Quelle domeniche un po’ così, a St Clair (Parte II)

Faccio esattamente così, mentre la coda dell’occhio la appoggio sulla diagonale per decifrare la spaventosa somiglianza. Parlano, dicono che devono andare a Mississauga, e visto che sono scemo mi dico: “Questa però è la suocera, quindi la madre del top player, chissà, magari è venuto a fare il chirurgo qua”.

Il panino è buono, sbriciolo ovunque perché è fresco e friabile, però non me lo godo. In mezz’ora si sono riaffacciate una serie di cose che mi hanno ricordato perché all’estero in fondo sto bene. Teoricamente.

Pago, esco, mi fermo da Seven e mi prendo una Canada Dry d’ordinanza che non so per quale motivo pare corretta con la grappa e salgo al volo sul tram. Il viaggio di ritorno verso St Clair West Station è una specie di monologo in cui riprendo la frase iniziale del post.

Mi piace stare lontano, mi piace perché mi tiene in disparte. Partire, tornare e poi ripartire mi fa bene. Questo status forzato, questo esilio, questa distanza in realtà mi sollevano, perché a Roma ci sono ancora troppe cose, ovviamente, che mi riportano indietro e a volte mi trasmettono un malumore, un dolore persistente. Ecco, starmene qua attutisce tutto. Mi isola. Per quanto poi stare così da solo e avere spesso larghi momenti di vuoto mi porta a pensare, rielaborare, riflettere. Questa perenne solitudine non mi pesa, ci sono abituato, anche se per qualcuno è assurdo pensare che io stamattina sia uscito da casa per andare a pranzo fuori da solo. Per me è normale, è solo che poi certi momenti ti conducono a ritornare indietro e a pensare.

Stare altrove ti elimina un serie di riferimenti, dettagli, colpi bassi che a casa, nel tuo ambiente, sono costanti, il dazio da pagare è appunto uno, quello che quando non sei impegnato, la testa se ne va.

Penso tutto questo mentre prendo la metro per Bathurst, e mi dico che nessuno mi obbliga a tornare. È vero, però è altrettanto vero il contrario, ossia che prima o poi mi dovrò riappropriare di certe cose e di certi spazi. Di ricordi o momenti, perché così non è che sia una gran cosa. Poi penso ad una frase detta da David a colazione quando eravamo a Sofia, e so che una parte di me, piccola, ma pur sempre esistente, vorrebbe starsene in eterno qua proprio per evitare quella cosa detta dall’unico vero ciociario. Quella eventualità, che tanto prima o poi accadrà, a me terrorizza letteralmente, motivo per cui, mentre bevevo un succo di frutta guardai David e gli risposi: “Be, non penso proprio, il solo pensiero mi angoscia”

All’estero non ci sto male, anche per questo. Perché giro per strada e sto in pace. Al sicuro. Poi certo, capitano anche mattinate come queste, fra riviste e sosia.

Ma vabbé, scherzi del destino e ironie della sorte che capitano ogni tanto.

Spero.

Tre-Mari-Bakery-644x415

Quelle domeniche un po’ così, a St Clair (Parte II)ultima modifica: 2015-04-27T21:14:03+02:00da matteociofi
Reposta per primo quest’articolo