Il rientro

 

Forse non interessa a nessuno, ma due parole sul mio rientro credo sia opportuno spenderle.

Temo di deludervi ma non è stato un ritorno troppo esaltante. Sono stato ben felice di vedere i miei genitori, di salutare i miei parenti più cari e di aver riabbracciato già alcuni amici.

In tutto questo però l’impatto con Roma non è stato così bello. Tornato a casa ho avuto una sensazione stranissima, un qualcosa che con il passar delle ore è aumentato: mi sembra di essere stato catapultato indietro con la macchina del tempo.

Ho come la sensazione di essere tornato indietro di mesi, a gennaio o dicembre, prima di Dublino, e la cosa negativa è che sento anche quello stato d’animo che mi ha accompagnato per quattro mesi prima dell’Irlanda. Sarà che probabilmente mio padre non sta bene, sarà che casa mia mi ha ricondotto immediatamente a pensare a certe cose, non lo so, ma di certo è come se non fossi mai partito.

Mi sembra di rivivere quei momenti difficili e stagnanti. È come se l’effetto anestetizzante di Dublino fosse evaporato nel giro di una notte per risentire tutto ciò che per alcuni mesi mi aveva tartassato.

Anche il clima non mi ha regalato particolari gioie, non si sa che stagione sia, non ricordo una fine di maggio in cui giravo senza polo a maniche corte.

A proposito di questo, mio padre ieri ha citato Via Monte Caprino e a me è tornato in mente subito quando sono andato lì, esattamente un anno fa, per fare un servizio su Gianna Nannini premiata in Campidgolio. Ricordo quella giornata, infinita, lunghissima, intensa, in cui macinai km per Roma ma allo stesso tempo ricordo il piacere di quei momenti, e di quella giornata precisa conclusasi dopo tante altre cose alle 2 di notte con un articolo sui Play-off della Serie B.

Penso che molte cose che ho ritrovato e rivisto a Roma abbiano un enorme valore evocativo, per questo mi sembra di essere tornato indietro, è come se verso la fine del Gioco dell’Oca fossi stato retrocesso improvvisamente più o meno intorno alla casella 10.

Dublino è già un ricordo, ora c’è da rimboccarsi le maniche per la quarta volta in 15 mesi, ossia da quando ho terminato l’università. Eccomi qui di nuovo a cercare lavoro, spulciare siti, leggere avvisi. Quattro volte in 15 mesi: viva la precarietà, viva questo incastro ciclico e avvilente con il quale tocca a fare i conti in continuazione.

Non è una bellissima cosa, ve lo assicuro, così come non è meraviglioso percepire di essere tornato ai primi di dicembre.

 

 

Sguardi persi oltre i vetri, oltre di noi,…

il ritorno porta addosso mal di testa e mal d’anima,

nei silenzi ognuno piano fruga dentro di se…

 

(Negrita – Gioia Infinita, 2008)

Chiudete le valigie, si torna a Roma!

 

Se mi avessero chiesto di augurarmi qualcosa il primo marzo, prima di venire qui a Dublino, avrei risposto tutto quello che ho avuto la fortuna di vivere.

Basta forse questo incipit per racchiudere la mia esperienza irlandese in una frase. È stato tutto bello, sicuramente è andata oltre le previsioni ma da domani sarà un altro meraviglioso ricordo che porterò con me, un altro capitolo della mia vita che custodirò con cura.

Si ritorna a casa, con quel filo di malinconia che si annida in ogni atto conclusivo, si torna a casa e lo faccio con una serenità che è figlia della consapevolezza. Questa è la cosa che ho trovato e maturato maggiormente a Dublino, la consapevolezza di essere all’altezza, di potercela fare.

Ho avuto tantissime risposte, alcune inattese ma torno in Italia rinfrancato. Tracciare un bilancio su un’esperienza del genere è quasi un’impresa, io spero di avervi raccontato la Mia Dublino nel modo migliore, mi auguro in qualche modo di avervi coinvolto anche perché io in questa avventura ci sono stato dentro davvero.

Evito i sensazionalismi, ma dico che torno a casa più ricco, con tanti insegnamenti, molte certezze e qualche idea in più. Più di questo francamente non potevo trovare. Sapevo che alla fine sarebbe stata un’esperienza più grande dal punto di visto umano che linguistico e così è stato. La lingua l’ho perfezionata ma questo punto era fuori discussione, per molti aspetti io ero più curioso di altro, di come avrei vissuto per la prima volta lontano da casa tutta questa situazione.

