Er Trio Monnezza

Una mini riunione, o meglio, una rimpatriata in formato ridotto, che non ha certo sminuito la portata ed il divertimento della serata. Io, Simone e Daniele, il famoso Trio Monnezza delle elementari secondo la maestra Maria, i tre bambini che parlavano tutto il giorno di calcio e partite. Cinque anni trascorsi insieme in maniera fraterna, e poi, un percorso che si è un po’ interrotto con l’inizio delle medie. Ieri sera però, siamo riusciti a ritrovarci in contemporanea, poiché negli ultimi mesi, soltanto io, avevo avuto il piacere di vedere tutti e due, ma sempre separati, mai tutti insieme appassionatamente. Appuntamento sotto casa di mia nonna e poi cena a P.za Bologna, al ristorante Da Enrico, luogo tradizionale per me e Simone, che frequentiamo questo posto dal 2006, per le nostre consuete cene estive. Serata che si può suddividere in tre parti: seduti intorno al tavolo, si è parlato solo ed esclusivamente di calcio, campionato, coppa Italia, Inter, Zeman e mondiali. La seconda parte della nostra riunione, l’abbiamo trascorsa in un pub nei pressi di C.so Trieste, in cui si è discusso di “avventure” più o meno strambe e di ipotetici viaggi. Riguardo l’ultimo punto, Simone e Daniele, in brevissimo tempo, hanno trovato un accordo di massima su una vacanza a Madrid, dopo la prima settimana di giugno, discorso dal quale mi sono tolto subito avendo gli esami estivi. Tornati verso casa, c’è stato un finale amarcord, con tutti i ricordi delle elementari e delle medie, in cui sono stati citati veramente tutti, fra risse, gite, merende e ragazze, ogni tema è stato snocciolato a dovere e le risate si sono rincorse senza pausa. Dopo oltre cinque ore vissute insieme, solo alle 3.15 ci siamo salutati definitivamente, con la promessa di vederci al più presto e con quei due che parlavano di Madrid, mentre il mio battito cardiaco accelerava, ogni volta che sentivo pronunciare il nome di questa città.

Mancano dieci giorni.

Frase della serata

Daniele: “Ma ti ricordi quando Andrea disse che non poteva mangiare l’uovo, perché aveva un’infiammazione al pisello?!”.

 

 

 

Date

Ci sono date che rimangono indelebili nella mente, altre che hanno segnato una svolta, altre ancora alle quali si è affezionati per motivi unici e personali. Oggi è 10 maggio, per tanti non avrà nessun significato, ma a me riporta indietro di ben nove anni, al 2001, a giovedì 10 maggio, quella sera, la Virtus vinse la sua seconda Coppa Campioni, e fu la prima data che ricordo di una lunga serie.

Sono passati sette giorni da gara4, partita che avevo visto con l’influenza e dove la Virtus era stata travolta dal Tau, situazione di 2-2 e quindi partita finale ancora una volta a Bologna. È la grande serata, dopo aver vinto la coppa Italia dodici giorni prima a Forlì, e aver chiuso la regular season in testa, la Virtus si gioca la sua quarta finale europea consecutiva. È una vera battaglia, gli spagnoli non mollano fino all’ultimo ed io vivo l’ultimo quarto praticamente spalmato a terra, soffrendo le pene dell’inferno. A due minuti dalla fine, una tripla di Ginobili allo scadere dei 24’’ fa esplodere il PalaMalaguti, il risultato si fissa sul 82-74, siamo campioni d’Europa per la seconda volta. Il giorno dopo, è l’11 maggio 2001, la data che non scorda più nessuno, come recitava un famoso slogan milanista. È venerdì sera, e si consuma una delle più grandi tragedie di tutti i tempi, seconda solo all’olocausto, Cernobyl, Torri Gemelle e 5 maggio. Si gioca il derby di ritorno, e dopo venti minuti, il milan è già avanti di due gol, grazie ad una doppietta siglata da Comandini. Il secondo tempo si apre con la rete di Giunti, alla fine il risultato sarà di 0-6, un punteggio che lascia tutti sotto shock e che impreziosisce definitivamente, una stagione ricca di orrori. La mattina seguente (12 maggio), a scuola, vengo ovviamente accolto da Vincenzo che esordisce con un “Buonasera da Wimbledon”, l’incubo di quella maledetta serata prosegue, e andrà avanti per anni. Come detto è sabato mattina, la sera, festeggiamo a casa i 50 anni di mio padre, e fra amici e parenti, gli invitati complessivi sono 47, una bolgia. Record di spettatori indiscusso, quasi 50 persone sparpagliate fra: salone, cucina, veranda e corridoio. Alla fine sarà una splendida serata, con una torta magnifica, un clima senza dubbio irripetibile e con il mio Nokia 3210 che riceve da Veronica the greatest sms ever. Il giorno dopo (13 maggio), domenica, l’Italia si ferma per le elezioni politiche, Berlusconi e Rutelli si sfidano, e per la seconda volta la spunta il Cavaliere. Il pomeriggio lo trascorro a Villa Borghese con i  miei compagni di classe, fa caldissimo e sembra di essere già in estate inoltrata. La mattina successiva (14 maggio), le scuole sono chiuse per le votazioni, e pertanto, è un altro bel giorno di festa che occupiamo con un nuovo giro tutti insieme, anche se stavolta ben più vicino. Passiamo un paio di ore in mezzo agli stradoni sotto la staz. Tiburtina, appena finiti ma non aperti ancora al transito delle automobili. La sera Berlusconi festeggia la sua vittoria, Veltroni batte Tajani per il Campidoglio e l’indomani si torna a scuola, ma di quel martedì 15 maggio, stranamente, non ho nessun ricordo.

