5 anni, 5 giorni, 5 foto

 

Il 16 dicembre non è mai una data qualsiasi per me, soprattutto perché negli ultimi anni è sempre successo qualcosa di importante, bello o emozionante. Insomma, questo 16 dicembre non può assolutamente passare inosservato.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2008: è il giorno dell’esame di Storia delle Dottrine Politiche. È il mio sestultimo duello, il modulo A l’ho sostenuto a inizio settembre e ho preso un 28 che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. L’esame è orale e lo facciamo su allo studio della professoressa. Siamo io e Alfredo, in più ci sono Plentiful e PF. In realtà, il corso, l’ho iniziato a seguire proprio perché avevo saputo che PF (ironia della sorte, l’ho vista ieri sotto la metro ancora con Quattrodenari…) era lì. Visto il mio discreto interessamento, decido di cambiare piano di studi e andare a seguire un corso che oltre tutto mi darà 5 cfu senza troppa fatica. Faccio l’esame e porto a casa la lode, il 19esimo voto utile consecutivo e chiudo alla grande il 2008. Uscendo dall’aula faccio anche l’inchino e me ne vado a casa. In serata mi chiama anche Fermata dall’Aeroporto di Trapani per sapere come è andato l’esame. La settimana prima c’era stato un primo riavvicinamento dopo la rottura di ottobre e la cara Fermata prosegue nella sua opera diplomatica ricordandosi miracolosamente del mio impegno universitario. Sono giorni di esaltazione, fra uscite e feste, l’unione del “La Cerchia” si stringe notevolmente, mentre il viaggio a Venezia per capodanno incombe magicamente.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2009: è Il Giorno dei Giorni. Discuto la tesi triennale in Storia della Gran Bretagna e chiudo definitivamente un periodo molto complicato. Come detto giorni fa, in quei 20 minuti trascorsi nella T25 cambia tutto e inizia l’annus mirabilis. La sera è festa grande anche grazie all’impagabile Francesca che fa miracoli e le celebrazioni diventano davvero strepitose. È forse uno dei momenti più alti de “La Cerchia”, probabilmente anche uno degli ultimi. È un primo punto d’arrivo, una grande soddisfazione, il mattone su cui si fonderà un 2010 indimenticabile.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2010: sono sul pullman che da Abu Dhabi mi sta portando a Dubai. Sono negli Emirati perché l’Inter è arrivata ad un passo dal coronare il sogno di una vita. Ci stiamo giocando il Mondo nel vero senso della parola e la sera prima abbiamo superato in semifinale i coreani 3-0. Il giovedì mi sposto verso l’incantevole Dubai e mentre sono sull’autostrada che spacca in due il deserto, David mi manda un sms in cui mi ricorda l’anniversario della laurea. Arrivo a Dubai e fa un caldo spaventoso, sto comunque in paradiso. La sera chiamo dal mio residence Gabriele che ha appena discusso la magistrale. Due giorni dopo, torno ad Abu Dhabi e salgo insieme alla squadra sul tetto del Mondo. Che altro devo dire?

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2011: mi divido fra il lavoro all’Ufficio Eventi e la mia tesi magistrale su Hillsborough. Sono completamente dentro la mia ricerca. Nel frattempo mi sono appena ripreso da un’influenza letale che mi ha colto due settimane prima durante l’evento che ho preparato ed allestito per Brignano. È il giorno della laurea di Alfredo, si festeggia insieme e ci si avvicina al Natale allegramente, so che il prossimo ad entrare in quell’aula sarò io e il fomento sale.

 

date, dicembre, laurea, amici, abu dhabi16 dicembre 2012: Roma-Viterbo-Roma, per andare a trovare mio padre che domani si opera. Una domenica poco esaltante dopo un sabato sera trascorso all’Olimpico a vivere una partita tutt’altro che divertente e con un finale beffardo, come le ultime settimane, come gli ultimi tempi.

C’è pochissimo, se non niente, di quello che ho vissuto nei precedenti 16 dicembre. È la realtà. Fare avanti e indietro con un ospedale non è il massimo della vita, ma fa parte della vita, non sempre questa data può essere sinonimo di momenti indimenticabili. Ma la domanda su cosa farò, dove sarò e cosa dirò tra 365 giorni esatti è d’obbligo.

Vai con il sondaggione!

Il muro di Paul

 

Quell’inverno, nel 1994, Paul Merson erano solito guidare guardando i muri. Ma che cosa era successo? Eppure Paul è stato uno dei più grandi giocatori del dopo guerra del calcio britannico, almeno nella prima parte della sua carriera.

