I 5 grandi momenti di questo 2015

Considerando che è umanamente impossibile fare un bilancio di questo 2015, partendo dal fatto che riassumerlo non è fattibile e che un post anche lungo non sarebbe mai in grado di delineare tutto in maniera esaustiva, ho deciso di scrivere l’ultimo articolo dell’anno con una idea diversa, soffermandomi sui 5 momenti top dell’anno, su quelle 5 cose che rimarranno lì, su un livello diverso. Ho deciso così di fare questo elenco, senza un ordine di importanza e nemmeno uno cronologico, non sarebbe giusto dare più valore ad una cosa piuttosto che ad una altra, è bene invece racchiudere tutto il bello di questo anno, le emozioni vere. E sono sicuro che spiazzerò tutti, ma d’altra parte, per me le cose belle di questo 2015 sono state le seguenti:

 

Campovolo, concerto di Ligabue. Mi sconfesso subito, ma voglio fare uno strappo alla regola, nel senso che questo rimane il momento più bello ed esaltante dell’anno che sta per terminare. Questo trionfa su tutti gli altri per troppe ragioni. Dopo 5 anni un altro concerto, non all’Olimpico ma nella distesa infinita di Campovolo, per celebrare i 25 anni di Ligabue, a casa sua. Io e David, solo noi due, un evento nato mesi prima, con una mia proposta, resa speciale dalla concomitanza del concerto con il compleanno del Catto fiuggino. Quella sera, quell’atmosfera, quelle canzoni nello specifico, ossia i pezzi storici di Ligabue, il viaggio in treno, troppe cose tutte insieme, rimarranno il brivido più grande anticipato dalla sera precedente in cui ricordo di aver toccato il mio apice di fomento, un fomento tale che non riuscivo a dormire. Bello, bellissimo, meraviglioso.

 

Il testimone. Mentre recuperavo dalla mia operazione di settembre, un pomeriggio Antonio e La Bionda sono venuti a salutarmi, e quando il discorso si è spostato casualmente su coppie e matrimonio, senza un pizzico di spaesamento ho appreso che La Bionda aveva deciso che io sarei stato il suo testimone, l’unico suo testimone. Brivido. Ma uno di quelli grossi. Una nomina esaltante, un incarico che per me ha un valore inestimabile, perché so tutto quello che c’è dietro. Rimane un momento di rara esaltazione, e ogni volta che ci penso, non vedo l’ora. Sarò il miglior testimone possibile, presente, affidabile, schierato. Un perfetto capitano, verso un traguardo così importante da condividere con quelle persone a cui voglio bene davvero. Bionda, non ti deluderò, anzi grazie ancora, di cuore.

 

L’incontro con il Papa. Aver raccontato il Sinodo dall’interno oltre ad un grande privilegio e una notevole fatica, mi ha regalato anche la rara possibilità di vedere il Papa costantemente, fino al momento di condividere con lui una udienza privata speciale di 25 minuti. Un momento che sarà impossibile da dimenticare per le sensazioni che ha suscitato, la capacità inattesa di questo uomo di mettere tutti a proprio agio, le sue battute, il suo modo di fare inevitabilmente magnetico. La preghiera finale, tutti insieme, intorno a un tavolo, quel momento di raccoglimento resta indubbiamente qualcosa di impagabile.

 

A volte ritornano, a Toronto. Ventidue mesi dopo Istanbul, ci siamo rincontrati a Toronto. Io e Giorgia. Inatteso e quindi ancor più piacevole e bello, questo brivido di inizio novembre entra di diritto nella top five. Per le sensazioni, per la sorpresa, per aver voltato una pagina, per tanti altri piccoli e grandi motivi, dei due mesi a “Toronto Atto II”, rimane la cosa che ricordo con maggior entusiasmo e piacere. Come tutte i brividi inattesi, le sensazioni che si generano sono sempre affascinanti.

 

 “Andiamo dal Catto, dai!”. Capita anche che una sera di luglio mentre sono quasi le due e ti giri nel letto per prendere sonno combattendo l’afa romana, ti arrivi una telefonata di Alfredo che ti dice di andare a Fiuggi, a trovare il nostro beniamino. Un’ora e mezza dopo eravamo in Ciociaria, per una sorpresa imprevista, quelle serate in cui si condensa follia e spirito goliardico, quei momenti in cui non puoi dire di no. “Andiamo Duomo, andiamo dal Catto dai. Mi vesto e scendo!”

Per il Catto, questo e altro.

 

È stato un anno “periodizzante” come avevo facilmente previsto, un anno che rimarrà unico nella mia personale storia. Lungo, lunghissimo, pieno di cose, con la sfera emotiva carica come non mai. È stato una anno molto difficile, ma dal quale bisogna trarre anche tanta consapevolezza. Strani e difficili come il 2015 ne potranno ancora capitare di anni, certo, ma saranno sempre dei numeri successivi a questo, che come detto, rimane uno sbarramento troppo grande in generale. Non so cosa aspettarmi da questo 2016, so per certo, per forza di cose, che dovrà essere un pochino meno difficile, fra i miei propositi ci sono 5 punti chiave: godermela di più, fregarmene di meno, dormire di più, viaggiare di meno e tornare a fare sistematicamente sport..