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Intanto

Intanto portiamoci a casa questa bella coppa e riapriamo la bacheca. Questo è quello che conta dopo la battaglia di ieri sera, il primo titolo conquistato con tanti saluti ai nostri avversari e ai nostri detrattori. Pensavo che avremmo perso per una serie di motivi, l’avevo detto, così come avevo affermato che saremmo usciti col Barça prima dell’andata. Non butto le mani avanti, non ne ho bisogno, forse sottovaluto questo gruppo indistruttibile, che mi continua a sorprendere e a regalare soddisfazioni. Mi piace la Coppa Italia, è un trofeo a cui ho sempre tenuto, e non sopporto chi la snobba, sono contento quando la vinco e mi dispiace se la perdo, il suo valore non dipende da chi la alza. Se la tira su Zanetti va bene, se è un altro capitano non vale nulla? No, questi discorsi appartengono ad altri. È stata una vigilia arroventata dalle polemiche dopo Lazio-Inter, in cui siamo stati tirati in mezzo in maniera inaccettabile, e per molti aspetti, la vigilia stessa, ha ripercorso il prepartita di Barcellona, così come l’esito finale. La roma e il suo pubblico hanno alzato tensione e pressione, creando un geniale effetto boomerang che ha inghiottito tutto l’ambiente. Anche la polemica sulla città che deve ospitare la finale è stata fuori luogo, Mourinho ha espresso un concetto giusto: ”Solo in Italia c’è la possibilità che una squadra giochi in casa”. Ranieri ha risposto ieri sera e ha perso un’occasione per fare bella figura, dato che ha detto una cosa inesatta: “In tutta Europa si gioca sempre nella capitale”. Certo, ma Wembley e Saint Denis non appartengono a nessuno, non sono gli stadi di nessuna squadra, sono effettivamente campi neutro, mentre in Spagna, viene designata un’altra città ospitante eventualmente dopo la semifinale, nel caso in cui ci fosse un club di Madrid. Comunque sia, dovevano dimostrare di essere più forti, che in campionato sono dietro per solo colpa di Damato (interista e fan di Cassano), che giocano meglio, ed alla fine, hanno perso partita, coppa e faccia. Lunedì, la Sig.ra Sensi, ha affermato che noi ci saremmo dovuti vergognare per aver vinto in quel modo con la Lazio, oggi mi auguro che lei si vergogni di essere rappresentata da un giocatore che è entrato in campo per farsi giustizia con il mondo, come il primo dei picchiatori coatti. Spero che si vergogni per l’invasione di campo di un suo tifoso, per il fatto che qualcuno (certamente non di fede interista) abbia messo l’inno della roma prima della partita, in una finale in cui si doveva giocare in “campo neutro” e per le dichiarazioni dei propri giocatori (Toni in particolare), ai microfoni a fine partita. Mi auguro che LEI si vergogni. Parlando della partita, abbiamo giocato meglio nel primo tempo, controllando gioco e ritmo, abbiamo rischiato un paio di occasioni, ma alla fine dei primi 45 minuti, il vantaggio era comunque meritato. Nella ripresa meglio la roma, ma nonostante tutto, abbiamo concesso ben poco e portato a termine la missione fra un fallo e l’altro. L’episodio finale, a cui ho già accennato in precedenza, credo che sia folle e di una violenza inaudita. Nelle interviste, ho già sentito mezze giustificazioni e il classico vittimismo romano (“Ora solo perché è stato lui faranno un casino”), usciamo però dall’equivoco e dal discorso provocazioni, altrimenti incappiamo nella stessa sterile discussione su Zidane-Materazzi. Nessuna provocazione ti dà il diritto o ti giustifica, dal fare un gesto tale, punto. Totti si deve vergognare, è un personaggio recidivo e pertanto non merita nemmeno mezza attenuante. Lo considero un campione fantastico tecnicamente parlando, ma la grandezza del suo piede, è indirettamente proporzionale al suo cervello. Io ho il mio Capitano, ieri il migliore in campo, un signore da sempre, che meritatamente ha sollevato al cielo di Roma, il 5 maggio e sottolineo questa data, l’ennesimo trofeo degli ultimi anni.

