17 novembre 2015: la storia continua

Gennaio. Ho 6 anni.

Esco prima io, poi mia nonna chiude la porta di casa. Fa freddo, mi copro per bene, il rischio di ammalarmi in questo periodo per me è troppo elevato per non prestare attenzione a ogni minimo dettaglio. Nonostante questo, lei sostiene che imbacuccarmi tutto, o vestirmi come un palombaro non abbia senso, anzi è forse più rischioso. Forse ha ragione lei. Intanto mi tiene per mano, cammino sui sassi del cortile e andiamo verso scuola. Giriamo subito a destra, e poi tutta una salita fino all’ingresso. L’edificio è l’ultimo giù in fondo, per arrivarci dobbiamo passare in mezzo al campo da basket e poi costeggiare quello da calcio, è grande, di terra e ci si gioca in undici. Per me è come uno stadio. Ho la riga da una parte malgrado i capelli non stiano in quel verso ma a casa si ostinano a metterceli. A loro va bene così, a me cambia poco. Si entra a scuola, la prima elementare è sempre un anno speciale e io ho il grembiule blu con il colletto bianco più bello di tutti.

Febbraio. Ho 9 anni.

Chiudo la porta di casa per recarmi in palestra. Dopo un anno di pausa ho ricominciato ad andarci, vado alla Junior 88, i giorni dispari alle 16 sono lì, il giovedì facciamo tempo pieno a scuola e alle 17 ho catechismo. Il martedì invece mi riposo e guardo i ragazzi della 3C in replica su Italia Uno intorno le 18. La raccolta delle figurine va bene, a giugno ci saranno anche gli Europei, quelli del 1992 non li ricordo troppo, mente i mondiali americani di due anni fa li ho stampati drammaticamente nella mia anima. Andremo al mare ancora a Torvajanica, per il settimo anno di fila questa estate, per la prima volta sarà solo per due settimane, le ultime due giugno.

D’altra parte, la terza elementare è importante e non si possono più saltare gli ultimi giorni di scuola.

Marzo. Ho 13 anni.

Chiudo la porta di casa per uscire con i miei compagni di scuola, vedrò Andrea, l’appuntamento è al solito posto alla solita ora. Fra poche settimane andremo in gita all’Isola d’Elba, la prima gita fuori di casa, due notti tutti insieme. Chissà cosa succederà. A me piace Veronica che però è fidanzata con Emiliano. Ovviamente sarei molto meglio io, ma questo lo confido a pochi pur essendone particolarmente convinto. È stato da poco il mio compleanno. Tutto sembra andare per il verso giusto. Gioco a calcio, indosso il mio numero 6, l’unico guaio è che Vieri continua a stirarsi alla coscia.

Aprile. Ho 15 anni.

Chiudo la porta di casa per andare a scuola. Il liceo non mi piace, il primo anno è quasi finito ma dopo diversi mesi continua a non piacermi nulla. Sono un corpo estraneo a tutto questo nuovo mondo onestamente per niente esaltante. Spero finisca presto, il secondo anno sarà meglio. Almeno spero. Poche volte in vita mia, forse mai, mi sono sentito così alienato in un luogo in cui vado oltretutto ogni giorno. Mi fa tutto abbastanza cagare, ma non vedo alternative per migliorare questa sensazione, questo fastidio che mi abita dentro.

Forse vinciamo lo scudetto. Almeno quello. L’ultima giornata giochiamo a Roma con la Lazio, vincerlo a casa mia sarebbe magnifico. La data è il 5 maggio.

Maggio. Ho 19 anni.

Chiudo la porta di casa mentre rientro da scuola. Manca poco, il momento della maturità è quasi arrivato ma l’appuntamento mi tocca molto poco. Sono sereno, almeno per questo discorso. Il mondiale ed Elena della 3°A mi coinvolgono di più. Il resto sono chiacchiere. Porto la macchina, vado in giro, mi sento molto più padrone di quanto dovrei. Sento che si sta per chiudere una fase della mia vita, un periodo tutt’altro che entusiasmante, una nuova parentesi mi attende e sto per cambiare vita veramente. Dopo tanti anni.

Giugno. Ho 21 anni.

