Elena

Qualche giorno fa, leggendo un’intervista rilasciata da Marcello Lippi ad un giornale, mi è ritornato in mente un fatto, una cosa che penso di non aver mai raccontato a nessuno.

I Mondiali del 2006 l’Italia li vinse per merito mio, di Elena e del Padreterno.

Per spiegare questa frase piuttosto ad effetto devo tornare indietro di qualche anno, esattamente ad aprile 2006. Sono gli ultimi mesi di scuola prima della maturità ed un pomeriggio, dopo pranzo, torno al Plinio per una conferenza alla quale siamo obbligati a presenziare. Mentre salgo la lunga scalinata che dall’ingresso porta alle aule del primo piano mi ritrovo dietro ad una ragazza.

Mi ritrovo in realtà a salire con il suo fondoschiena davanti, a un metro dagli occhi, avendo un ritardo di due gradini da lei.

Rapito dalle sue forme, rispondo ironicamente a Giulio che parla di altro, lei si gira, mi sorride, scambio di sguardi e scintillona che scocca, almeno per me. La ragazza in questione si chiama Elena, fa il terzo e ha quindi 17 anni, due in meno del sottoscritto. Da quel pomeriggio in poi mi porto questa ragazza in testa, e ad ogni ricreazione e a ogni possibile incrocio i nostri sguardi entrano in contatto e non solo per la mia volontà. Ai primi di giugno (ora tutti penserete: “Ma hai fatto passare un mese e mezzo? Che aspettavi?” ricordatevi sempre che sono uno dei fondatori della Società Fabiana…) mi butto. Attraverso amicizie in comune, se così si può dire, mi faccio avanti e l’impatto non è dei migliori, almeno, questo è quello che penso.

Pochi giorni prima della fine della scuola, senza motivi particolari, mentre rincaso da via Tiburtina decido di fermarmi in chiesa. Non prego, non mi affido al Signore, non voglio protezioni per la maturità. Vado a parlare con l’Altissimo così, per fare due chiacchiere e già che ci sono sposto il discorso su Elena. Al Signore chiedo lei. Non mi interessa del diploma, del voto, di queste cose, voglio Elena della 3°A.

Prima di alzarmi dalla panca, la mia follia mi porta a pensare al Mondiale alle porte, e, non so per quale maldestro collegamento, mi fermo e rilancio l’offerta: “Se però Elena non riuscissi a portarmela, fammi vincere il Mondiale”. Esco soddisfatto e non racconto a nessuno il mio dialogo con Dio. Un paio di settimane più tardi, vado con i miei compagni di classe ad una festa vicino a Tivoli ed Elena mi rifiuta, non si può fare nulla. Apre quindi la maledizione femminile che mi porto ancora appresso e che inaugurò due estati prima Milena.

Triste per il NO secco e deciso, entro in una voragine di tristezza. Sostengo nel frattempo le prime tre prove e poi mi gusto Italia-Australia. Quando Grosso cade in area e l’arbitro indica il rigore, mi viene in mente Elena, e ripenso al “patto” con il Signore. Totti la butta dentro e comincio a pensare al mio scambio, all’altare sacrificale sul quale ho messo in qualche modo Elena.

Il resto è storia: a Berlino diventiamo campioni del mondo domenica 9 luglio e rientrando a casa quando le 3 sono trascorse da un po’ passo davanti la chiesa. Penso al mio discorso fatto un mese prima, a Elena, al patto, e al regalo che mi ha fatto il Padreterno e mi rendo conto che, dopo aver vissuto quel genere di emozioni, è stato meglio così.

Le vostre frasi

È trascorso esattamente un mese da quella triste domenica mattina di fine ottobre. Oggi però non voglio parlare di ciò che è stato, sfrutto la data e la ricorrenza per fare un’altra cosa, per ringraziare pubblicamente chi ha avuto la bontà, il cuore e la voglia di essere al mio fianco in questo periodo.

Il vostro affetto, il sostegno ed il calore che mi avete trasmesso e dimostrato è stato a tratti commovente ed impagabile.

Qui di seguito ho voluto raccogliere alcune frasi, quelle forse più significative che mi avete scritto o detto, sono di 8 persone diverse che si riconosceranno subito.

Grazie di cuore.

 

 

“Ti abbraccio fortissimo, tieni duro che tanto non ti spezzi, il vecchio cuore granata non smette mai di combattere!!!”. (29 ottobre)

 

“A volte bisogna perdere tutto per trovare ciò che è veramente importante…”. (30 ottobre)

 

“E tu? Cosa puoi fare tu? Ricominciare. Ricomincia da te. Tu hai Matteo innanzitutto, è la cosa più importante”. (1 novembre)

 

“Ti esorto a lottare ancora, stavolta per superare una delusione. Che non meriti”. (1 novembre)

 

“Se hai bisogno ci sono sempre…un abbraccio”. (1 novembre)

 

“La scelta sta a te, ma sappi che la tua presenza è molto importante per me”. (3 novembre)

 

“Un abbraccio, cerca di non pensare troppo”. (4 novembre)

 

“Mail assolutamente inaspettata…”. (6 novembre)

 

“L’unica risposta in questi casi è evitare di farsi la domanda”. (6 novembre)

 

“Ti abbraccio con le parole che accompagnarono il viaggio di ritorno da Beijing datato 19 maggio 2010 e chiusero la mia tesi di laurea:

 

It matters not how strait the gate,

How charged with punishments the scroll.

