La bolgia di Belfast (Parte 1)

 

Poteva essere una bolgia e così è stato. Parlare ora di Belfast mi risulta quasi difficile, semplicemente perché dovrei cercare di riordinare un po’ tutto: fatti, persone, situazioni. Una cosa è certa, due giorni, mille avventure. Il fatto di dover comprare i biglietti cinque minuti prima della partenza è stato un ostacolo superato grazie alla mia organizzazione, riguardo al viaggio in treno che è durato un’ora in più del previsto potevo farci ben poco. Abbiamo perso 40 minuti fermi in mezzo alla campagna irlandese senza un motivo e senza un avviso prima di riprendere la marcia e superare il confine.

Belfast mi ha accolto con un cielo grigio e con tanta neve ai lati delle strade, la sera prima c’era stata una vera e propria bufera. Dopo aver visto la City Hall, sono entrato a St. Anne Cathedral, molto bella e migliore della vicina San Patrick. Chiuso il mini tour ecclesiastico, sono andato a pranzo da Burger King. Pago il menù con 50 euro ed il commesso mi dà ovviamente il resto in sterline, precisamente 12 pounds. Lo guardo e con molta educazione gli faccio notare l’evidente errore, anche perché 34 euro per un menù mi sembra un po’ troppo.

Sistemato l’intoppo, mangio e vado a prendere il bus numero 61 per recarmi in hotel a fare il check-in. Dopo 30 minuti di attesa, con un vento gelido che mi pervade in ogni angolo, salgo su un autobus fermo lì davanti a me per chiedere informazioni all’autista.

Quest’ultimo mi conferma che devo prendere assolutamente il 61 e mentre esclama tutto ciò, vediamo il maledetto 61 affiancarci e superarci. Avevo intuito che l’autista era un tizio tendente al fomento, ma non immaginavo fino a che punto. Superati dal bus mi dice di rimanere a bordo, di non pagare il biglietto e soprattutto esclama: “Come on, let’s try to catch him!” (Forza, proviamo a prenderlo!) Mentre esclama questa frase, mi esalto e parte l’inseguimento. Mi chiede da dove vengo e qual è la temperatura a Roma ora, fino a quando il 61 imbocca una strada e lui deve per forza girare. Si ferma al centro di un incrocio e mi fa scendere, mi carica e mi incita all’inseguimento che per forza di cose dovrà proseguire a piedi.

Scendo e inizio a correre con il classico abbigliamento da podista: piumino, sciarpa, cappello, scarponi, jeans e zaino in spalla, tutto ciò in mezzo alla neve, una prova tanto estrema che al confronto la tremila siepi è un giro a passeggio con il cane a Villa Borghese.

Inizio a correre, schivo qualunque cosa e non perdo di vista l’obiettivo, vedo il bus che svolta a sinistra ma continuo a correre, ho già il fiatone come se avessi fatto 5 km e decido di fermarmi, non ce la farò mai. Mi blocco 10 secondi, poi penso alla rimonta in Coppa Uefa contro lo Strasburgo nel 1997 e mi rifomento. Riparto, non mollo. Giro l’angolo anche io e vedo un semaforo, è rosso, c’è traffico e l’autista è bloccato. Sorpasso il 61, giro ancora e vedo una fermata, leggo la tabella e mi accorgo che risulta anche questo numero, lo aspetto. Il bus mette la freccia ma solo per superare una Clio, non si ferma e mi risorpassa, ricomincio a corrergli dietro.

Ormai è un duello, una sfida entusiasmante perché è troppo estrema e non voglio perderla. Lo recupero, vedo un’altra fermata e arrivo prima di lui. Il 61 si ferma, io sono ad un soffio dal perdere contemporaneamente bronchi e polmoni. L’autista spegne il motore, apre lo sportello della sua postazione e scende. Me lo guardo e mentre provo a respirare gli dico subito un bel “Mortacci tua” per rompere il ghiaccio, poi gli chiedo il perché della sua uscita e mi fa notare che quello è il capolinea…

Queste sono state le mie prime 4 ore a Belfast.

(CONTINUA)

 

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Chiudete le valigie, si va a Belfast!

 

Per la seconda volta in vita mia, il ritorno da un viaggio in una città estera non coinciderà con un rientro a casa. Come fu nel 2008 per Liverpool-Manchester-Liverpool, anche stavolta tornando da Belfast farò rientro in un posto che non sarà Roma bensì Dublino.

È arrivato il momento di spostarmi verso nord, verso l’Irlanda del Nord, in una delle capitali più critiche ed insanguinate d’Europa.

Belfast non è una città come tutte le altre, il suo passato turbolento e di terra contesa e combattuta, la rendono inevitabilmente speciale. Lealisti contro repubblicani, protestanti contro cattolici, britannici contro irlandesi, un continuo braccio di ferro per un pezzo di isola che ha una sua storia molto particolare.

Anni fa volevo andare a Belfast, ritrovarmi a Dublino per così tanto tempo è l’occasione migliore per fare tappa in quest’altra capitale europea. Il mio personale score arriva così a 10, questo è il numero della capitali europee che potrò dire di aver visitato da lunedì.

L’hotel è stato prenotato, i biglietti del treno ancora non li ho presi, o meglio, non mi hanno permesso di acquistarli. Non capisco perché qui facciano delle cose evidentemente sbagliate, o comunque sia tutt’altro che comode. Per comprare questi biglietti devo andare alla stazione domani in anticipo, prima non si può, nemmeno on-line, vi pare una cosa normale? A me no.

