NYC

Cinque anni fa questa serata qui era la vigilia del viaggio per antonomasia, quello che mi avrebbe portato oltreoceano nella capitale del mondo, nella città dei sogni. La mattina del 16 ero appena tornato da Milano dopo un viaggio in pullman drammatico ma la prima coppa Italia di Mancini l’avevamo conquistata, quel trofeo che sarebbe stato l’inizio di un ciclo ancora non terminato. Stanco da ore di pullman andai comunque in palestra, a pranzo da Pans and Company su Via Tiburtina e poi passò mio padre a prelevarmi da casa di mia nonna. Fra una valigia da chiudere e l’ultima cosa da tirare fuori dall’armadio, quella sera vidi la Fortitudo vincere uno scudetto pazzesco deciso da un tiro di Douglas che soltanto l’Instant Replay giudicò valido e quindi utile per la vittoria della F scudata. Amareggiato da questo, chiusi il bagaglio e feci finta di dormire perché l’emozione e le suggestioni erano troppe per prendere sonno. Questo viaggio era il regalo per i miei diciotto anni da parte dei miei genitori e con loro partii verso lo stato a stelle e strisce. La mattina successiva un Vito nero era sotto casa nostra pronto per condurci a Fiumicino, volo verso Zurigo e poi un altro aereo direzione America. Ricordo tanto, o meglio, ricordo tutto di quel meraviglioso viaggio, l’arrivo al JFK, il taxi e poi il tragitto verso la City, quel ponte che appena scollinato ti introduce in un mondo a parte. Resta certamente il viaggio più bello, quello più desiderato e certamente più costoso, un’esperienza magica. Trovarsi a New York equivale a sentirsi protagonisti di un film, sentirsi su un set cinematografico per tutto il tempo del proprio soggiorno. A New York per la prima ed unica volta in vita mia ho percepito quella sensazione di trovarmi al centro del mondo, dove tutto gira e corre ma soprattutto dove puoi vedere ogni cosa. Non c’è nessuna immagine che potrei scegliere per immortalare quella settimana, ho soltanto una miriade di foto dentro di me, in particolare quella percezione di alzare lo sguardo sulla quinta strada o in qualche altra via e vedere i grattacieli che ti sormontano e dei quali non vedi la fine. Quella settimana è stata magnifica e ringrazio ancora oggi chi mi ha permesso di fare questo viaggio, di vivere da vicino un mondo che è diverso dal nostro per ritmi e dimensioni, colore e vita. Desidero tornarci, qualcuno dice che lo farò il prossimo anno considerando che in famiglia ci sarà una ricorrenza importante e questa potrebbe spingerci nuovamente di là, a Fiabilandia, nella mia città preferita.