È di Londra e non fa in tempo a tirare i primi calci che è già all’Arsenal. A 18 anni debutta in prima squadra, gioca un po’ a centrocampo e un po’ in attacco, ma soprattutto gioca benissimo. L’Arsenal vince subito con lui, lui è un londinese amante dell’Arsenal che gioca nella squadra del cuore.

Ma dietro quell’Arsenal, il grande Arsenal, c’è una squadra di alcolizzati, è una delle storie più incredibili dello sport mondiale.

Il capitano è Tony Adams, difensore insuperabile, sia in area di rigore, che sostanzialmente dietro il bancone del pub. La regola è tre: tre pinte di birra per volta, se vincono bevono, se perdono bevono, se pareggiano bevono, però dovete moltiplicare per cinque. La media di pinte di birra dopo una partita dell’Arsenal è quindici.

L’Arsenal vola, ma i giocatori scendono sempre di più. La vita di Paul diventa stretta, è un giocatore in bilico, sulla linea laterale del campo vicinissimo a finire in panchina, e la sua famiglia gli ha già esibito il proprio cartellino rosso sbattendolo fuori dalla porta di casa.

E adesso torniamo a quell’inverno del 1994, Paul di muro ne sta cercando uno solido, il più solido possibile, una volta trovato si sarebbe lanciato contro a tutta velocità, uno schianto per fare a pezzi la sua vita, accartocciarla come le lamiere della sua auto e sparire.

La sua vita non gli apparteneva più. Il muro finalmente lo trova, 140 km/h, la macchina distrutta, ma per uno di quei casi della vita anziché schiantarsi, Paul Merson rimbalza. Rimbalza lontano, rimbalza emotivamente, rimbalza da tutti i punti di vista.

L’Arsenal lo riammette in squadra, la Football Association lo aiuta evitandogli ogni sanzione. L’inferno di droghe e alcol è una punizione sufficiente, lo cedono al Middlesbrough, Serie B, ma cosa importa, torna a giocare, e clamorosamente, due anni dopo Glenn Hoddle lo riconvoca per i Mondiali di Francia, corre l’anno 1998.

Non importa se oggi Paul Merson ha smesso di giocare, il messaggio è molto chiaro: nella vita si può rimbalzare, anche quando ci si ritrova negli inferi, fra droga e alcol.

 

storie, calcio, paul merson, arsenal

 

“Vivere, Amare, Capirsi”

Ieri pomeriggio sono voluto andare a spulciare in questo blog, volevo vedere cosa scrivevo durante un altro profondo periodo di crisi, l’ultimo prima di questo e datato agosto-settembre 2009. In quei mesi, dopo un’estate passata completamente a Roma, a mia nonna fu diagnosticato un tumore, ci furono dei problemi con mio padre, la tesi sulla quale avevo lavorato molto saltò in aria completamente, litigai con il mio relatore e fui costretto a ricominciare tutto dall’inizio spostando di 45 giorni la mia discussione. In quel periodo poi, si accavallarono una marea di fatti negativi e contrari, la persona a cui ho fatto riferimento ultimamente già era presente e soffrivo per lei, ma per altri motivi, la inseguivo a quei tempi, mi sembra passata una vita. Quel periodo durò di fondo fino al 14 dicembre quando sbagliarono anche i titoli sulla copertina della mia tesi. Due giorni più tardi mi laureai, presi il massimo dei voti e da lì in poi fu una cavalcata magnifica. Il vento cambiò quel mercoledì mattina in T25, ma io me ne resi conto solo più tardi.

Ecco, in quel periodo di crisi, smisi di scrivere anche sul blog, ricordo un sms di Francesca in vacanza a Berlino che si chiudeva con un “Ho ricominciato a scrivere…” ed io le risposi di tutto punto “Io invece ho appena smesso”. Una settimana dopo scrissi sul blog una poesia che oggi ripropongo, ma non tanto per coincidenze o scaramanzie, la ripubblico perché ricordo il mio stato d’animo e i miei pensieri terribili. È una poesia breve ma che dice molto, la cosa che mi ha stupito è il fatto che a distanza di 3 anni abbondanti dica ancora solo verità.

