Il rumore dei nemici. Eccolo…

Quella che ti dice “mi manchi” e di tornare, e poi ha due ore di tempo e esce con chi ha visto per giorni, quell’altra che insiste nel dire che quello che fai non giustifica il tuo status di impiegato full-time in redazione, quell’altra che decide di sposarsi e te lo scrive partendo dal presupposto che non ti faccia piacere, in tutto questo, nel frattempo, cercano di fare accoppiare quell’altra sotto i miei occhi, e rischio di non vedere nemmeno Empoli-Inter. Bene.

Ecco, diciamo che il “rumore dei nemici” tanto caro al mio amico Mourinho, o il “Qui giochiamo in trasferta come di più non potrebbe essere” tanto caro a Caressa prima di Germania – Italia a Dortmund, sono due espressioni che inevitabilmente mi sono tornate in mente perché è esattamente così, senza nemmeno troppe esagerazioni.

Io non lo so, cioè io non so un cazzo, però ecco, non siamo partiti bene ma d’altra parte non avevo finito nel modo migliore e tutto ciò è una naturale prosecuzione delle puntate precedenti. Buttare il calendario del 2015 per appendere quello del 2016 quasi sempre cambia poco, forse nell’arredamento ma non nei fatti concreti.

Ieri sera tornando a casa mi interrogavo su una serie di questioni psedo-esistenziali, e sono arrivato a una serie di conclusioni piuttosto soddisfacenti, come ad esempio che le persone hanno paura, di tante cose, soprattutto della solitudine, di stare da soli, di rimanere da soli. E quindi agiscono facendo cose assolutamente inspiegabili.

Oggi invece ragionavo che mi piacerebbe avere una bella notizia, una cazzo di cosa positiva. Ormai sono entrato in una serie negativa clamorosa. Una rottura prolungata che a dicembre si è sublimata e che non sembra attenuarsi.

Tutto questo clima mi infastidisce naturalmente, a un punto mi compatterà come ovvia ed inevitabile conseguenza del “rumore dei nemici” di quel qualcosa che percepisci e ti stimola a dare tutto. Allo stesso modo, poi, ci sarà un obbligato collasso, anche perché mica si può combattere ogni minuto, o stare in silenzio perennemente, ruolo nel quale sono entrato da settimane, a parte il break natalizio a Roma.

Io dico che così non va bene, non va bene per un cazzo. Anzi, direi basta. Avessi una soluzione, o potessi fare qualcosa lo farei pure, ma la sensazione è che siamo entrati in un vicolo cieco.

Poco fa, pensando all’Epifania, mi è tornato in mente che sei anni eravamo da Teoria, a girare per la depandance con il mio Catto preferito a dire a tutti che stavamo per prenotare il viaggio a Bisanzio e Costantinopoli. Poi la chiamai per finire i minuti della “Tim Auguri” e il giorno dopo avremmo vinto a Verona, prima di una gita al pronto soccorso e di andare alla festa di Sara a San Lorenzo. Che fomento. Che paragone terribile con oggi, che roba impietosa sarebbe.

Volevo dirlo, mi andava, e l’ho fatto, poi pensate il cazzo che volete ma dopo giornate, ma che dico giornate, settimane così, ti attacchi a qualche memoria. Così, tanto per ricordarti quando un po’ di cose funzionavano.

Ripenso poi che il 2016 è iniziato ascoltando casualmente Masini che cantava “Vaffanculo” su Raiuno e temo che la coincidenza non fosse proprio strana. Anche perché nella frase: “Me ne andrò nel rumore dei fischi, sarò io a liberarvi di me” c’è un qualcosa di sinistro e di molto futuribile, un qualcosa che ha il sapore della previsione e della predizione per il sottoscritto da queste parti.