Quello che faccio

Qui ancor più che in Italia, spesso non ci capisco niente quando cominciano a dirmi che sono Account, Specialist, Marketing, Consulence, Junior, Assistant, di qualcosa. Questi anglicismi nascondono tutto molto bene e rendono ogni mansione davvero interessante, il problema è che a me quasi sempre mi verrebbe da dire: “Sì, vabbe, ma che fai in sostanza?” Fortunatamente io non ho questo tipo di problema e quando mi qualifico e dico la mia professione è chiara a tutti, al massimo specifico lo strumento, che tipo di mezzo di comunicazione (radio, tv, giornali, rivista) e sono a posto, certo di essere stato compreso.

E così, dopo avervi parlato della redazione, un po’ della città, dei canadesi e del mio percorso quotidiano per arrivare in ufficio credo sia opportuno spiegarvi nel modo più preciso e completo quello che faccio effettivamente a lavoro.

Parto dal dire che all’inizio avevo degli incarichi e appartenevo ad un dipartimento, quello Marketing e Comunicazione, successivamente, dopo la famosa intervista di inizio marzo, sono stato spostato nell’altro gruppo, quello di Produzione, con il ruolo di producer che qui, o almeno da noi, equivale al giornalista.

Provando a schematizzare i miei incarichi, cerco di chiarire la situazione.

Prospettive: questa è la mansione principale da un mese e mezzo abbondante a questa parte. Un notiziario di cinque minuti, in onda il martedì ed il giovedì alle 16:30 canadesi di Toronto. Dietro a questo breve spazio c’è però un lavoro molto più lungo e complesso che inizia con la mia personale rassegna stampa e poi con la stesura dei testi. Sì perché tutto quello che poco dopo dirò in onda è esattamente quello che ho scritto prima, quindi, nel bene o nel male, è roba mia. I testi sono due pagine mediamente, e mentre li scrivo (di solito 3-4 notizie) già stabilisco quando partirà il video e come dovrò coprire le notizie stesse, con quali immagini e filmati, un aspetto che richiede quindi un’altra ricerca di materiale visivo legato solo a ciò che possiamo utilizzare come diritti televisivi. Dopo che mi incravatto e esco trasformato dal bagno come Superman entro in studio e registro. In seguito invece c’è la parte tecnica, ossia la fase di montaggio quando io con i miei fogli vado dal mio amico scozzese Ryan (solitamente è lui l’editor) e fra una battuta sui Rangers e una sull’Inter, gli dò le direttive su come voglio che sia montato il video. Non è facile perché la lingua non aiuta soprattutto in situazioni tecniche, resta il fatto che ce la stiamo cavando e siamo entrambi soddisfatti del nostro lavoro.

Social Media: ormai il giornalismo ha traslocato anche su queste nuove piattaforme e io mi occupo di quelle in italiano della tv. Questo significa che curo la pagina Facebook, Twitter e il canale Youtube. In ciascuna di esse condivido link, posto aggiornamenti e carico le puntate di Prospettive. Mediamente, i contenuti di Facebook e Twitter vanno di pari passo, quando arriverà il blog e il sito in italiano, la mole di roba che sarà pubblicata si triplicherà.

Broadview: eccoci qua alla mansione che ricopro dai primissimi giorni ed essendo piuttosto tecnica e specifica cercherò di spiegarla nel modo più chiaro e facile. Questo software serve a costruire il palinsesto della tv, ossia tutto ciò che viene trasmesso. I programmi sono mediamente blocchi di 30 minuti, e quelli non mi competono, nel senso che io devo inserire le pubblicità, i promo, devo riempire i gap fra i programmi stessi. Ho una lista di reclam in diverse lingue, quelle in cui trasmette la tv, e seguendo dei paletti insormontabili devo fare una specie di Tetris occupando gli spazi, giocando con i secondi e trovando l’incastro perfetto. Esempio: se ci sono 3.46 minuti fra un programma ed un altro, io devo coprire quello spazio mettendo spot che siano perfettamente in linea con dei parametri e con i tempi. Il risultato è che io decido quello che la signora di Vancouver vedrà il giorno dopo alle ore 18.39 così come in ogni altro momento. È un ruolo di responsabilità, ma anche di pazienza e precisione, due qualità che non mi mancano, e poi, onestamente, sono la persona più adatta per fare una mansione del genere: uno stratega, un pianificatore, uno che si mette lì e calcola, gioca con il tempo, uno puntuale, un playmaker vero nella vita di tutti i giorni, insomma, io… “L’uomo di Broadview.” Ma anche di Broadway se vogliamo…