Che possa essere un bel 2016, auguri.

Frase dell’anno

“If you’re going through hell, keep going”.

Winston Churchill

Foto dell’anno

 

 

 

Aggiornamenti di Natale

Il pomeriggio di Santo Stefano corre un attimo in soccorso per farci rifiatare a tutti quanti dopo la maratona: cena del 24, pranzo del 25 e cena sempre del 25.

Riordino le idee visto che jetlag e fuso orario sono discorsi ancora lontani dalla soluzione. Sono tornato a Roma, il viaggio è andato benissimo pur non avendo dormito un minuto come al solito e Fiumicino mi ha accolto con un tiepido ed immancabile sole.

Riposino pomeridiano di tre ore e poi via per cena con Alfredo, Antonio, La Bionda e Fabi, dopo invece coda notturna con Gabriele che sono andato a prelevare dall’altra parte di Roma. Le prime due serate le ho vissute con gli orari del Canada, a dormire alle 5 e sveglia intorno l’ora di pranzo, a parte ieri mattina che mi sono alzato inspiegabilmente alle 8, pagando poi le poche ore di sonno nel pomeriggio.

Comunque sia, il 24 come al solito è stata un serata di ricognizione per me, un warm up mentre guardavo gli altri mangiarsi tutto il pesce delle acque mondiali. Fortunatamente mi sono portato a casa una agenda, un maglione, una camicia di Lambert, una cravatta, un po’ di soldi e un pigiama.

Ieri dai 13 della sera precedente siamo diventati 18 e poi 19, con la sorpresa di Antonio che è sbucato dal nulla. Pranzo di tutto altro lignaggio per quanto mi riguarda, stesso discorso per la cena. Male invece sotto il punto di vista delle carte. La Christmas Call da Woodbridge mi ha salvato da una tombola, mentre il resto della serata l’ho trascorso a pagare. Niente, primi round di carte altamente insufficiente fra 31, cucù e Mercante in fiera.

Ieri sera all’una mi sono addormentato, oggi pausa all’ora di pranzo in cui mi sono finito i cannelloni di ieri, ma il tavolo in veranda è già pronto per la sessione serale, altre 14 persone sono pronte ad arrivare, e la tovaglia è girata sul lato verde, quello da gioco.

Avanti!

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Fateme tornà

Poche ore ancora e poi sarà Roma nuovamente. E aggiungo anche finalmente. Come a luglio un volo notturno mi riporterà dall’altra parte dell’Atlantico per riabbracciare un po’ tutti e vivere questo Natale a casa e in famiglia.

Sapevo che tornare qui per questi due mesi sarebbe stato difficile, sapevo che sarebbe stato un segmento ulteriore di fatica e lavoro ma dopo l’ultima febbrile e fastidiosa settimana, il traguardo è veramente qui, a un metro.

Sono contento che tutto sia finito, sono felice di tornare a casa e vivo tutto questo con un entusiasmo diverso. È tornato Alfredo, è appena sbarcato Gabriele, io sto per arrivare, in qualche modo ci sarà tempo per un’altra mini band reunion nonostante la sanguinosa defezione del Catto.

Arrivo al capolinea di questo anno, lavorativo e non solo, con la necessità di un break. Non penso che mi capiterà nuovamente in vita mia di lavorare undici mesi di fila senza un giorno di vacanza, se non quello preso il primo dicembre per il disastroso e faticoso trasloco.

Un anno così mi ha certamente fiaccato e il mio essere ormai in perenne modalità “polemica” non credo sia una coincidenza. Al lavoro gli ultimi giorni non sono stati semplici per diversi motivi, oltre alla mole di cose da fare, ci sono state delle dinamiche, delle conversazioni e discussioni piuttosto fastidiose, situazioni che verranno riprese più avanti, inevitabilmente, fatti per così dire spiacevoli che però utilizzerò per far passare un messaggio chiaro, che a questo punto diventa necessario.

Ritorno con la contentezza di chi sa che per 10 giorni si libererà da una serie di pesi e fastidi, torno con la felicità di sentirmi a casa, di sentire il profumo di casa nella sua vesta migliore quella delle feste. Sarà bello riabbracciare tutti, sarà brutto farlo praticamente subito dopo per un altro arrivederci che questa volta sarà molto lungo, di certo più lungo degli ultimi.

La valigia è pronta, per una volta ho preparato un bagaglio al contrario, ossia togliendo delle cose dal trolley anziché metterle dentro. Nella valigia ci sarà il computer, due regali, e due palle di Natale. Stop. D’altra parte vado a casa mia e al massimo mi ripoterò qui qualcosa per ampliare un attimo il mio guardaroba.

