L’ultima pedalata

Alla fine le cose migliori sono spesso frutto della spontaneità o del caso. Ci pensavo mentre pedalavo lungo lago mercoledì sera, nell’ultima – e forse unica – passeggiata ciclistica di questa stagione.

Dovevo andare al bar, ma a causa del tempo, tutto è saltato. Sono andato a portare un po’ di vestiti che ho scartato in un posto e poi, considerando che non sembrava esserci nessuna tempesta in arrivo, ho deciso di puntare verso sud e di allungare il tragitto con la bici. Da Parlament fino al lago e poi avanti, costeggiando la pista ciclabile che divide i grattacieli dall’acqua.

Proprio mentre pedalavo, e guardavo la città da un’altra prospettiva, ho pensato che fosse una immagine perfetta, molto cinematografica, per chiudere un racconto, prima che la voce del protagonista prenda il sopravvento ed arrivino i titoli di coda.

La pedalata mi ha portato davanti a diversi luoghi, angoli della città che mi hanno rispolverato ricordi divertenti, profondi o assurdi. Dalla pazza indigena con il cane, ai dolori del giovane Werther attualizzati nel weekend del Victoria’s Day di due anni fa, ai giri da turista nel luglio del 2015, o alle volte in cui ho preso il battello per andare nel mio posto preferito di Toronto, l’isola, così come la birra dopo la settimana infinita dalla GMG con la Ragazza di Richemont lo scorso luglio.

Ho pedalato tanto, assaporando questo momento imprevisto, ho pensato a quale colonna sonora poteva essere adatta ma non mi è venuto nulla in mente. Ho riflettuto ancora, come è successo spesso, su questi due anni e mezzo qui, su quante cose siano successe, su quanto sia cambiato, ma soprattutto migliorato come persona. Per me, almeno, è così. Vado via da qui in pace con me stesso sotto ogni aspetto e senza nessun rimpianto, l’unico è quello di non aver giocato mai a basket qui, considerando il numero esagerato di campetti e canestri.

Sono stati anni lunghi e complicati, e per questo preziosi. Senza le tante difficoltà in cui sono incappato, oggi, tutto questo non potrebbe avere lo stesso valore. È stato un crescendo di responsabilità, di lavoro e convinzioni, e indubbiamente sono stati gli anni che mi hanno traghettato da una fase, quella di ragazzo, ad un’altra, quella dell’età adulta.

Diventiamo adulti quando il numero delle responsabilità aumenta, quando ogni decisione spetta a noi e quando siamo autonomi. La maturità, mediamente è conseguenza di tutto questo e qui in Canada tali aspetti si sono compiuti un passo alla volta.

Tante volte ho detto di essere una persona fortunata e privilegiata, tornare a Roma con tutto quello che potevo in tasca è un grande successo ma è costato anche molto e so bene ogni sacrificio e ogni problema che mi sono dovuto sobbarcare. So benissimo la fatica che ho fatto.

Cinquanta minuti dopo, la pedalata era finita, la città iniziava ad illuminarsi sul serio e le nuvole lasciavano lo spazio alla notte.

Toronto mandava in archivio un normale mercoledì di mezza estate, per me invece era l’ultimo vero giro della città: amata, odiata, sottovalutata, spesso non compresa, ma sempre ringraziata.

Random (Parte II)

Per diverse settimane ho traccheggiato nel comprare la bici. Sì, perché quando le cose girano in una maniera, il timore della beffa è sempre drammaticamente dietro l’angolo. Non mi attanaglierà mai questa sensazione, ma nel caso specifico la storia della bici per me aveva un motivo specifico, uno choc d’infanzia.

Nell’estate del 1991 a Torvajanica mi rubarono una bicicletta nuova di zecca. Era perfetta, la mia primi vera mountain-bike con tanto di rotelle, nera-azzurra, nella mia mente è ancora lì, luccicante, pronta per essere guidata ma mi venne fregata nell’ascensore in una dinamica che dopo anni, io e mia nonna, ancora non ci siamo riusciti a spiegare.

Rubate una bici appena comprata ad un bambino di 4 anni e immaginate cosa possa scatenargli. Di sicuro fu il mio primo contatto con il fatto che il mondo è anche pieno di gente di merda. A me quello choc, come quello di tre anni dopo, la finale persa a Pasadena col Brasile, non mi hanno mai abbandonato totalmente. Ognuno di noi ha qualcosa di atavico e di drammatico che si porta dietro dall’infanzia, quella fase in cui siamo segnati a vita da episodi più o meno rilevanti.