Comunque sia, in qualche modo spero di arrivare oltre la frontiera, anche perché voglio andare assolutamente dall’altra parte, magari a prendermi una schioppettata così fra cinquant’anni davanti al caminetto potrò dire ai miei nipoti: “Lo sapete che nonno s’è preso una fucilata a Belfast?”.

Davide direbbe semplicemente che Belfast è una bolgia e nun se passa, lo penso anche io, il pericolo neve di certo non agevola la situazione ma certi posti vanno visti, soprattutto se hai discusso 2 tesi in Storia della Gran Bretagna.

E allora, chiudete le valigie, si va a Belfast!

 

 

Oh nordirlandesi, ve  lo dico a bassa voce, piano piano, perché se mi beccano qui è finita…Io sono sempre stato dalla parte vostra eh…è un segreto tra noi…ssssshhhhhhhh!!

 

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Verso Belfast, malgrado tutto

 

Il proverbio dice che: “Quando piove a volte grandina”, a Dublino è diverso, passa direttamente dalla pioggia alla neve senza mezzi termini.

Stamattina mi sono infatti svegliato e dalla mia finestra ho notato i tetti coperti di bianco, in centro, invece, nemmeno un fiocco, a testimonianza di come il meteo sia variabile e oltretutto diversissimo da una zona all’altra.

Terminato il ponte di San Patrizio sono tornato oggi a scuola, mentre questa settimana è quella caratterizzata dagli incontri e dalle visite. Come detto infatti domani il ragazzo della mia coinquilina verrà qui a trovarla, da giorni il fidanzato della nostra vicina di casa è a Dublino, il tedesco dell’altro edificio sarà raggiunto dalla propria dolce metà nelle prossime ore. Insomma, tutti si ricongiungono con parte del proprio cuore mentre io pianifico il viaggio a Belfast per il week end nonostante le previsioni siano pessime: nevicherà.

Me ne frega poco, mi fomenterò uguale, anzi, già lo sono in vista di questa gita fuori porta. Qualcuno vorrebbe venire, ma la destinazione è una di quelle in cui devo andare da solo, è una città per gente che se schiera in poche parole. Dico questo solamente perché voglio essere libero di trascorrere un giorno intero nell’Ulster Museum ad esempio, una prospettiva che non credo possa entusiasmare tutti. Belfast però, per me ha un senso ed un’importanza diversa, forse parlerò da storico della Gran Bretagna, di certo è una meta che mi esalta nonostante i mugugni ed i cattivi giudizi di chi ci è già stato.

Rimango un viaggiatore solitario e so benissimo che in certi posti devo andare con il mio zaino e basta, sarà così anche quando andrò a Liverpool. Voglio tornare lì a tutti i costi e di certo non posso pensare di dividere la mia città con qualcun altro, e lo dico dopo che due giorni fa, mentre passeggiavo al porto, ad un certo punto mi sono fermato e ho guardato l’orizzonte.

Sapere che al di là di questo mare ci sono “Le Tre Grazie” ed il Liverbird che fa la guardia al fiume Mersey mi ha quasi commosso.

 

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Il giorno di San Patrizio

 

Pochi brividi. Se mi chiedete un giudizio sintetico sulla festa di San Patrizio, questa sarà la mia risposta. Delusione quindi per un evento che viene pompato per settimane, nei giorni precedenti vedi un fermento spasmodico ma poi tutto si risolve e riduce in una parata scarna ed illogica, con qualche evento di contorno.

A tutto ciò va aggiunto che nel pomeriggio comincia ad esserci un po’ di degrado, con gente che vomita, strilla (gli irlandesi strillano senza motivo, sempre) e scene un po’ oltre la soglia della normalità.

Il tempo è stato brutto, pioggia forte in mattinata, poi qualche goccia che non ha comunque rovinato la parata, una sfilata lunga e lenta, una via di mezzo tra il nostro 2 giugno ed il carnevale di Viareggio anche se questa “robetta” non è nemmeno lontana parente dallo spettacolo unico della cittadina toscana.

Il mio dissenso è stato condiviso anche dagli altri italiani, credo che il problema sia stato di fondo uno: tanto rumore per nulla. Preparativi, pubblicità, manifesti per una celebrazione che mi ha lasciato molto interdetto. Non voglio esagerare, non ho alcun motivo per sparare addosso a questa festa, di certo mi aspettavo molto di più. C’è stata una grandissima partecipazione, il popolo irlandese sente e vive il 17 marzo con grande sentimento, ed è bello vedere la macchia verde che colora la città. Tutti con qualcosa che richiami questa tonalità: cappelloni, bandiere, sciarpe, trifogli, il colpo d’occhio è bello anche se ad un certo punto sembra la festa scudetto di una squadra di calcio.

Dopo il pranzo al McDonald’s, ci siamo rifugiati in uno Starbucks considerando il tempo che non permetteva lunghe passeggiate, alle 18.30 sono tornato a casa nonostante il rinvio della partita di Genova.

Oggi dovevamo andare ad Howth, una cittadina nelle vicinanze di Dublino, ma la pioggia ha fatto saltare i piani, probabilmente ripiegheremo su qualche cosa nel centro città.

Nel frattempo ho prenotato l’hotel per Belfast e fra domani e dopodomani comprerò i biglietti del treno, nel week end infatti mi sposterò verso il l’Irlanda del Nord, tornerò nel Regno Unito…

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