Non connesso

 

Giorni fa, durante una lezione in classe, la Teacher ha chiesto quanti di noi avessero Facebook, su undici solo uno non ha alzato la mano, io. Poi ha domandato quanti avessero un i-phone e 8 su 11 hanno alzato la mano, due avevano un Galaxy ed uno non aveva nemmeno il telefono dietro, io. Ovviamente sono diventato il soggetto di turno, come un esemplare talmente particolare da risultare quasi surreale e poco credibile. Ho esposto un attimo le mie ragioni, naturalmente non sono state condivise, mi sono fatto una grassa risata e nella mia testa sentivo un pensiero che diceva più o meno: “Fate come cazzo vi pare, tanto ho ragione, il punto è che voi non volete accettare un’idea, ossia che siete schiavi di questi oggetti”. Loro erano contenti, io anche. Loro però non si rendono conto evidentemente di alcune cose, io invece sì.

Mia madre, nelle settimane prima di venire a Dublino, mi ripeteva dell’esigenza di avere una sim irlandese e di portarmi dietro un altro cellulare, Gabriele non si capacita tuttora di come sia possibile vivere in un posto senza un numero di telefono del paese che mi ospita, alla fine io ho usato il mio telefono solo come sveglia la mattina. Temevo di dover tornare su Facebook prima di sbarcare in Irlanda, avevo paura che il meccanismo scuola-amici-estero mi fregasse, ho tenuto e non ho mai avuto la tentazione.

In tutto questo non ho saltato mai un appuntamento perché ero “fuori dal mondo” e scollegato, per un mesetto Gabriella mi ha fatto da segretaria e tramite, ma a prescindere da tutto non ho avuto alcun problema.

Ogni mattina, prendendo il tram, sono circondato da decine di persone chiuse sul loro display a fare non so che, io mi leggo il mio giornale e mi guardo il panorama anche se è sempre lo stesso.

Loro pensano di essere collegati con il mondo, in realtà sono isolati dal mondo, dalla dimensione intorno a loro, dalla dimensione reale. Credo che il grande equivoco in cui finisce questo tipo di gente sia il seguente: con il mio smartphone seguo tutto, vedo tutto, so tutto, ma nel frattempo la quotidianità, la normalità ti scorre affianco e tu nemmeno te ne accorgi.

Non faccio nessuna crociata, dico soltanto che ormai si è oltre una soglia di ragionevolezza, come in tutte le cose c’è un limite e quando vedo il tram pieno di automi ed individui singoli e soli con il loro telefono ripenso ad una frase di Alfredo: “Le persone si chiudono con questi strumenti perché hanno paura di pensare”. Quanto è vera questa riflessione, ogni giorno assume un valore ancor più grande.

Non sono anti-tecnologico, anzi, uso la mail costantemente, sono stato uno dei primi ad avere uno smartphone, twetto, ho un blog da cinque anni e mezzo piuttosto aggiornato (lo sapevate?), scrivo su un sito, non ho niente contro certe cose è solo che non mi piace l’esagerazione.

Penso a questo e mi viene in mente Savonarola quando diceva che saremmo diventati schiavi degli oggetti, perché quella era la tendenza che stava notando ai suoi tempi. Come dargli torto? Vietate l’i-phone per un giorno a qualcuno, bloccate l’accesso a Facebook ad un ragazzo, vedrete quale sarà la reazione, probabilmente quella di un tossico in astinenza.

Per questo rifiuto l’idea di essere schiavo di qualcosa, sarò sempre io a comandare i miei oggetti, loro saranno sempre al mio servizio, mai il contrario.

Alla faccia del wi-fi, di what’s app e di tutto il resto: non mi avrete mai.

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