I am the master of my fate:

I am the captain of my soul”.(7 novembre).

 

“E quando F. mi fa notare che noi siamo simili, “todo corazòn”, non si sbaglia. Riservati, controllati, persone diverse che si deve avere la pazienza di “coltivare”, capire e accettare.

Salda il conto intero o tieni in tasca lo scontrino.

Non aver paura di tenerti tutto dentro, alla fine è il posto più sicuro in cui custodire le cose preziose”.  (14 novembre)

 

“Ho conosciuto un bellissimo lato di Matteo che mi ha sorpreso, perché non l’avevo mai palesemente visto… Forse perché non avevi avuto finora modo di mostrarlo… Forse perché hai sempre voluto tenerlo un pochino per te… 🙂 Questo ti deve restare”. (16 novembre).

 

“E’ un momento estremamente difficile e ti sono vicino e ti penso più di quanto immagini. Sconfiggi i tuoi demoni, esplora nuove strade e l’alba arriverà. Scoprirai che il dolore ti avrà fatto scoprire altri mondi dentro te stesso che non avresti mai immaginato…Ti abbraccio fortissimo”.

(18 novembre).

 

“Vedi sì, anche lontani ci sappiamo schierare a guardia del fomento! un abbraccio”.

(19 novembre).

 

“Anzitutto grazie per la fiducia”. (19 novembre).

 

“È il momento di reinventarti, sfrutta l’occasione in qualche modo e rompi quegli argini, è l’ora di rischiare. Perché tanto ce la fai, ce la fai. Perché non dovresti farcela?”. (25 novembre)

 

“Il forse ti farà andare avanti, devi andare a vedere cosa ti riserva la vita, se ha deciso che quello non doveva essere il tuo “destino”.” (25 novembre).

 

“Non perdere mai la convinzione che, nonostante tutto, il timoniere sei tu e per quanto la nave possa essere in balia della tempesta, prima o poi la tempesta finirà. Il problema è solo uno: lasciarsi portare dalle onde e allora può darsi che la barca non sopravviva alla tempesta, o provare ad andare contro le onde, facendo il doppio della fatica, ma conservando la speranza che, quando uscirà il sole, la barca sarà intera e non si sarà ribaltata”. (27 novembre).

 

 

Senza benzina

Spesso facciamo dei gesti senza prestare troppa attenzione, gesti normali, automatici, azioni che poi rivelano altro e aprono a nuovi pensieri. A me stamattina è successo questo, mentre ero sul Raccordo, ben prima delle sette, mi sono tirato su completamente la zip del Woolrich, era a metà e l’ho portata fino sotto il mento. Questo gesto apparentemente banale mi ha ricondotto a quando lo feci prima di uscire dall’Aula Rossa per affrontare Fermata in una discussione-litigata epica del dicembre 2008, in seguito ad una mia reazione piuttosto plateale.

Questa azione mi ha riportato indietro nel tempo, ma contemporaneamente catapultato a due ore più tardi quando avrei dovuto sempre affrontare qualcuno seppur per ragioni diverse.

Dopo 48 ore di riflessione, ho deciso di mollare lo stage al quarto giorno. Scelta folle? Inaudita? Può sembrare così, ma quando stai male e hai una serie di problemi che ti tolgono il fiato è difficile resistere e coniugare uno stato del genere con un impegno tanto impegnativo quanto intenso e faticoso. E quindi, dopo una quarantina di ore di lavoro, ho deciso di mettere un punto, deciso, forte, simbolico ma importante.

Ho spiegato le mie motivazioni e ho trovato tanta disponibilità quanta comprensione, un atteggiamento che conferma le sensazioni positive che avevo avuto dai miei nuovi colleghi. In questo momento ho troppe cose da sistemare, non posso fare tutto, anzi, ho delle priorità e da quelle devo ripartire. Non penso che mi pentirò di questa scelta impopolare.

Tornando a casa, sulle note de “Il comico” è riaffiorato in me il ricordo di quando percorrevo quella strada, qualche mese fa nel pieno dell’estate, e cantavo questa canzone spensierato uscendo dalla redazione. Mi sembra una vita fa, ma è la testimonianza di come tutto possa cambiare in un attimo, figuriamoci in 4 mesi. Il punto è che i mutamenti netti ed improvvisi, spesso sono sinonimo di brutte notizie ed il mio caso non sconfessa di certo questa idea.

