La mia “Hall of Fame” (Parte III)

 

David (Mr. Ghibellino, Brivido, Cattocomunista, Catto, Gatto, Gallo, Galluccio, Carlo, Davide di Tivoli). E che vuoi dire di questo personaggio giunto dalla Ciociaria? Un pezzo della mia università è lui. Amico a tutto tondo, confessore, custode di dichiarazioni e riflessioni private, compagno di viaggio insostituibile, un semi fratello che però parla con un accento lievemente diverso. David è molto più di tutto ciò, per lui mi risulta davvero difficile contenermi in poche righe. Potrei pubblicare la lettera che gli ho scritto prima della sua tesi magistrale ma è troppo lunga, di certo, io, per il Catto, “sarei disposto a prendermi anche una zaccagnata”. Ueeeeeeeeeeeee!!!

 

Davide. La più grande sorpresa degli anni delle superiori, un altro per cui tornerei a quei tempi. Una fucina di divertimento, leader incontrastato, genio di fantasia per battute e frasi. Insieme avremo parlato di qualunque giocatore del mondo e di ogni partita giocata negli ultimi 100 anni, non penso che non sia stato citato qualcosa del genere con lui. E poi, le bandiere, i cori, gli striscioni, le esultanze, quanto fomento si racchiude in questo essere umano. Un episodio che lo identifica a pieno è il video alla mia festa a sorpresa dei 19 anni quando con il megafono in mano lanciò a gran voce il classico “Tanti auguri a te, tanti auguri a te…”. Altro livello.

 

Federico (Chicco). Tutti vorremmo essere un giorno nella vita lui. Io sicuramente. Più piccolo di suo fratello Paolo, diversissimo e scapestrato come tutti i secondi figli. Due anni in meno di me, siamo cresciuti sotto quel cortile giocando a pallone, a nascondino e con le sfide alle Playstation. Un personaggio leggendario a mio avviso. Se devo scegliere un aneddoto, il mio preferito rimane quello di quando uscì all’improvviso dal portone correndo, iniziò a giocare con noi calciando il pallone a caso come se fosse impazzito completamente. Aveva nove anni e dopo questi 5 minuti di euforia mista ad esaltazione lo guardai in faccia e notai una cosa blu sul lobo del suo orecchio destro e gli domandai: “A Federì, ma che è sta cosa che te sei messo?” e lui: “E’ il mio orecchino, bello eh? Non te piace?”. Si era attaccato sull’orecchio l’adesivo blu della Melinda…

 

Francesca (Special One). Non poteva mancare. Non poteva essere assente anche solo per un fatto: il peso che ha avuto per me soprattutto nel biennio 2008-2010. Bastava una sua frase, una sua frecciata, o uno sguardo, per farmi sentire inadeguato, per mettermi a nudo. Ha avuto un influsso su di me diverso da tutti gli altri, ma per me ha significato un sacco di cose. Ci siamo voluti bene fino a guardarci con indifferenza, ci siamo avvicinati tanto da doverci allontanare drasticamente e all’improvviso. La mia tesi triennale l’ho dedicata a lei, un gesto che rifarei altre cento volte.

Uno dei simboli della mia università. Malgrado tutto.

La mia “Hall of Fame” (Parte II)

 

Antonio (Il Drastico). Gomito a gomito per tutto il percorso universitario come con nessun altro. Una specie di compagno di banco a livello accademico, ma soprattutto un amico vero, un altro che non può più essere indentificato come “amico dell’università”. Tanti brividi, tante cose vissute e assaporate insieme facendoci forza sempre. Ci siamo prescelti come disse lui una volta, in una sua splendida riflessione. Impossibile dargli torto. Legame profondo che si è costruito mentre da adolescenti siamo diventati ragazzi prendendoci le prime vere responsabilità, giocando le prime scommesse. Una spalla fedele, un compagno vero.

 

Christian. Ci siamo conosciuti durante un colloquio tra le famiglie e gli insegnanti in quinta elementare, ci siamo trovati in classe insieme alle medie e poi alle superiori. Una delle persone con cui ho trascorso più tempo nella mia adolescenza, uno spasso vero. A mio avviso uno dei più grandi cervelli che abbia mai visto, forse il più grande. Esagerato, spassoso, sculato e fortunato come nessun altro, una personaggio intriso di leggenda. Tornerei indietro agli anni del liceo solo per lui e qualcun altro. Grande.