Applicazione: riprendendo il discorso social-media ho l’incarico di aggiornare una parte di una nostra App, caricando dei contenuti, questa è una cosa meno quotidiana e più automatica, un copia-incolla che però va portato avanti e tenuto a mente.

Il sito e il blog: a breve (entro fine maggio) avremo anche la pagina in italiano sul sito della tv con tanto di blog che sarà uno spazio fondamentale, probabilmente ciò che mi occuperà di più perché almeno un post al giorno bisognerà metterlo. Il punto è che tutto ciò che viene pubblicato o trasmesso in italiano si riconduce a me anche perché sono l’unico vero figlio del Belpaese e per quanto nessuno mi abbia mai detto: “Matteo, tu sei il responsabile dei contenuti giornalistici in italiano della tv” di fondo lo sono anche perché appunto non c’è nessun altro. Un fattore che apparentemente potrebbe essere un bene, in sostanza forse non è una fortuna al 100% perché tutto è sulle mie spalle.

Traduzioni: i sottotitoli in italiano delle interviste e dei documentari sono un altro lavoro che mi riguarda. Certamente non è il massimo, perché bisogna prima trascrivere in inglese e poi tradurre in italiano, una storia lunga e che dopo un po’ diventa pesante, un incarico in grado però di farmi scoprire nuovi vocaboli che mi permettono di arricchire ulteriormente il mio linguaggio.

Riunioni: per quanto non sia una occupazione, o un compito, ci sono anche queste. Una il martedì pomeriggio, la classica riunione di redazione e l’altra invece il venerdì alle 13, una cosa più informale. È un pranzo creativo, si mangia insieme (solo e rigorosamente i giornalisti) e ci si confronta, si buttano giù idee e proposte, una specie di brainstorming mentre si addenta un pezzo di pollo.

Se le giornate passano veloci e le settimane volano, queste appena citate sono le ragioni. Buone ragioni, senza dubbio.

Onestamente non mi è venuto in mente un titolo adatto

Quella versione particolare fece i bagagli ai primi di luglio, in una giornata dalle due facce, chiusa comunque con uno dei momenti che ricordo con maggiore divertimento. La Bionda mi mandò un sms dicendomi di guardare i risultati dell’esame che avevo rifatto e copiato in buona parte da lei. Dopo aver letto 30 mi lanciai in una corsa impazzita dentro casa, esultando come se avessi siglato un gol salvezza, è solo che anziché celebrare sotto la curva finii per arrampicarmi sull’inferiata della finestra della camera dei miei perdendomi le infradito all’altezza del corridoio. Dieci secondi di follia. Una esaltazione che ricordo come se l’avessi vissuta mezz’ora fa. Splendido.

Quel giorno però non fu solo quello. E la versione maggio-giugno preparò appunto i bagagli prima di partire per sempre il 19 luglio. Giorni fa parlavo di come quella strana mia edizione l’avessi rincontrata a Downsview camminando per la stazione, ma allo stesso tempo, sapevo che in poco tempo se ne sarebbe andata via nuovamente. È successo. O comunque sta succedendo. Sì perché, in fondo, succede sempre quello che penso e mai quello che mi auguro. Una costante, una certezza. Stranamente non ho mancato la mia previsione.

Certo, mi fa sempre molto ridere l’attenzione che suscito quando all’improvviso me ne esco e mando un messaggio uguale ad alcune persone e sottolineo un certo interesse, credo che capiti perché in fondo succeda raramente.