Dopo la chiacchierata di ieri mattina con Gabriele durata appena 2 ore e 48 minuti mi sono sentito un pochino meglio, il fatto che mi abbia contattato addirittura al cellulare da Pechino è emblematico dell’urgenza che avesse nell’esprimermi i suoi pensieri. Ha detto che era il momento di rompere il lungo silenzio e parlare, di dire tutto ciò che aveva elaborato in questi giorni, soprattutto dopo le ultime due mail. Fortunatamente è intervenuto nel momento più adatto e di questo gliene sono grato.

Sorrido se penso che sei giorni fa scrivevo: “Nel frattempo, ho azzerato il contachilometri. Si ricomincia, era ora”. Evidentemente avevo dimenticato di controllare il serbatoio, non avevo benzina e la spia era accesa, non potevo imbarcarmi in un viaggio troppo lungo, infatti, sono rimasto a piedi.

Ma in fondo si sa, sono un inguaribile burlone, particolarmente sciocco.

 

stage, ricordi,

 

“Non affidate a un ragazzo il lavoro di un uomo”.

Conosco Matteo Renzi da diversi anni, da prima che diventasse il candidato alle primarie del centro sinistra, lo conosco da quando era sindaco di Firenze e il mio professore ne scriveva sul suo blog. Proprio lui, il mio relatore, anticipava che Renzi sarebbe stato il leader del PD nel giro di pochi anni, domani potrebbe avvenire tutto ciò. Da storico della Gran Bretagna ho avuto la fortuna di studiare approfonditamente le vicende del partito laburista e di Tony Blair, altro conoscente proprio del mio professore. Ecco, io vedo in loro due (Renzi e Blair) diversi punti di contatto, o meglio, in entrambi noto quella voglia di cambiare, di portare veramente avanti un partito ormai vecchio, stanco e con poco appeal. Non voglio tediarvi con la storia britannica degli anni 80, da Foot, alla “più lunga lettera di suicidio mai scritta”, allo sforzo infinito di Kinnock e a tutte queste cose qui, sapendole potreste capire dove voglio arrivare e quanti elementi congiungono Blair e Renzi.

Non credo che sia solo un discorso anagrafico, e nemmeno il contesto: undici anni di thatcherismo e diciotto di governi tory hanno delle similitudini con il ventennio berlusconiano alternato, in Inghilterra nel ’97, come in Italia oggi c’è bisogno di altro, di idee, di cuore, di vento fresco.

Dopo la morte improvvisa di Smith, Blair divenne il capo del Labour superando nelle gerarchie Brown, il soprasso fu sancito al ristorante Granita di Islington nel nord di Londra. Quell’accordo, il “Granita Pact” cambiò la storia recente del laburismo inglese, la cambiò in meglio, la vittoria del 1997 e le due successive furono solo delle conseguenze. Tralasciando le vicende d’oltremanica, penso che Renzi sia l’uomo di rottura, quello che viene osteggiato perché può far saltare il banco e in Italia si parla tanto ma alla fine lo status quo è sempre ben accetto.

Noi invece abbiamo bisogno di altro, io mi schiero a favore del sindaco di Firenze perché ha avuto il coraggio di sfidare il partito e di non rassegnarsi alle dinamiche e alle attese del PD.

Fa paura perché è un cane sciolto, la scheggia impazzita, quella che mette a rischio l’equilibrio. Baricco oggi ha scritto un articolo su Repubblica, un pezzo del quale condivido ogni cosa, soprattutto questa frase: “C’è molta sinistra che non osa dirselo ma in realtà non ha davvero voglia di cambiare. Molti vivono tutelati dal sistema, o si illudono di vivere tutelati dal sistema, e quindi non hanno interesse a cambiare troppo le cose”.

E’ tutto vero, malinconicamente vero. Io invece voglio scegliere un volto nuovo e giovane, che mi parla di Mojito ed Eramsus, uno che ci prova malgrado gli sia stato sconsigliato da qualche colonello. Vorrei che la sinistra italiana non fosse più intrisa di comunismo perché i tempi sono cambiati e la falce con il martello non possono più esistere, non voglio finti comunisti che si mascherano da moderati, mi piacerebbe come leader un uomo diverso con una storia differente, uno che potrebbe finalmente farci svoltare verso una reale socialdemocrazia europea.

Voglio eventualmente essere deluso da uno che non lo ha mai fatto prima. Per me, onestamente, non esiste nessuna alternativa domani.

 

 

 

“Non affidate a un ragazzo il lavoro di un uomo”.

 

Spot elettorale del partito conservatore britannico nel 1997 contro Blair. Questo è il pensiero che limita molti nostri elettori, il centrosinistra e l’Italia. Gli inglesi decisero di affidarsi al ragazzo.