Sempre con noi

È successo tutto in un maledettissimo giorno uguale a tanti altri. Un giorno senza segnali, senza avvertimenti, un giorno col cielo al suo posto, e non c’era modo di capire che un attimo dopo, si sarebbe capovolto. Quanto ci mettono a dirti che il tempo ti si è ristretto e non hai più garanzie? Pochissimo.
Per Giacinto Facchetti, quel giorno era stato fino a quel momento normale. Poi è seguito il silenzio. Lo chiedeva lui, anzi lo chiedeva quella famiglia così incredibilmente bella e unita che aveva intorno, con lui faceva un tutt’uno, erano qualcosa di raro, i Facchetti, tutti avremmo voluto una piccola parte in una famiglia così.

Adesso, anche a loro, resta questo. Le immagini di un ragazzo diventato uomo correndo dietro a un pallone, un uomo pacato capace di grandi slanci, corretto fino all’inverosimile, per cui nemico acerrimo di tutte le slealtà, fortissimo, integro, figlio della provincia ma abituato a sedersi a qualsiasi tavola.

Era un uomo da re e da operai. Era un amico leggendario. Era un eroe da romanzo.

Un romanzo di vita, di classe, di essenzialità. Troppe volte, quando qualcuno scompare, di lui si cercano le solo le cose buone.

Il fatto è che di Giacinto Facchetti puoi dire solo quelle, che di cose cattive non ne trovi. Le malattie sono bastarde. Colpiscono a caso, non interessa se uno è stato buono, cattivo, perfido. Se lascia molto amore o poco. Giacinto lascia senz’altro molto amore, e quindi un infinito dolore, dietro di sé. Ma forse è sempre così. Una cosa è la conseguenza dell’altra. Vengono in mente tante cose.
L’amicizia profonda, nata che erano due ragazzi, che lo ha legato a Massimo Moratti. Fino all’ultimo, uno c’è stato per l’altro, e l’altro c’era. Credendo in un miracolo, perché tutti ci abbiamo creduto. Se c’era un uomo che se lo meritava, quello era Giacinto Facchetti. Ed era talmente forte, talmente integro, che a volte il miracolo sembrava arrivare.

La gentilezza con cui parlava. La fermezza che aveva. I suoi occhi, così chiari. Fino a quel giorno in cui ha chiesto silenzio e tutti hanno obbedito, aspettando un miracolo. Quando le cose terminano, ti chiedi dove vada a finire tutto questo, se in cielo, in un’altra dimensione o in niente. Certo, ti resta nel cuore. Ma in questo momento, per tanti di noi è un cuore spezzato. È andato a pezzi in un giorno maledettamente uguale a tanti altri. Senza segnali, senza avvertimenti, col cielo che se ne stava come sempre al suo posto.

Si è capovolto all’improvviso.

Non avevo compiuto nemmeno dieci anni, quando incontrai e conobbi Giacinto Facchetti. Una stretta di mano, la classica foto e due battute, il ricordo di quella domenica mattina di pieno inverno, è rimasta nel mio cuore ed è uno dei ricordi della mia infanzia che custodisco con più gelosia. Un grande uomo, un calciatore straordinario, uno che ha vissuto l’Inter per oltre 50 anni, in campo, in panchina, in tribuna, fino diventarne presidente. Dopo tre anni ci manca, manca a tutti coloro i quali amano questa squadra, ma non solo. Seguendo il tuo stile ed onorando la tua memoria, proveremo a conquistare quell’Europa che tu hai conquistato per noi oltre quaranta anni fa.

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