi che hanno le facce delle persone che potrei incontrare camminando per strada. Loro sono noi, e allora, coraggio azzurri.

Buon Mondiale, godiamocelo.

 

P.S. E’ il post numero 900, cominciano ad essere veramente tanti…