Il fastidio dell’ultima settimana, insieme al malessere degli ultimi tempi, stanno lasciando spazio all’entusiasmo che impone ogni ritorno. Il fatto che io abbia già deciso di volere andare a comprare i botti di capodanno come prima cosa mi dà un’idea chiara, un segnale estremamente positivo. Tornerò e la sera vedrò subito buona parte degli amici in un paio di round, a cena, e successivamente. Sarà un rientro lampo, è vero, così rapido che il pomeriggio del primo gennaio sarò già qui, e verosimilmente non potrò godermi nemmeno il 31 sera. Ma ora non è tempo di pensare a questo, ne al lavoro e ne a tutto il resto, non c’è tempo e modo per farsi influenzare da problemi e discorsi che possono generare anche un minimo di fastidio.

Spero per una volta di essere in grado di godermi qualcosa, me lo auguro, sarebbe il più grande regalo di Natale che potrei fare a me stesso, soprattutto ora, ed in particolare perché so quanto ne ho bisogno.

Anche perché, puoi essere stato in tutti i posti del mondo, anche nei più belli, ma a un certo punto hai voglia solo di tornare a casa. A casa tua.

Andiamo, che è il momento.

L’ennesimo 16 dicembre nella “Matteo-Story”

“Io pronostico che starò a Roma comunque, ho questa sensazione, ma la differenza consisterà in quello che sarà successo nel frattempo”.

(16/12/2014)

Sì, la previsione è stata sbagliata. Lo ammetto, ma bisogna anche contestualizzare un attimo il fatto, ossia tre giorni prima avevo appreso che nel giro di alcune settimane sarei partito per il Canada, non sapevo nulla di quello che mi attendeva e pensare che dopo praticamente un anno sarei stato a casa non era nemmeno una possibilità così astrusa.

Tuttavia, il fatidico e immancabile 16 dicembre è arrivato e quindi è bene raccontare e parlare di questa giornata che negli ultimi anni in maniera del tutto casuale è diventato il mio 31 agosto o 31 dicembre, insomma quelle date in cui tiri la linea e prima di farlo puoi lasciarti andare a commenti e paragoni.

Sto in Canada ancora, o meglio ci sono tornato dopo l’interregno romano semi-estivo e fra 5 giorni ripartirò alla volta di casa. Siamo alle battute conclusive di un anno interminabile che però volge, finalmente aggiungo io, alla fine.

Il mio 16 dicembre è stato quindi al lavoro, in redazione, a sistemare le ultime cose di una settimana febbrile essendo di fatto l’ultima lavorativa dell’anno. Non nevica, non fa freddo, in casa sono vestito come se fosse luglio. Ho mandato una lunga mail alla Bionda, come spesso accade, un papiro in cui senza mezzi termini esprimevo tutto il mio malessere e facevo un sunto di questo 2015.

Alle 7 Sono andato da Canadian Tire ancora una volta per le tende per casa e mentre mi aggiravo per gli scaffali, mi sono imbattuto in una serie di quadretti. Uno di questi, lungo e scuro, recitava la frase “The best is yet to come” il meglio deve ancora venire.

Inevitabilmente il mio occhio è caduto sulla scritta, l’ho preso, l’ho guardato, me lo sono passato di mano in mano e poi, mentre sognavo di avere il Catto al mio fianco che con occhio diffidente mi scrutava, l’ho posato e mi sono detto a mezza bocca “Ma ‘n se pijamo per culo dai…”

Ma sì, alla faccia di Ligabue, del quadro e di tutto il resto, non mi sono lasciato trascinare dalla frase fatta, ho pensato a quel 16 dicembre e mi sono ribadito che lì il meglio doveva ancora venire, lì stava per succedere e non lo sapevo e ne tanto meno lo potevo immaginare. L’anno perfetto capita una volta nella vita, per cui il meglio in tal senso c’è già stato, di certo il meglio del meglio, così per marcare magari un confine più evidente.

Quello del 2009 rimane il miglior 16 dicembre seguito a mezzo centimetro da quello del 2010, ossia quello successivo. Il peggiore rimane quello del 2012, questo naviga a metà classifica, di certo non sta sul podio.

E il prossimo? La domanda alla fine di questo post con questa data è sempre la stessa. Visto che è bene tentare e non nascondersi, come al solito dico la mia in maniera decisa. Io dico che il prossimo sto a Roma, e se non dovesse essere così, sarò in dirittura d’arrivo, preparando tutti i bagagli per lasciare definitivamente questo paese.

Motivi e spiegazione le ho già sviscerate sufficientemente qualche post fa, ma oggi 16 dicembre 2015, dal quinto piano di questo condominio che guarda downtown, mi sento di dire solo questo con una discreta convinzione.