Grazie ragazzi, grazie Capitano.

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Parole, parole, parole

Un altro passo in avanti per la vittoria finale del campionato. Espugnato l’Olimpico, si torna in vetta con due punti di vantaggio sulla roma, dopo una gara che sta facendo discutere per lo scarso impegno laziale e per il comportamento del pubblico di casa. Di tutte queste cose, non me ne frega assolutamente nulla. Sono andato allo stadio malgrado l’influenza, e sono contento per la vittoria, perchè temevo in qualche modo questa trasferta, per i fantasmi del 5 maggio e per la stanchezza post-Barcellona. Le polemiche e le accuse della stampa e degli osservatori neutrali, mi scivolano completamente addosso, non mi curo di tutte ste chiacchiere, perché alla maggior parte della gente, sfugge un concetto basilare: il derby e la rivalità vissuta a Roma. Quando per nove mesi vieni preso in giro, sai che i romanisti ti augurano la serie B, perdi due derby con annesse scenate nel dopo partita, e ti ritrovi in mano la carta per colpire i tuoi avversari e vendicarti, te la giochi senza troppi problemi. Credo che sia opportuno fare una distinzione fra i pensieri dei tifosi laziali e i giocatori in campo, che avranno giocato con scarsa voglia, ma non tanto per il condizionamento esterno, quanto perché da ieri pomeriggio, erano virtualmente salvi, e quindi con molte meno motivazioni. Se la roma è furibonda, non mi creo un problema, se la Sensi attacca tutti, sorrido e basta. I tifosi della Lazio hanno fatto la stessa cosa che i loro concittadini avrebbero inscenato a ruoli invertiti, quindi, il finto moralismo sportivo dei tifosi giallorossi, è francamente ridicolo. Dopo i pollici di Totti al derby, una giustificazione a questo gesto, è stata che “in un’atmosfera del genere, queste cose sono concesse, che a Roma il derby dura un anno”. Partendo quindi da questo presupposto, i tifosi laziali ieri, non hanno fatto altro che giocare un loro personale derby. Vogliamo dimenticare Amendola con la maglia del milan nel 99? Le prese in giro dopo la finale di Parigi del 98? Le sciarpette del Maiorca in finale di Coppa Coppe? Io che abito in questa città, certe cose le ricordo perfettamente. Sportività? Non è un lemma che compare nel dizionario romanista, quindi è buffo vedere che questo concetto venga richiamato o auspicato da chi non ne conosce ne il significato e nemmeno l’etimologia. Non appelliamoci alla sportività quando nessuno ne fa uso, non critichiamo gli altri quando avremmo fatto lo stesso noi (me compreso), evitiamo finti moralismi o parole vuote e non coerenti. Se 8 anni fa, e mi riferisco al 5 maggio, in una situazione simile, la roma ottenne dei vantaggi, grazie alla vittoria della Lazio contro l’Inter, stavolta è andata semplicemente in un modo diverso, e come si dice qui, “a chi tocca nun se n’grugna”. In settimana ho trovato esageratamente fuori luogo il sit-in di protesta dei romanisti in via Allegri, immotivato e senza senso, da parte di coloro i quali, proprio dieci anni fa, schernivano la contestazione fatta dai laziali, dopo la penultima giornata di campionato e lo scandalo del gol annullato a Cannavaro. Parlate, giudicate, criticate, a me non importa nulla, devo pensare alle quattro finali che mi restano, per scrivere la storia.

 

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