 

Cristiano (Er Tigre). Nel palazzo di mia nonna credo che sia un’istituzione. Undici anni più di me ma compagno di giochi lo stesso, soprattutto a pallone il pomeriggio e a PC Calcio la sera con il suo Pentium 2. Idolo assoluto, difficile da raccontare, impossibile da far capire nella sua essenza. Le storie e le cazzate che ha raccontato mi hanno accompagnato per anni, quando si è trasferito nel 2001 dissi che si era chiusa non epoca bensì un’epopea. Il fatto che fosse nato in aereo mentre sorvolava la Svezia, e che potesse giocare con la nazionale svedese come Jonas Thern, lo rendono semplicemente inarrivabile. Monumento.

 

Daniele. L’unica cosa per cui mi è servito Facebook è stato per rintracciare lui, il mio amico delle elementari. Appassionato di calcio come me era il mio compagno prescelto per i lavori di gruppo, storico un nostro ammirevole cartellone fatto sui Barbari grazie anche all’aiuto di sua zia. Ci siamo separati alle medie e persi di vista alle superiori. Fortunatamente il destino e le diavolerie tecnologiche ci hanno permesso di tornare in contatto. Abbiamo perso tanti anni, ne abbiamo molti altri per recuperare, e poi, fin quando ci sarà GoalUnited, non mancheranno mai gli argomenti su cui fantasticare. Prezioso.

 

 

Coming up: David, Davide, Federico, Francesca…

La mia “Hall of Fame” (Parte I)

 

Tante volte, sentendo parlare della Hall of Fame di qualcosa, ho pensato di farne una mia personalissima. Insomma, una lista tra i più grandi personaggi della mia vita, quelli che ho incontrato negli anni, in questi 26 anni. Alla fine ho deciso di stilare l’elenco, il gotha dei miei idoli, l’Olimpo di chi mi ha regalato qualcosa. Niente parenti e familiari, solo amici, quelli che di fondo ti puoi scegliere. Questo post è vostro, anzi, è merito vostro.

 

Alessandro (Er Tempesta). Uno dei miei primi amici del palazzo di mia nonna. Ci sono cresciuto, un’infanzia insieme e mille storie che vengono snocciolate puntualmente quando ci vediamo. Ne abbiamo viste e fatte di tutti i colori tra cui i derby, uno contro uno Inter-Milan di pomeriggio sotto il cortile con le rispettive maglie. Oppure quando passammo un’estate a tormentare i centralinisti delle televendite del Centro Serena intervenendo in diretta mentre c’era un certo Roberto come presentatore, il nostro bersaglio. Istrionico, geniale, compagnone, un altro episodio da raccontare è quello di un pomeriggio in cui ero a pranzo da sua nonna dopo scuola. Non mi sentivo bene, mi misurai la febbre e avevo 41. Sua nonna, la Signora Alice, si spaventò tantissimo mentre lui insisteva per farmi a giocare a baseball in salone e munito di gomma da cancellare come pallina, mi fornì un righello lungo un metro come mazza. Afferrata a stento quest’ultima, ad un passo dalla morte gli dissi: “Alessà, non me la sento di giocà ora a baseball, aspetta ‘n attimo…”

 

Alfredo (Duomo, Il Borghese). La prima persona che ho conosciuto all’università, quello che è diventato l’amico totale dell’università prima di perdere con il tempo il complemento di specificazione ed essere solo e giustamente Amico. Gli studi, l’aspirazione lavorativa, la corsa, Radio Deejay, Massimo Bagnato, l’Inter, un sacco di cose ci hanno unito, quei collanti che sono pretesti, scuse per costruire rapporti e condividere qualcosa. L’ho scritto nei ringraziamenti della tesi: la sera più bella della mia vita l’ho vissuta con lui e altre centomila persone intorno a me, ma noi due c’eravamo. Certe emozioni non finiscono mai. Lunga vita a te, Duomo.

 

Andrea (Mastrantoni, Paolantoni, Ballantoni, Colasanti, Santantoni, Lucantoni etc…). Probabilmente l’unico vero e grande Personaggio che abbia incontrato in vita mia. Un altro livello. Amico dalle medie, compagno di adolescenza, in quel periodo in cui si inizia a spiare e scoprire il mondo, in particolare quello dei grandi. Amici per la pelle, malgrado scuole e strade diverse. L’ho sempre apprezzato per il coraggio e quel pizzico (oddio, pizzico non proprio…) di follia. So quanto mi vuole bene, sappiamo il legame profondo che ci unisce. Non ci frequentiamo più come anni fa, ricordo l’estate del 2008 in cui mi “adottò” letteralmente, ma per me rimane nell’olimpo dei più grandi. Insostituibile.

