Sulla giostra

 

Sapevo che prima o poi sarei tornato a Dublino. Ne ero sicuro la notte del 24 maggio mentre mi chiudevo alle spalle la porta del mio appartamento di Sandyford prima di recarmi alla fermata del pullman e dirigermi in aeroporto.

Sarebbe successo prima o poi, ma ero convinto che sarei tornato nel giro di qualche anno da turista, non avrei mai immaginato di sbarcare nuovamente in Irlanda cinque mesi dopo per fare un tirocinio in un giornale irlandese.

Invece è successo anche questo, l’ultimo brivido, potente, enorme, ovviamente inatteso. Un altro colpo di coda che rimescola le carte e cambia il corso degli eventi seguendo le emozioni di fine estate.

Era un incontro previsto da tempo, un appuntamento di cui non avevo voluto parlare troppo per diverse ragioni e soprattutto per scaramanzia. È andata bene, un colloquio con il direttore di un giornale irlandese con il quale ero entrato in contatto quasi casualmente, senza troppa convinzione, 20 giorni fa.

Il suo arrivo a Roma ha reso possibile questo incontro in una cornice unica per un colloquio di lavoro, ossia un pub irlandese nel cuore della città; è stata una grande mattinata e io ho voluto assaporarla in maniera profonda.

Per questo motivo ho deciso di non prendere l’autobus e percorrere tutta via Nazionale a piedi, guardandomi intorno, cercando la concentrazione, gustandomi quel meraviglioso sole che bacia Roma ad ottobre.

La camminata mi ha permesso di sentire un po’ di musica, quella giusta e appropriata per certi momenti, ho avuto la possibilità di voltarmi verso il Quirinale e di passare in particolar modo davanti l’agenzia a cui mi rivolsi il 7 gennaio scorso per andare a Dublino, un posto da cui è partito veramente tutto.

Ho fatto questo volutamente, una passeggiata carica di simboli perché era giusto così.

Sono uscito dall’incontro soddisfatto, incredulo e ovviamente felice, ma mentre camminavo per via del Corso ho fatto alcune riflessioni e mi sono inevitabilmente intristito nel pensare di come noi giovani, i miei coetanei, noi laureati, siamo costretti ad andare via. Deluso del fatto che si debba cambiare paese per inseguire i nostri desideri e provare ad alimentare le nostre passioni. Incazzato e rabbioso perché non c’è futuro, ed il piacere di vivere nel proprio stato è un lusso che ormai noi non possiamo più permetterci.

Ero un maga mix di sensazioni: belle, brutte, cupe e meravigliose. Se riparto verso Dublino è perché ho ricevuto un input importante e perché il destino ha ripreso a girare in un senso ed io lo sto assecondando.

Se sto per ripartire è perché pur mollando ad un certo punto, dentro di me, non riuscivo a lasciar perdere definitivamente.

E proprio in quel momento la giostra ha ricominciato a girare, ed oggi, un signore, ha voluto inserire nell’apposita fessura un’altra serie di gettoni per farmi vivere qualche brivido in più, e io ancora non ci credo.

 

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