Chiudo la porta per andare a Tor Vergata. Non devo fare nulla ma dopo che Fermata verbalizzerà il suo esame andremo con il suo ragazzo e la coinquilina all’Hydromania. Lui mi sta sui coglioni, lei mi piace e malgrado questo impedimento mi sono infilato in un tunnel che non so dove mi porterà. Forse da nessuna parte. Sicuramente da nessuna parte.  Il secondo anno d’università è quasi finito. Il prossimo anno accademico dovrà essere quello della svolta. Inevitabilmente.

Luglio. Ho 23 anni.

Chiudo la porta di casa e salgo in macchina. Sto andando alla festa di laurea della Bionda. Sono campione di tutto da alcune settimane e l’effetto ancora non mi è passato. È un anno diverso, speciale. L’ho capito, l’ho sentito passo dopo passo nell’aria e in fondo lo percepisci quando il corso degli eventi ti sta spingendo, quando il vento soffia dalla tua parte. La Bionda mi terrà il gioco, Antonio anche, nonostante questo mi catechizza da bravo (e vero) amico e mi dice appena arrivato: “Regà ma che cazzo state a ffa?”. Quello che ci sentiamo, penso.

Dormiremo insieme stanotte, tutto il resto non conta. Lo penso anche quando ci chiudiamo la porta alle spalle e le due sono da poco passate.

Agosto. Ho 24 anni.

Chiudo la porta di un ufficio di un palazzone a vetri su Viale Regina Margherita. Sono andato a ritirare il visto per la Cina. Fra un mese sarò dall’altra parte del mondo e riabbraccerò Gabriele dopo sei mesi. Mi chiamano dall’ufficio eventi mentre cerco di guadagnare uno spazio umano sull’autobus. A breve ricomincerò a studiare, lo farò dopo Ferragosto, all’indomani dell’abbuffata che ci attende nel centro di Spoleto. Studio per l’ultimo esame, ossia Storia della Gran Bretagna, ma il testo mi servirà anche per la tesi, il carro da parata per la passerella finale a Tor Vergata è pronto. L’estate è stata piuttosto e inaspettatamente turbolenta, ma le cose si stanno ricomponendo. Fortunatamente.

Settembre. Ho 25 anni.

Chiudo la porta di casa mentre mio papà chiama l’ascensore. Siamo tornati da Parigi da poco ma stiamo ripartendo per Budapest. Poi ci sarà da trovare qualcosa. Lo stage è finito ad agosto, ma sono stranamente fiducioso e ottimista. Di certo ho avuto la conferma di quello che voglio fare nella vita come mestiere e per quello mi adopererò. Sembra tutto andare nel verso giusto. Sembra. Sì perché quando varcheremo la soglia di casa 4 giorni dopo e ci chiuderemo la porta alle spalle di nuovo, sarà l’inizio della fine, o comunque inizierà tutta un’altra storia. Peggiore.

Ottobre. Ho 26 anni.

Chiudo il portone di legno della redazione e mi incammino verso Appian Way, da lì poi prenderò la LUAS per Ranelagh e scenderò a Dundrum. Vado da Giorgia a cena. Sto facendo questo stage, è una bella cosa certo, ma ho la sensazione che troppe situazione grandi tutte insieme non sia ancora pronto a gestirle in maniera adatta. Lo penso perché ne ho avuto già la riprova. Ormai però sono a Dublino, ancora una volta dopo alcuni mesi e tanto è cambiato dall’ultima volta che avevo lasciato Ballymoss Road. È dura, molto dura, ma arriverò fino in fondo. Me lo dico prima che l’altoparlante della LUAS mi avverte che è ora di scendere.

Novembre. Ho 28 anni.

Mi chiudo la porta di un’altra redazione alle spalle, ma questa sta a Toronto e non in Irlanda. Ho registrato e montato il programma per oggi. È 17 novembre e questo blog festeggia i suoi 8 anni. Ha raccontato molte delle storie citate sopra, tutto il possibile nei limiti della decenza e della privacy di questo scorcio di vita, dal 2007 a oggi. Forse viene dall’anno più ricco dal punto di vista dei fatti e dei temi, forse, penso, ha smarrito qualche vibrazione ma rimane sempre vivo, irrinunciabile e libero, banca dati infinita e scrigno di ricordi.

17 novembre 2015, la storia continua… 

Liberamente ispirato ad un post di Alberto Sorge

17 novembre 2015: la storia continuaultima modifica: 2015-11-16T21:10:37+01:00da matteociofi
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