Ah la leggerezza Gabrié, hai ragione. Ma anche tu Bionda, io certi paletti non me li metterei. È vero. Anche tu Gallo, sei un vecchio saggio. Ed è cosi, lo dico, e poi non lo faccio, dovrei lasciar stare, invece insisto. Che poi la frase del 5 maggio in fondo m’era venuta in mente perché sapevo che all’orizzonte c’era qualcosa di sinistro. Magari di donne ne capirò poco, ma delle persone, del genere umano, comincio a saperne qualcosa. Ma sì Duomo, bloccaci Claudia. Altro che Formia. Dai. Però pure tu, Monica mia eh…

Peccato che non posso dire tutto, altrimenti lo stream of consciousness partirebbe alla grande e stasera potrei dire ogni cosa (Catto, corri corri! Al Ciofi je sta a partì la ciavatta, vieni su!). Meglio che mi fermo. Il fastidio e lo sfomento l’ho già sbollito in parte, sarei curioso di capire quanto, ieri al lago, oggi a High Park. Analisi, riflessioni, pensieri e quel sapore familiare. Certo che a me ‘sto 16 giugno come giorno di compleanno non mi porta bene, per niente. È così. Che poi, è un po’ 2011, ma c’è qualcosa anche del maggio 2008. Qualche venatura sì. Poi ci mancava solo sta Juventus in mezzo alle palle, così. Ma come si fa mi domando io.

Riportatemi la mia matricola (0102036 o 0157072) per favore, poi se volete cambiare la M e metterla maiuscolo fate pure, sia chiaro. Vi lascio la scelta. E vi ho promesso che poi non vi dò più fastidio.

 

–          Mazza che post de merda che hai scritto Mattè, non se capisce niente…

–          Eh lo so, capita…

 

All’improvviso io, di ritorno dal maggio-giugno 2011

Tra le cose sinistre che hanno contraddistinto mercoledì c’era un qualcosa che non riuscivo a capire. Una strana sensazione, mia personale, mi sembrava più che altro di ritrovarmi in una dinamica vissuta ma alla quale non riuscivo a risalire, come quando comprendi che ci sono delle sensazioni che hai già vissuto senza però riuscirle a fissare.

Stamattina, mentre mi allontanavo da Toronto, a un punto mi è venuto in mente tutto. Ho capito quella sensazione e mi sono riconciliato con me stesso, versione 2011, maggio-giugno 2011. All’improvviso. Mentre dalla metro andavo alla ricerca di un taxi a voce alta mi sono detto: “Ecco che era!” Avrei potuto dire anche un semplice: “Ecco chi sono tornato a essere!”, la sostanza era quella e infatti l’ho scritto direttamente via messaggio a Hong Kong.

È come se camminando per la fermata di Downsview a un punto fossi sbucato con la mia polo blu presa da Piazza Italia direttamente dal giugno 2011 entrando nel personaggio di oggi che fa il giornalista a Toronto. Sollevato per aver capito finalmente queste sensazioni, non so perché ma la cosa mi ha esaltato per quanto di quelle settimane ci fosse ben poco da salvare, anzi. Furono terribili, ricordo l’ansia e l’angoscia, i problemi e i litigi, ma anche quella strana, ambigua e frizzante situazione di camminare sul filo del rasoio e mettere in gioco quasi tutto contemporaneamente.

C’è qualcosa di magnetico in tutto questo, e quei panni sento di averli indossati nuovamente da alcuni giorni anche se penso che non li terrò troppo a lungo. Ci sono alcuni punti di contatto, ma ce ne sono almeno altri 300 che rimarcano delle differenze, tuttavia, noto delle sovrapposizioni familiari.

Non so perché, ma a un punto ho trovato una fonte di entusiasmo in questo parallelismo, visto che come già ho detto, quella versione di inizio estate 2011 è sinonimo di molteplici problemi. Eppure c’è qualcosa di maldestro che mi stimola, un po’ come quando stai per fare una cazzata, lo sai, ma l’idea ti attira uguale e diventa irresistibile. O semplicemente perché ci sono delle partite che io so benissimo che perderò perché non so giocarle, eppure alla lunga, non riesco a non affrontarle, senza dimenticare il fatto che sono sempre curioso di vedere cosa abbia in serbo di impensabile e beffardo il destino per me. Quattro mesi di solitudine e di esilio innevato alla fine ti scatenano anche ste cose, e ripensi a te stesso nel 2011 e sei addirittura felice di riabbracciarti. Incredibile.