 

(CONTINUA…Sarà un post lunghissimo, il più lungo di sempre. Preparatevi tutti…)

Non sei il benvenuto. You are not welcome. Terima kasih kembali

 

Vede, di cose negli ultimi mesi me ne sono successe e la maggior parte sono state tutte brutte a parte Dublino. Ecco, io le parlo sinceramente e le dico che sono stato espropriato del mio cuore, sto rinunciando al mestiere che sognavo da fare fin da quando ero piccolo, ho avuto un lutto, ho sofferto moltissimo ed il futuro mi pare piuttosto grigio e tetro. Considerando tutto questo, le dico che a parte l’affetto dei miei cari mi è rimasta ancora una cosa: la mia squadra.

Lei non potrà capire, come fa d’altra parte? Il punto è proprio questo, ma lei chi è? Cosa vuole? Da dove viene? Quale REALI intenzioni ha? Perché vuole rovinare noi? Se devo essere onesto io temo proprio questo. Io non voglio lei Signor Thohir, a me non interessa l’Indonesia, la sua ricchezza, i suoi propositi, il fatto che twitti “Amala”. Io tifo per l’Inter Mr. Thohir, e la mia squadra appartiene alla storia del calcio. L’Inter appartiene alla città di Milano avendola rappresentata in tutti i campionati di Serie A, l’Inter è la famiglia Moratti, un binomio inscindibile.

Siamo una squadra diversa e non dico questo perché è il tipico pensiero di ciascun tifoso, sostengo questo perché non le pare unico e meraviglioso che nella nostra storia, padre e figlio, a distanza di quattro decenni abbiano portato l’Inter, la loro Inter, in vetta all’Europa e al Mondo? Dove è mai successo un qualcosa di simile? Da nessuna parte. Le ho citato questo fatto, il più emblematico, il più chiaro, quello che sottolinea cosa siano I Moratti per l’Inter.

Io non la voglio, non voglio lei come non vorrei tutti quelli come lei. A me non piacciono i ricconi esteri, i megalomani, la gente che con il denaro pensa di poter comprare tutto. Lei non ha nulla a che vedere con noi, con la nostra cultura, con i nostri sentimenti. Lo so perché lei sta cercando di ottenere la maggioranza del club, lo so che tra essere l’azionista di maggioranza dell’Inter e un socio importante c’è differenza. Lo so, perché conosco il suo obiettivo: la pubblicità, la fama, l’attestazione. Di tutto questo noi ne facciamo a meno, che lei voglia farsi pubblicità abbinando il suo faccione glabro al nostro nome è ciò che mi fa maggiormente schifo.

L’Inter non è un giocattolo, l’Inter è un sentimento come disse il nostro presidente Moratti. Detesto club come il Manchester City e il PSG, quelli che si stanno comprando tutto, quelli che però tra qualche anno, quando i loro sceicchi si saranno annoiati (un giocattolo dopo un po’ annoia sempre) finiranno nel baratro, forse eternamente. Le vicende del Malaga sono emblematiche, non trova? Non capisco quegli interisti che invocano il suo arrivo, non so cosa possa passare per queste menti perverse: sogni di gloria? Convinzioni? Soluzioni ai problemi? Io non credo in nulla di tutto ciò e mi sto rendendo conto che una lieve ma crescente ondata di indignazione sta comunque salendo contro di lei.

Preferisco giocare per il quinto posto, per l’Europa League e vendere un big all’anno puntando sul nostro settore giovanile (tra l’altro il migliore d’Italia da anni) che finire nelle sue mani. Non mi interessa vincere uno scudetto con la sensazione che possa finire tutto all’improvviso e sprofondare per colpa sua quando si sarà stancato.

Mi permetta un’ultima domanda: ma lei dove era quando Mihajlovic sbagliò il rigore in Inter-Roma nel 1994 e ci salvammo? Dove era il 5 maggio del 2002? Dove era la sera di Madrid? E il 18 dicembre 2010? Lei non sa nemmeno di cosa sto parlando. Questa è la verità, questa è la cosa più triste.

Dicono che sia il “Berlusconi di Indonesia” considerando il suo potere mediatico, perché allora non compra il milan che nel giro di qualche mese potrebbe avere il proprio presidente a San Vittore?

Noi siamo l’Inter, siamo diversi, stiamo tra di noi e abbiamo una storia che dobbiamo difendere.

Per quanto mi riguarda, Thohir dei miei coglioni, lei non è il benvenuto.

 

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