Era una scommessa, l’ho vinta. Se ripenso a quanto avevo puntato su questa avventura, considerando i mesi precedenti che avevo vissuto, solo io so il profondo valore che ha avuto per me tutto ciò. Forse mi ero sottovalutato, ma con il passare dei giorni ho affrontato ogni cosa con personalità, se alla inizio ho avuto delle difficoltà alla lunga sono venuto fuori. Mi viene da ridere se penso a come mi guardavano alcune persone i primi giorni, quando mi lamentavo mentre loro facevano già i Dubliners. Mesi dopo io ero quello che stava meglio di tutti, gli altri non vedevano l’ora di tornare a casa.

Ho apprezzato ogni singolo momento vissuto qui, credo di aver sfruttato appieno questa chance anche perché la salute mi ha sostenuto in maniera sorprendente. Malgrado il freddo costante, non sono mai stato male. Tre mesi senza prendere nulla, tre mesi senza nemmeno un raffreddore.

Tornerò a Dublino prima o poi, anche perché come mi ha detto oggi Rebecca salutandomi: “Questa sarà sempre la tua seconda casa, ricordatelo”. Sarà bello tornare qui tra qualche tempo per rivedere una città in cui non sono stato da turista bensì da abitante.

Dublino è stata una parentesi magnifica ma non fine a se stessa, non rimarrà un caso isolato, mi ha aperto per certi versi un mondo davanti a me. So perfettamente che studiare o lavorare all’estero non è la stessissima cosa, nel secondo caso lo svago ed il piacere sono ridotti notevolmente ma la pista internazionale è qualcosa che ora posso davvero considerare dopo questo periodo.

Torno a casa soddisfatto, anche perché tutto quello che c’era da vedere, imparare, vivere, respirare e assaporare l’ho fatto, per questo ora è giusto richiudere i bagagli, anche perché rimango dell’idea che c’è un tempo per partire ma c’è sempre un momento per tornare.

E allora…

 

CHIUDETE LE VALIGIE, SI TORNA A ROMA!

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(Sento il desiderio di rivedere questi tramonti, quelli che si vedono solo dalla veranda di casa mia).

Dopo Dublino

 

Da almeno 20 giorni tutti mi ripetono una frase, tanto le persone che sono qui con me, così come chi sta a Roma: “Cosa fai quando torni in Italia?”.

Bene (come avrebbe detto Zanzotto), intanto tornerò sabato mattina prima di pranzo e sicuramente dormirò nel pomeriggio poiché il volo alle 6.30 mi obbligherà a stare in aeroporto alle 4.30, per cui non andrò a letto la notte.

Sabato guarderò la finale di Champions, domenica quella di Coppa Italia e per tutta la prima settimana non farò altro che mangiare tutto ciò che mi è mancato in tre mesi: pasta, pizza, porchetta, finocchi, minestrone e visto il periodo anche un bel cocomero.

Mangiare ma non solo, infatti alternerò al cibo il sonno. Non so quante decine di ore di sonno devo recuperare visto che Dublino mi ha succhiato via anche l’anima e ho dormito pochissimo.

Ovviamente sarà mio grande piacere rivedere i miei genitori, i parenti e gli amici. Se mi chiedete una cosa che voglio fare in particolare vi rispondo subito: voglio andare al mare con Antonio e La Bionda. Per me è tradizione, è un evento che significa estate anche se non avremo David e qualcun altro a differenza degli anni passati a farci compagnia.

Spostandoci sull’argomento lavorativo, aspetto che interessa ed incuriosisce di più coloro che mi hanno posto queste domande sul mio ritorno, vi dico che da due settimane mi sono riattivato nella ricerca di qualcosa. Ho ricominciato a mandare qualche CV in giro, ho un paio di idee che metterò in pratica a Roma e soprattutto voglio portare a termine un progetto iniziato mesi fa. A tutto ciò devo aggiungere un eventuale Piano B che potrebbe andare in scena eventualmente solo dopo l’estate.

Sarà strano tornare a casa, è paradossale pensare che mi dovrò riabituare ad una serie di cose, oggi ad esempio pensavo al suono del mio telefono fisso e non mi veniva in mente. Sarà particolare riadattarmi ad alcuni orari, a certe dinamiche e al fatto di non essere sempre e costantemente libero ed autonomo di fare tutto.