Criptico e fra le linee, però avevo voglia di scrivere sto post. Anche perché, ogni tanto, voglio farlo solo per me.

Messaggio del giorno

David: “Sto messaggio infatti me pare quello che lessi a Bjornkulla in cui mi informavi di questa tizia…”

Foto del giorno

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Scatto (bruttissimo oltretutto) rubato da venerdì 24 giugno 2011. Con la polo blu di Piazza Italia. E’ la sera dell’esame di storia della lingua italiana modulo B, ripetuto dopo aver rifiutato il 22 al primo appello. Siamo in un locale nei pressi di Ciampino. La giornata successiva sarebbe stata abbastanza particolare.

Quattro mesi (Please, stop the clocks!)

Stop the clocks and turn your world around

Let your love lay me down

And when the night is over, there’ll be no sound

Quattro mesi dal mio arrivo in Canada significano anche due mesi al mio ritorno. Visto alla mano, questo è il dato che permane a oggi mentre concludo un altro segmento qui sulle rive dell’Ontario. L’aspetto più inspiegabile è il modo iper-veloce, quasi folle, con cui stia passando il tempo. L’ultimo mese ad esempio è stato un soffio, nulla di più, e nulla di più rapido che un sospiro, o un respiro. Immediato, velocissimo, quasi imprendibile. Ogni venerdì mi sono ritrovato a pensare la stessa cosa: “Ma possibile che sia già trascorsa un’altra settimana dall’ultimo week-end?”

Questo è quello che sta accadendo e le spiegazioni possono essere diverse, in primis il fatto di essere molto impegnato e di avere diversi compiti da portare a termine, non sempre con grande margine di tempo. Questa fretta, questo lavorare senza troppe pause, sta spingendo la quotidianità ad una velocità che non penso di aver mai vissuto prima.

Un riflessione con la quale ho iniziato a fare i conti recentemente, e che risiede in un angolo remoto e piccolo del mio cervello, è la seguente: so che a breve me ne dovrò andare e non sono contentissimo. Sì, certo, mancano due mesi, ma a questi ritmi, potrebbe essere veramente domani e so bene che ormai mi sono abituato a molti aspetti e rompere questo status un po’ mi infastidirebbe. Un po’ perché sono pigro, un po’ perché sono un abitudinario, ma presto cambierò casa e poi tornerò in Italia, e queste evoluzioni, come dicevo, sotto sotto mi scocciano. Mi sentirei più “a posto” se dovessi tornare magari a fine agosto, forse perché sento di dover fare ancora molte cose e perché il mio percorso si deve completare ulteriormente.

Nel frattempo è arrivata l’estate, non la primavera, ma l’estate vera e propria. Un caldo così a maggio a Roma non l’ho mai vissuto e il fatto che mi aggiro in tenuta prettamente estiva nel giardino di casa è una esperienza davvero esotica e unica, soprattutto se il calendario non ha superato nemmeno la prima settimana di maggio.

Il programma prosegue, il sito ed il blog presto saranno pronti e aumenteranno le mie mansioni, così come il coinvolgimento pratico nelle questioni editoriali. Intanto ho partecipato al primo board-meeting della mia vita, corso come detto la 10 km di Toronto, visitato nuovi angoli della città, assistito a due concerti, saccheggiato Honest Ed’s.

Altri 30 giorni sono finiti intanto nella mia faretra, molti altri ne mancano, ma se questo sarà il ritmo, potrei ritrovarmi a mangiarmi la grattachecca passeggiando lungo mare molto presto. E in questo momento, onestamente, non è la mia massima aspirazione ne tanto meno il mio obiettivo primario.

Messaggio della settimana:

Come detto, non so esattamente come andrà, però qui in qualche modo ci tornerò. È una sensazione…magari succederà quando Alfredo sarà tornato in Brasile, la Bionda farà qualcosa in America e tu starai in qualche posticino sperduto e caldo del mondo. Prima però, c’ho voglia di condividere ancora qualche brivido…

Foto della settimana

Nemmeno la sua faccia in tv riesce a distoglierlo dal lavoro e dalla concentrazione…e da Twitter.

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