Ospiti a casa nostra…

Non credo che si debba essere eternamente schiavi e prigionieri della gratitudine e per questa ragione ritengo sensato e pienamente condivisibile il malumore che da diverso tempo serpeggia fra i tifosi della Virtus, nei confronti del nostro proprietario Sabatini. Quest’ultimo ha risollevato la Virtus nell’estate del 2003 evitando che sparisse del tutto dopo il fallimento di Madrigali, ha reso possibile l’affiliazione nuovamente e dopo 2 anni di purgatorio è riuscito a far risalire nella massima serie la squadra, portandola anche a dei buoni risultati soprattutto nelle prime stagioni. Sabatini ha i suoi meriti, va ringraziato per diverse cose ma è altrettanto giusto che venga criticato considerando il suo operato degli ultimi anni. Il budget cala costantemente, quello della Virtus di questa estate sarà un quarto di quello del Montepaschi considerando che dovrebbe aggirarsi intorno ai 4.5 milioni di euro, ma la popolarità di Sabatini stesso è in calo per i suoi modi talvolta plateali e per le sue iniziative al limite del ridicolo. L’ultima enorme questione che sta scoppiando definitivamente è quella legata al Palasport e durante una conferenza stampa del 10 giugno ha affermato che la Virtus il prossimo anno giocherà alcuni match a Ferrara, a 40 km da casa sua, a 40 km da Bologna. Nel lungo discorso il proprietario bianconero ha provato a fare chiarezza spiegando alcuni passaggi che si intrecciano inevitabilmente alla situazione della Fortitudo e quindi al PalaDozza, la casa della F scudata. Sabatini ha quindi dichiarato che non è corretto che la Fortitudo di Romagnoli dopo aver lasciato 6.4 milioni di debiti e dopo che il presidente biancoblù non ha tirato fuori una lira da quando ricopre tale carica, possa giocare al PalaDozza. Questo è giustissimo e mi sento di condividere la posizione di Sabatini anche perché il modo in cui si è comportata la giunta e il Comune è veramente assurdo ed inspiegabile. Appurato questo discorso, Sabatini ha poi deragliato affermando cose a mio modo di vedere paradossali. La Futurshow (il vecchio Palamalaguti) è di sua proprietà ed è luogo di concerti e di grandi iniziative per la città, ma prima di tutto è il palasport della Virtus. Per me è inaccettabile che si debba anticipare una partita o giocare altrove perché a metà maggio c’è il concerto di Shakira  e quindi bisogna trovare un’alternativa dato che al signore in questione fa molto più comodo un evento del genere per le sue tasche piuttosto che un partita di pallacanestro. Va bene tutto ma la Virtus deve avere la precedenza su ogni cosa, su ogni evento. Nel caso di Shakira Sabatini aveva chiesto di giocare al PalaDozza ma alla fine non se ne fece nulla. Se ci sono dei concerti o altri eventi per me è folle che si debba traslocare a Ferrara, non si può giocare una partita in casa “in trasferta”, è semplicemente paradossale. Su questo punto Sabatini si è espresso così: “Avremmo dovuto proporre ai nostri tifosi di giocare in un impianto con l’immagine di Pellacani e la curva Baron Schull? Io ci metto la faccia, ed è una cosa inaccettabile per un nostro tifoso, giocare nella casa della Fortitudo, che ottiene la gestione del palazzo come premio per aver lasciato 6.4 milioni di debiti”. Da tifoso della Virtus mi sento di dire un paio di cose su questa affermazione, esponendo la mia personalissima opinione. Preferisco giocare al PalaDozza a prescindere dalla foto di Nino Pellacani, preferisco giocare a Bologna e soprattutto nel luogo che per me non è la casa della Fortitudo, considerando che al PalaDozza di Piazza Azzarita è nato il mito della Virtus quando la Fortitudo era una squadretta di quartiere che si affacciava sui parquet d’Italia. In questo luogo mitico la Virtus ha scritto la sua storia prima di riempire pagine di leggenda al Palamalaguti di Casalecchio, lasciando quel campo alla Fortitudo. Ha ragione Sabatini sul fatto dei debiti è dell’ingiustizia riguardo la gestione del palazzo, ma la Virtus appartiene a Bologna e non può traslocare per nessun motivo al mondo nemmeno mezza volta, soprattutto per eventi del cazzo e per i concerti. Il pubblico virtussino è il più numeroso d’Italia, fa il maggior numero di abbandonati ed ha una storia ed una tradizione inarrivabile per chiunque altro e a Ferrara non ci andiamo. Meglio il PalaDozza con la foto di Pellacani che per l’occasione si potrebbe coprire con un bel telone bianconero che giocare a 40 km dalla propria città. La Virtus appartiene ai tifosi e alla propria storia, Sabatini talvolta se ne dimentica di questo aspetto, perché quella V nera su campo bianco per molta gente significa tantissimo, per lui forse no.

 

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 (Il PalaDozza di piazza Azzarita, dal 1957 al 1996, casa nostra…)

La serata degli imprevisti (Parte 2)