È altrettanto curioso pensare al ritorno a casa come ad una vacanza. Dublino è stato tutto tranne che una passeggiata, e vedo Roma come se fossi in procinto di andare in ferie. Non mi preoccuperò più di dover fare la spesa, pulire, lavare, cucinare, di fare la lavatrice, tutte cose che ormai erano la mia quotidianità irlandese. Tornando a casa sarò sollevato da questi incarichi, e non è che sia proprio una bruttissima cosa.

Non mi manca guidare ne tantomeno il traffico, mi manca solo un po’ di sole, ho il bisogno fisico di sentire la mia pelle riscaldata da qualcosa di naturale e non da piumini o termosifoni. Ho voglia di calore, sole, estate, di mettermi una t-shirt. Lo sbalzo termico mi creerà certamente fastidi ed un immediato raffreddore di bentornato, ma stavolta credo che valga la pena anche pagare un dazio del genere.

 

 

Ci sono mari e ci sono colline

che voglio rivedere,

ci sono amici che aspettano ancora me,

per giocare insieme.

 

 

Frase del giorno

 

“Ci sono momenti che creano un prima e un dopo, dei segnalibro esistenziali… Il 22 maggio 2010, per me, è uno di quelli.”.

Amarcord

21/05/2010

Ad un passo

Siamo lì, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla gloria. L’attesa infinita sta per terminare, poco più di 24 ore, e poi sapremo chi riuscirà a completare questo Grande Slam portandosi la Coppa Campioni a casa. È certamente la partita più importante della mia vita, e l’occhio destro che mi batte da giorni, è il termometro di quanto la tensione si sia impossessata di me. In qualche modo, è anche il post che ho sempre sperato di poter scrivere, raccontare le mie sensazioni prima della partita che tutti sognano di vedere e giocare. Sento questo avvenimento più dei finali di campionato al foto-finish e addirittura più della finale dei Mondiali del 2006. È la mia prima volta, mentre è la quarta occasione in cui vedo l’Inter arrivare all’atto conclusivo in una competizione europea, ma i tre precedenti erano di coppa Uefa, l’ultimo è datato 1998 a Parigi. Fin da quando ero piccolo e ho iniziato a tifare, ho sempre desiderato vedere l’Inter campione d’Italia, crescendo, il desiderio irrefrenabile di conquistare questa coppa, mi ha accompagnato, l’Europa è diventata l’ossessione della mia adolescenza e della prima gioventù. Ora che sono alla vigilia di questo appuntamento, mi pare tutto molto strano, in parte ancora non me ne rendo conto, ma sento dentro di me la voglia esagerata di vivere questo momento e di alzare quella dannata coppa. È paradossale pensare come solo l’Inter mi faccia essere una persona tesa, ansiosa e angosciata, nient’altro mi porta a certi livelli. Sono notti che dormo male e faccio incubi inquietanti che hanno come sfondo la partita di domani, non ne posso veramente più. È una finale inedita, nessuno avrebbe scommesso su questo epilogo a settembre, ma da una parte, penso che sia la “Vera Finalissima”, non è mai successo che due squadre vincendo la Coppa Campioni, potessero completare rispettivamente il loro personale tris. Questo dato statistico, per quanto magari ininfluente, è a mio parere abbastanza emblematico, Inter-Bayern Monaco è una grandissima finale, la sfida dell’anno. Non mi interessano le polemiche, il futuro di Mourinho, le schermaglie verbali della vigilia, il mio pensiero è rivolto solo al campo e alla vittoria. Non credo che sia il caso di sottolineare ancora quanto tenga a questo momento, la sua eccezionalità lo rende veramente unico, magico e forse irripetibile. Come ho scritto qualche giorno fa, siamo dei privilegiati, ci sono decine di milioni di tifosi in tutto il continente che vorrebbero essere al posto nostro, invece, almeno per stavolta, sarà il nerazzurro a gremire le tribune del Bernabeu.

 

Ancora qualche ora, e poi saremo lì, sarò lì, con il cuore che batte forte e la voce che trema, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla leggenda.

 

 

So che potete farcela. Che farete di tutto. Che sentite che vi siamo vicini. Adesso ragazzi. Adesso è il momento. Noi ci crediamo.