Io in fondo vivo ancora quel timore e quella delusione. Dovessero rubarmi la bicicletta qui a Toronto, impazzirei, potrei ammazzare qualcuno a mani nude in un attimo È custodita in casa, quindi il rischio si riduce notevolmente, ma parcheggiarla magari vicino la spiaggia e non ritrovarla due ore più tardi, mi renderebbe Orlando dopo aver visto il letto in cui Angelica e Medoro hanno passato la prima notte di nozze.

Ricordo dopo essermi comprato la macchina nell’ottobre del 2006, la mia prima ed unica auto, che la prima cosa che facevo la mattina appena sveglio era andare subito in veranda e controllare se stava al suo posto. La sera la parcheggiavo in modo che fosse visibile dalla finestra, una notte d’estate invece ricordo di aver scavalcato dalla finestra della mia camera (cosa tutt’altro che agevole) per fiondarmi sul balcone e controllare se l’antifurto che suonava era della mia Seicento.

Non è fobia, è quello choc mescolato al fatto di essere profondamente possessivo dei miei oggetti, come buona parte dei figli unici che non hanno mai dovuto condividere niente con nessun altro.

Da alcuni giorni ho una serie di voglie particolari: fermarmi all’autogrill, andare a vedere una partita dell’Inter soprattutto in trasferta, andare a pesca con mio padre e sparare un botto, ma una cosa tipo un bel petardone, una roba in grado di fare tanto rumore. Non so invece perché giorni fa mi è tornato in mente un ricordo del liceo, quei sabato pomeriggio passati dopo pranzo in veranda a ricopiare le tavole per Disegno attaccato alla finestra da cui entrava il sole. Di solito i disegni che ricalcavo erano di Giulia e Donatella, io mi mettevo la Premier League in sottofondo e copiavo come un assatanato, uccellando il sistema e il professore di turno, in un gesto intriso di poesia e romanticismo.

 

Comunque sia, di questo anno ricorderò diverse cose, come il 7 aprile, i rifiuti, i no per ogni cosa, questo senso di perenne incazzatura e l’amarezza di non essere stato a Cracovia a raccontare live un evento che molto probabilmente non mi ricapiterà mai più in vita.

Tanti frammenti, in qualche modo uniti fra loro, costanti e novità, ma anche grandi classici come essere ossessionato dal ricordo di una persona, dal sognarmela ripetutamente, 2 volte negli ultimi 5 giorni non è male ad esempio.

Morirò di sonno o schiacciato da questa ossessione presumo, ma meglio questa che quella di non aver visto l’Inter vincere la Coppa dei Campioni a sto punto.

Ma vabbè, la cosa più importante è che sono il testimone della sposa e che è iniziato l’ultimo quadrimestre, quello in cui a scuola andavo sempre meglio.

Tanto per scrivere una cosa

Non è che non sto scrivendo, è che a dire il vero non ho molto da dire, se non che le settimane corrono in modo surreale, forse anche perché la GMG sta per cominciare e come qualcuno ha giustamente sentenziato “Queste sono le nostre Olimpiadi”.

Onestamente, dopo aver vissuto lo scorso Sinodo, 26 giorni di lavoro senza pause nulla può spaventarmi. Non sarò a Cracovia (e la cosa non mi addolora più di tanto per diverse ragioni, in primis una transvolata intercontinentale in meno) ma coprirò tutto da qui, ogni giorno dallo studio lavorando invece nel pomeriggio al coordinamento per lo show in inglese che andrà in onda alle 19.00

Posso dire che è una bella estate calda e che non ha davvero nulla da invidiare a quelle romane, ho deciso di comprarmi la bicicletta perché devo smetterla di coprire distanze paranormali a piedi come nulla fosse, e questa cosa mi esalta come un bambino di inizio Anni 90 in attesa di una BMX.

La spiaggia il weekend, il venerdì rigorosamente lo stesso bar, e poi il barbecue, il Canada è una monarchia parlamentare fondata sul barbecue per chi non lo sapesse, tutto è in funzione di quello, al punto che a volte penso “Sì, vabbè, ma vuoi mette un bel piatto di pasta?”.

In tutto questo, come spesso accade, gli ultimi giorni hanno portato una carrellata di notizie tutte in rapida successione: chi si sposa, chi si è sposato, chi lo farà a maggio prossimo e fra tre mesi, o chi è diventato papà per la seconda volta in meno di due anni. Tutti scatenati, in questa ridda estiva di unioni e passi significativi.

Io sono però più che altro turbato dalla vicenda Icardi, dall’attesa del calendario, dalla scelta degli abbinamenti per l’outfit per la prossima settimana, dalla bici, dal vivere il primo battesimo in Canada, dalla Lemonade e gli Slushies a 0.99 dollari in offerta da Harveys. Vabbè dai, senza nulla in mano sono riuscito a scrivere addirittura un mezzo post. Pensa te, Catto.