 

 

A ridere c’è il rischio di apparire sciocchi;

 

A piangere c’è il rischio di essere chiamati sentimentali;

 

A stabilire un contatto con un altro c’è il rischio di farsi coinvolgere;

 

A mostrare i propri sentimenti c’è il rischio di mostrare il vostro vero io;

 

A esporre le vostre idee e i vostri sogni c’è il rischio d’essere chiamati ingenui;

 

Ad amare c’è il rischio di non essere corrisposti;

 

A vivere c’è il rischio di morire;

 

A sperare c’è il rischio della disperazione e

 

A tentare c’è il rischio del fallimento.

 

Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla.

 

La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla.

 

Può evitare la sofferenza e l’angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere.

 

Incatenata alle sue certezze, è schiava.

 

Ha rinunciato alla libertà.

 

Solo la persona che rischia, è veramente libera.

 

 

(da: “Vivere, Amare, Capirsi” di Leo Buscaglia)

La Treccani, la focaccia, le nostalgia di se stessi, le cazzate, il viaggio

 

Premessa

Sono stato ad Ovada venerdì e sabato. Sono andato con mio zio a riprendere mia nonna e a salutare mio cugino che la prossima settimana ripartirà per Seattle. In realtà, l’occasione è nata anche per andare al cimitero da mia zia, non essendo stato al suo funerale e per prendermi l’enciclopedia Treccani che aveva in casa.

 

Svolgimento

Era molto tempo che non mi divertivo così. Ho passato le migliori 40 ore degli ultimi due mesi, ridendo, scherzando, ironizzando su tutto insieme a mio cugino e a mio zio. Come in tutte le situazioni drammatiche c’è sempre un inatteso risvolto comico e la due-giorni appena vissuta ne è una lampante conferma. Svuotare una casa perché la padrona è morta e il figlio vive dall’altra parte del mondo ha un implicito senso di tristezza che noi siamo riusciti ad anestetizzare.

Io penso di aver detto oltre 4000 cazzate, un fiume in piena, non ho dato tregua a nessuno anche perché ho trovato due spalle di buon livello che hanno messo il carico quando serviva.

La mia macchina, una Punto noleggiata per l’occasione, era talmente piena che si è abbassata notevolmente, insomma, l’abbiamo fatta diventare una Punto Abarth per tutto il peso che abbiamo infilato nel cofano e nei posti dietro.

I 70 volumi della Treccani complessivamente pesavano 210 kg, in più avevo altri milioni di cose che mia nonna si è voluta portare a Roma. Mio zio invece ha stipato all’inverosimile la sua enorme Volvo, trasformata per l’occasione in una casa smontata con 4 ruote sotto. In tutto ciò ho mangiato focaccia a intervalli regolari esagerando come ogni volta che metto piede in Liguria. Ne avrò ingurgitata una “chilata” buona fra il pranzo di venerdì, la cena, la colazione di sabato ed il pranzo successivo. Oltre all’enciclopedia, mi sono preso un libro di Jonathan Coe, il computer portatile, una maglia, una moka per il caffè nerazzurra, una bottiglia di brandy e un altro paio di cose per mia madre.

Nel turbinio di stronzate che ho detto, la sera, mentre ero a letto, mi sono un po’ intristito: ho pensato a mia zia, a quella casa ripulita e poi a me. La mia versione migliore, quella di cazzaro l’ho ritrovata improvvisamente in questo mini viaggio e mi è tornato in mente quando ero così, cioè mi sono risentito per alcuni momenti il top player di cazzate del 2008-2010, in questo ragionamento ho avuto davvero nostalgia di me stesso, di quello lì.

Ieri mattina alle 10 siamo ripartiti, tappa d’obbligo al cimitero e poi via verso Roma, incolonnati con mio zio e mia nonna davanti ed io dietro. Il viaggio è durato soltanto 7 ore, in silenzio, con un po’ di musica quando c’era segnale, con i libri dietro e gli altri bagagli.

Ho scaricato il tutto e ora ho non so quanti mila euro sotto forma di volumi ammucchiati in sala. Più tardi vuoterò la vetrina e inizierò con la sostituzione. Non so quante volte in vita mia mi capiterà di utilizzare l’articolo determinativo per riferirmi a un qualcosa per antonomasia, stavolta posso farlo: a casa non ho più un’enciclopedia, ho L’Enciclopedia.

 

Frasi del viaggio:

 

Samuele:Questo te lo prendi tu, vale un sacco di soldi, te lo vendi e con quei soldi viene a trovarmi a Seattle”.

Samuele/2: “I give you money, I wanna see cammello, you know…”

Matteo: “Zio la tua macchina è talmente carica che mi pare una pentola a pressione con 4 ruote avvitate sotto”.

 

viaggi, treccani, enciclopedia