Tutto quello che ti sto dando, cuore

 

Ti ho salvato, cervello, dalla sterilità dei luoghi comuni perpetuati, da frasi ed abitudini sopravvissute a invasioni e carestie.

 

Ti ho risparmiato, cervello, la digestione tortuosa di stupidaggini mascherate da verità, lo stordimento nel navigare tra dibattiti e programmi televisivi imbarazzanti di animali urlanti in giacca e cravatta e acclamati talenti a riempire palinsesti e sogni adolescenziali.

 

Ti ho voluto nutrire, cervello, di altre culture, di altri alfabeti, di altre sfide e sacrifici, affinché tu possa confrontare pregi e carenze, affinché tu possa distinguere aggettivi e stereotipi, affinché tu possa cibarti di avventure e mondi altrui, affinché tu possa avere anche la possibilità di un ritorno, ma solo dopo averci provato.

 

Ti ho riempito, cuore, della nostalgia del distacco, della sofferenza del non esserci e della mancanza della famiglia che t’ha riempito d’amore, degli amici che t’hanno abbracciato e rinforzato, dei panorami che t’hanno visto crescere e che ancora oggi fanno risuonare il tuo battito, alla vista, al respiro, al ricordo.

 

T’ho fatto male, cuore, quando son fuggito con la rabbia del rigetto e del dolore, quando son partito con la paura dell’ignoto, quando ho chiuso gli occhi ubriaco di speranze; ma t’ho fatto bene, cuore, quando ti sei innamorato di altri modi di fare, pensare, essere, quando hai stimato chi sapeva aspettare, quando hai apprezzato chi sapeva ringraziare.

 

E ti avrò pure illuso, cuore, cantandoti d’Eldorado inesistenti, di paradisi dove tutto era oro e civiltà, e invece no, son compromessi.

 

Ti ho portato altrove, corpo, perché tu possa calpestare altre strade, inciampare per un passo maldestro, cadere, salire e correre, ma soprattutto sudare e avere la consapevolezza che per quel sudore siano maggiori le probabilità di asciugarlo e sentirsi soddisfatti. Ti ho fatto respirare fuori, corpo, perché tu possa riempirti i polmoni di un’aria diversa, perché tu possa provare pietanze dagli aromi sconosciuti, ascoltare accenti inattesi, e perderti, tra scoperte silenziose e immancabili sconfitte, per poi ritrovarti, più forte e deciso.

 

 

 

Scritto da: andima

Tratto dal blog: Forse per caso a Bruxelles