…Paolo è partito all’attacco, il signore ha prima iniziato ad attraversare la strada, gridando che lui non s’era fatto nulla sia a livello fisico che dal punto di vista della carrozzeria mentre Paolo gli ha risposto che ben diverso era il nostro caso, a quel punto, l’uomo è tornato in macchina ma non per far inversione e venire verso di noi, ma per fuggire. Io e Federico nel frattempo eravamo nei pressi della nostra auto quando siamo stati avvicinati da una vettura in cui una ragazza si proponeva come testimone dell’accaduto ma l’abbiamo ringraziata considerando che l’uomo stava venendo verso di noi per chiarire, un attimo prima che cambiasse idea scappando. Poco dopo, mentre aspettavamo che il signore tornasse, ci si è avvicinato un arbitro con la divisa sul suo scooterone per avvisarci che aveva visto l’incidente e che aveva individuato l’uomo già sul cavalcavia con la sua macchina a 2 km da noi, il gentile arbitro ci ha fornito però il numero di targa che di sua spontanea volontà era riuscito a segnarsi. Compiaciuti e sorpresi dall’operato dell’arbitro che era stato già apostrofato in malo modo considerando la divisa che portava, abbiamo chiamato i vigili e poi, giunti questi ultimi, abbiamo raccontato per bene il fattaccio. Peccato per Paolo, la macchina non ha grossi danni e poteva andare peggio, ma di certo il fuggiasco passerà ora una serie di problemi che si è andato a cercare dopo aver compiuto una serie di stronzate mondiali in meno di 5 minuti. Alle 21.50 abbiamo finalmente raggiunto la trattoria che era lì nelle vicinanze, abbiamo cenato bene e in grande allegria malgrado l’incidente avesse un po’avvelenato il clima e la serata. Ad un certo punto è spuntato Alessandro che ha ordinato la cena fra i nostri sguardi stupiti, ci ha subito raccontato che non aveva mangiato ma aveva fatto 50 minti di ritardo perché dopo 2 mesi la macchina non gli partiva più e aveva dovuto perdere tanto tempo con i cavi del fratello per rimetterla in moto. A quel punto, consapevoli della follia della serata in cui ci eravamo ritrovati, abbiamo terminato la cena con un paio di ricordi, un sacco di risate dandoci appuntamento a breve, quando cercheremo di organizzarci in un modo un po’ più serio e magari lasceremo le rispettive auto a casa preferendo l’autobus. Malgrado tutto siamo riusciti a divertirci tantissimo, la prossima volta sarà ancora più bello, sicuro.

 

Frasi della serata

Federico: “A Londra avevo le chiavi per aprire il locale, qui a Roma mia madre non mi dà nemmeno le chiavi di casa”.

Alessandro: “Ti prego Pà, fammi venire lì al gabbiotto della metro un giorno e fammi dire al microfono… Allontanarsi dalla linea gialla, ti prego, regalami questa emozione”.

La serata degli imprevisti (Parte 1)

Di serate bizzarre e particolari ne ho vissute più di qualcuna ma quella di ieri merita certamente un posto prestigioso nella hit parade. Da circa 10 giorni stavamo cercando di organizzare una serata da vecchi tempi con Paolo, Alessandro e Federico, alcuni dei miei amici di infanzia con i quali sono cresciuto giocando a pallone giù di sotto al cortile da mia nonna. Alessandro, di ritorno dal set cinematografico che lo ha portato in giro per l’Italia negli ultimi due mesi, ha lanciato l’idea di questa mini adunata e nei giorni successivi è scattata l’organizzazione che fin dai primi momenti ha palesato una serie infinita di difficoltà, soprattutto dal punto di vista della comunicazione. In 10 giorni sulla discussione fatta partire su Facebook ci sono stati 6 messaggi: persone che davano il loro assenso e poi sparivano, altri che lanciavano idee senza supportarle ed io che cercavo di tenere ad un certo punto i fili di una discussione surreale. Dodici ore prima dell’appuntamento tutti e 4 avevamo dato il nostro ok, ma nessuno sapeva l’appuntamento, l’orario, il posto e soprattutto se dovevamo vederci per cena o subito dopo. Alle ore 20 sono andato a citofonare a casa di Paolo e Federico che avevano appena saputo una notizia: Alessandro aveva fissato l’appuntamento per le 21.30 con un secco “pizza e birra” senza specificare il posto e nemmeno dove ci saremmo dovuti vedere. Alle 21 sono sceso in compagnia dei fratelli e abbiamo telefonato ad Alessandro che appena tornato non si sa dove ci comunicava l’intenzione di mangiare a casa un boccone, smentendo involontariamente l’appuntamento precedente. Dopo aver ricevuto una lunghissima trafila di insulti del tutto meritati abbiamo chiuso la conversazione con Alessandro, noi tre abbiamo deciso di andare a cena in attesa che il nostro amico ci raggiungesse terminato il suo pasto. Pochissimi minuti dopo aver preso tale decisione, all’incrocio fra via dei Durantini e via dei Monti Tiburtini, superato il semaforo siamo stati tamponati, o meglio, un deficiente con una Y10 ci ha tagliato la strada senza mettere la freccia dopo aver cambiato almeno 34 volte idea su quale strada prendere. La fiancata della macchina nera di Paolo ha subito qualche graffio, una freccia rotta ed un paio di righe che si sono tolte sfregando solamente la parte con la mano, ma la cosa più surreale doveva ancora succedere. Appena abbiamo parcheggiato la macchina siamo scesi tutti e tre con dei propositi anche piuttosto bellicosi, l’uomo in questione, un tizio sulla cinquantina con la moglie, si era nel frattempo fermato nell’altra strada dell’incrocio…